È vero che solo i grandi ce la faranno? Le acquisizioni da parte di realtà estere e le fusioni saranno l'unico futuro possibile? E ancora, partendo dall'analisi dei numeri che compongono il quadro nazionale del mercato delle macchine agricole, quali sviluppi possiamo attenderci? Quale ruolo giocano in questo delicato equilibrio i costruttori di macchine agricole? Queste e altre domande hanno fatto da trampolino di lancio per la giornata ricca di interventi, esperienze dirette e punti di vista.
L'automotive fa scuola?
Il comparto automotive, come spiegato da Maurizio Sala, ha vissuto negli ultimi anni una serie di stravolgimenti che ne stanno modificando i lineamenti: ultimo ed eclatante il caso di Stellantis (società nata dalla fusione dei colossi Psa e Fca) che ha annullato tutti i contratti con la rete vendita per, spiegano loro, "promuovere un modello dinamico, snello e multibrand". A destare preoccupazione è anche la contrazione del numero di operatori nazionali, passato, in soli 13 anni, da oltre 3mila a poco meno di mille.Dei sopravvissuti, il 14% nel 2019 ha chiuso in perdita e la percentuale post pandemia dei concessionari che non se la cavano benissimo sembra essere salita al 23%. Le realtà più grandi, sempre nel 2019, hanno riportato un fatturato medio di 38,5 milioni di euro, e i più piccoli si sono fermati a 20-25 milioni di euro. Il reddito netto sul fatturato medio nel 2019 e stato lo 0,78%. Il risultato è che per le banche un rivenditore di auto ha un rating BB- "accettabile con attenzione", quindi, per una banca, non è interessante investirci.
Auto e trattori: gemelli diversi
Se è vero che nell'agri i numeri sono molto diversi, è altrettanto vero che il comparto appare più sano. Uno studio condotto sui 77 concessionari più grandi d'Italia presentato da Marco Mazzaferri - sales director southern europe Fendt, Gruppo AGCO - rileva un fatturato medio di 15,5 milioni di euro. D'altra parte, l'industry delle auto a livello mondiale quota 15 milioni di unità mentre i trattori si fermano a 2 milioni. Dei 77 concessionari afferenti a nove brand in 16 regioni, solo uno però ha riportato una perdita nel 2020."Anche nell'agribusiness - spiega Mazzaferri - è richiesto alla rete vendita di rispettare degli standard seppure meno stringenti e abbiamo le immatricolazioni, le captive per finanziare i clienti e, naturalmente, ci battiamo per la quota di mercato". Partendo da queste similitudini, Mazzaferri considera alcuni elementi specifici dei due settori di business e traccia due linee divergenti tra i mondi auto e trattori.
Elementi specifici di confronto rete vendita auto e trattori
(Fonte foto: Presentazione Tao 2021 di Marco Mazzaferri, sales director southern europe Fendt)
A mettere distanza oltre ai numeri è il mercato dell'usato (il valore di un trattore si mantiene nel tempo, un'auto si deprezza dal giorno in cui esce dalla concessionaria), la richiesta di assistenza sette giorni su sette - il lavoro nei campi non si ferma mai -, il noleggio ancora embrionale nell'agri e la struttura del concessionario: l'agri quasi non conosce il multimarchio, lavora con mandato, non esiste il chilometro zero e l'elettrificazione, un must nell'auto, conta per ora qualche prototipo. Se poi un brand automotive conquista quote di mercato indipendentemente dal concessionario, nell'agri il bravo concessionario segna ancora in modo netto la differenza.
Un altro futuro è possibile
Se qualcosa è apparso molto chiaro in questa edizione del Tao è che un orizzonte fatto di acquisizioni e big dealer non entusiasma. La recente esperienza vissuta dallo storico concessionario AgriVerde acquisito dal Gruppo olandese Mechandal, e raccontata dal vivo in sala dal suo fondatore Franco Roncari, ha generato diverse reazioni nel comparto. "Ci ha sconvolto veder scomodare una realtà estera per gestire una concessionaria italiana dove siamo formati, bravi e abbiamo esperienza, ma ci rende anche fieri: se l'Europa si interessa a noi, è perché lavoriamo bene" spiega Roberto Rinaldin, presidente Federacma e titolare della concessionaria Rinaldin Agriosso, che comunque comprende le ragioni di Roncari, che spiega: "Ho voluto garantire continuità all'azienda e preservare un posto di lavoro per i miei dipendenti"."Si tratta di un format - racconta Robert Gruber, distribution management Italia & Benelux AGCO Corporation - che ha unito le esigenze dei dealer. Se si ripeterà non so dirlo, ma di sicuro posso affermare che stiamo affrontando le tematiche continuità e crescita economica e sta maturando la consapevolezza che occorre cambiare marcia iniziando a pensare a strade alternative. In caso di prossime aggregazioni o cessioni, spero ci siano sul tavolo opzioni interne al territorio nazionale".
Ad accendere una luce in fondo al tunnel è Monia Reni, dealer operator per Reni Macchine e membro del Consiglio direttivo di Federacma, che si è chiesta: "Come mantenere il business in Italia con operatori italiani?". Aggregarsi per fare efficienza è stata la risposta che ha trovato.
"Vogliamo essere espressione di un'agricoltura evoluta e al contempo tradizionale" ha chiarito. "Oltre alle vendite stiamo dando molto spazio ai servizi complementari tipo la messa in campo e il follow up 4.0, ma anche assistenza nei servizi finanziari".
Una risposta nella quale si celano molte sfaccettature. "Dobbiamo saper spiegare i nuovi trattori a quanti non conoscono e non sanno utilizzare la tecnologia, per questo abbiamo investito in personale preposto alla formazione. Abbiamo creato la Reni Macchine Academy per lavorare a fianco del mondo scolastico e incontrare nuove competenze. Stiamo trasformando l'azienda, un processo lungo ma necessario. Restando soli non si hanno le forze sufficienti ad affrontare il cambiamento, serve fare rete e serve farlo ora".