È di 47 miliardi annui il valore della produzione agricola, l’attività agricola occupa 12,8 milioni di ettari di territorio, ma risente in modo pesante della crisi.
Si assiste ad un calo delle imprese e degli addetti, alla riduzione degli ettari coltivati con una perdita annua pari a circa 11 miliardi di euro che corrispondono a un punto percentuale di Pil; contestualmente c’è l’aumento delle importazioni di materie prime. In questo scenario difficilissimo, la produzione agricola si conferma però una realtà evoluta, attenta ai temi della sostenibilità ambientale e al presidio del territorio, con un uso diffuso e diversificato dei metodi rispettosi dell’ambiente. Un obiettivo, quello dell’agricoltura sostenibile, scelto dal 40% dei produttori come un “obbligo nei confronti delle generazioni future”.
Il 7° Rapporto
Utilizzo attento e calibrato di fertilizzanti e agrofarmaci, ricorso importante a metodi rispettosi dell’ambiente, valorizzazione delle colture minori e della biodiversità, i temi messi in evidenza dal Rapporto di Agri 2000
Il rapporto 2013 rappresenta una fotografia fedele e completa dello stato di salute dell’agricoltura italiana: nasce infatti da un’indagine realizzata su tutto il territorio nazionale attraverso 500 interviste valide ad un campione rappresentativo delle oltre 750mila imprese iscritte alle Camere di Commercio, le aziende cioè maggiormente strutturate che realizzano il 95% della Plv (Produzione lorda vendibile) nazionale; aziende, quelle dei produttori agricoli professionali, pari al 50% del totale, ma che occupano il 90% della superficie agricola nazionale. Tre i settori analizzati: quello dei seminativi, rappresenta il 45% del campione, frutta e vite il 33,6% e delle produzioni orticole il 21,4%.
Lo scenario di riferimento
L’indagine presentata dall’Osservatorio si inserisce in un momento difficilissimo per il comparto agro-industriale.
Il trend delle imprese agricole iscritte alle Cciaa negli ultimi 5 anni (2008-2013) ha avuto una contrazione doppia rispetto al quinquennio precedente, passando dal -8,8% nel periodo 2003-2008, al -14,3% degli ultimi 5 anni, con una perdita complessiva del 23% in 10 anni. Questo significa 500mila occupati in meno, in gran parte imprenditori, proprio perché il settore è tradizionalmente caratterizzato da una microimprenditorialità diffusa.
Un altro dato significativo è la superficie agricola persa negli ultimi 20 anni: si sta parlando di 3 milioni di ettari utili alla produzione, che equivale, in termini di valore, a circa 1 punto percentuale di Pil pari a 11 miliardi di euro. Se si fa un confronto con i principali paesi agricoli europei, l’Italia è la nazione che, dopo la Spagna, ha perso la quota più alta di territorio destinato alla produzione agricola.
Un dato che corrisponde anche al valore complessivo delle importazioni annue di prodotti agricoli (esclusi caffè, cacao e frutta tropicale). Se infatti l’export agro-alimentare è cresciuto del 24,6% nel periodo 2008-2012, parallelamente vi è stato un incremento del 14,6% delle importazioni di materie prime agricole nello stesso periodo.
Il calo della produzione dovuto alla diminuzione del territorio disponibile per l’agricoltura viene così compensato da un ricorso alle importazioni di materia prima.
Risultati: l’utilizzo dei fertilizzanti
Un parte significativa dell’indagine riguarda il ricorso ai fertilizzanti da parte delle aziende, utilizzati dal 93,2% del campione e il 74,2% di questi fa uso anche di sostanze organiche.
Allo stesso modo, il 72,2% di esse redige un piano di concimazione e il 62% delle imprese si basa sulle analisi dei terreni effettuate periodicamente, che significa ricorrere ai fertilizzanti in base agli effettivi bisogni delle coltivazioni e non sulla base del calendario. Una scelta, questa, che permette di limitare l’utilizzo delle sostanze e di avere un monitoraggio costante dello stato dei terreni.
Risultati: l’utilizzo degli agrofarmaci
L’indagine evidenza una particolare consapevolezza dei produttori rispetto ai temi della sostenibilità nell’impiego degli agrofarmaci: lo testimonia il dato che vede il 75% degli intervistati conoscere la direttiva sull’utilizzo sostenibile di queste sostanze e il 60% avere consapevolezza degli adempimenti e le novità più rilevanti nell’ambito della difesa delle colture.
Come per i fertilizzanti, i produttori scelgono un approccio responsabile e legato alle effettive necessità piuttosto che alle cadenze dettate dal calendario delle coltivazioni. Il trattamento con gli agrofarmaci viene infatti deciso nel 59% dei casi sulla base di un monitoraggio diretto per verificare l’effettiva esistenza degli agenti patogeni, e il 30% sulla base delle indicazioni provenienti da parte dei tecnici, a testimonianza di un crescita generalizzata delle competenze e delle professionalità nel settore.
Nella difesa delle colture è molto significativo il ricorso a uno o più metodi biologici anche nelle produzioni agricole più industrializzate.
Risultati: la risorsa acqua
Quello dell’acqua, per le implicazioni di sostenibilità, di efficacia e di costi legati alla produzione, rappresenta certamente uno dei temi più sentiti dai produttori agricoli, che nell’82% dei casi utilizzano sistemi di irrigazione nella propria azienda. I metodi utilizzati (micro-irrigazione, a pioggia, sub-irrigazione, a scorrimento) testimoniano anche in questo caso l’attenzione ad un utilizzo più sostenibile e meno dispersivo della risorsa acqua.
Risultati: l’attenzione alla biodiversità
La sensibilità crescente delle imprese agricole per la tutela della biodiversità è testimoniata anche dal ricorso, sempre più in crescita e oggi attestato al 40%, a siepi e aree vegetate che consentono un ripopolamento degli insetti utili e il rifugio per la fauna selvatica.
La rotazione delle colture, inoltre, è scelta da oltre l’80% dei produttori. Un altro dato significativo, che testimonia l’attenzione alla diversificazione delle colture e alle peculiarità del territorio, è rappresentato anche dall’introduzione di nuove colture locali minori, percentuale che oggi si attesta al 16%.
Risultati: Agricoltura e società
L’ultima parte dell’indagine era dedicata al rapporto tra gli imprenditori agricoli e le comunità in cui operano. Dai dati emerge una percezione positiva da parte dei produttori agricoli della propria funzione in rapporto alla comunità locale (67,6%).
Molto significativo, infine, il dato che fa emergere i motivi della scelta di un’agricoltura sostenibile: il 40% dei produttori, infatti, la considera “un obbligo verso le generazioni future”, un impegno a tutelare e migliorare il territorio con lo sguardo rivolto al futuro.
Le conclusioni a cui porta il 7° Rapporto
Dall’indagine emerge una produzione agricola italiana certamente innovativa, per quanto segnata dalle difficoltà congiunturali e dalla contrazione delle aree disponibili.
Gli imprenditori agricoltori restano in ogni caso i protagonisti della gestione e della cura diretta del territorio, che “occupano” per il 90% della sua estensione: una presenza che significa prevenzione rispetto al dissesto idrogeologico, definizione e tutela del paesaggio.
La sostenibilità è considerata un obbligo verso le generazioni future e, nell’immediato, una opportunità per valorizzare le produzioni sui mercati e migliorare l’efficienza dei processi produttivi.
Gli imprenditori agricoli professionali (il 50% del totale con oltre il 90% della superficie agricola) adottano in maniera diffusa tecniche e conoscenze finalizzate alla sostenibilità ambientale ed economica dei processi agricoli, considerano gli incentivi un fattore secondario e questo è il segnale di una azienda agricola che ha intrapreso un percorso, culturale e imprenditoriale, meno orientato alle sovvenzioni e più rivolto all’ambiente e al mercato.
Questa evoluzione va sostenuta da tutti gli attori del settore, sia pubblici che privati, trasferendo conoscenze, sia tecniche che economiche, utili alla crescita competitiva del comparto.