Approvato alla Camera in aprile 2016, il nuovo Testo Unico è stato quindi accolto con grandi entusiasmi dalle associazioni di categoria e dei produttori. Del resto, la cosa non stupisce visto l'articolo 1, il quale infatti recita: "La Repubblica salvaguarda, per la loro specificità e il loro valore in termini di sostenibilità sociale, economica e culturale, il vino, prodotto della vite, e i territori viticoli, quali parte del patrimonio ambientale, culturale, gastronomico e paesaggistico italiano, nonché frutto di un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni". Tutto bellissimo.
Non a caso, nel successivo articolo 5 si stabilisce che possono essere impiantate o rempiantate solo varietà di uva da vino iscritte al Registro nazionale delle varietà, eccezion fatta per le superfici inferiori ai mille metri quadri, le quali si presume servano per autoconsumo. Circa le unità vitate, infine, queste devono essere tutte iscritte nell'apposito schedario viticolo, la cui cura spetta alle Regioni "secondo modalità concordate nell'ambito dei servizi del Sian". E fin qui potrebbe andare ancora tutto bene.
Proseguendo la lettura, però, si arriva anche al punto in cui vengono comunicati gli obblighi planimetrici per chi ha una cantina. Nella planimetria dei locali devono infatti essere indicate le ubicazioni dei singoli recipienti dalla capacità superiore ai dieci ettolitri, nonché delle partite di almeno cinque unità di recipienti dalla capacità da due a dieci ettolitri. Oltre a queste, vanno indicate anche le planimetrie dei locali destinati all'appassimento. Non potevano ovviamente mancare le legende alla summenzionata planimetria: per esempio, va indicato il codice alfanumerico identificativo e la capacità del materiale utilizzato per la costruzione di ogni recipiente dal volume superiore ai mille litri, nonché vanno adeguatamente "legendati" anche i recipienti dalla capacità fra 200 e mille litri.
E già qui ci vorrebbe un geometra. Ma non basta.
La planimetria di cui sopra va poi inviata per raccomandata oppure tramite Pec, ovvero la posta elettronica certificata. Se però non avete voglia di aprirvi una Pec né di fare una coda in posta, bensì avete voglia di farvi un giro in macchina, la documentazione in questione la potrete presentare di persona, ma in duplice copia, in modo che una possa essere opportunamente timbrata e restituita.
Si è giunti solo all'articolo 8, ma i grattacapi sembrano tutt'altro che pochi, a dispetto dei proclami di alleggerimento della burocrazia. E così via proseguendo, dalla data permessa per la raccolta (dal 1° agosto al 31 dicembre), alla detenzione di anidride carbonica. Tutto normato, tutto codificato.
Un bene? Forse. Per ora, anche consultando amici giornalisti e qualche viticoltore giovane e informato, pare che a permanere siano più i punti interrogativi di quelli esclamativi. A dimostrazione che perfino gli operatori professionali del mondo-vino arrivano a guardare con un po' di preoccupazione e scetticismo al documento in questione.
La vendemmia 2016 sta intanto correndo. Entro qualche mese i nodi al pettine, se ci sono, verranno fuori tutti. Perché solo facendole le cose si può imparare se e dove ci sono le eventuali falle. Falle entro le quali potrebbero magari passare, per esempio, i soliti "più furbi". Perché l'italica natura predispone alquanto al famigerato detto: "Fatta la Legge, trovato l'inganno".
Nel frattempo, i viticoltori e le cantine cercano di adeguarsi alle nuove indicazioni di Legge, incrociando le dita e sperando di non commettere errori od omissioni. Perché in effetti passare dall'entusiasmo alla protesta il passo potrebbe essere anche molto breve.
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