Secondo Coldiretti, tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle in vendita sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero, ma nessuno lo sa perchè non è obbligatorio indicarlo in etichetta.
“In Italia le 35mila stalle sopravvissute hanno prodotto nel 2014 circa 110 milioni di quintali latte – commenta Coldiretti – mentre sono 86 i milioni di quintali di latte importati. Per ogni milione di quintale di latte importato in più, perdiamo 17mila mucche e 1200 occupati in agricoltura. La situazione sta precipitando: infatti nel 2015 il prezzo riconosciuto agli allevatori non copre neppure i costi di produzione e spinge verso la chiusura gli allevamenti”.
Il secondo lato negativo è l'impatto sulla sicurezza alimentare. “Nell'ultimo anno abbiamo superato il milioni di quintali di cosiddette cagliate importate dall'estero, che ora rappresentano circa 10 milioni di quintali, che rappresentano circa 10 milioni di quintali equivalenti al 10% dell'intera produzione italiana. Si tratta di prelavorati industriali che vengono soprattutto dall'Est Europa e consentono di produrre mozzarelle e formaggi di bassa qualità”.
“La situazione rischia davvero di aggravarsi – denuncia Coldiretti – la Commissione Europea ha chiesto all'Italia di porre fine al divieto di detenzione e utilizzo di latte in polvere, latte concentrato e ricostituito per la fabbricazione di prodotti lattiero caseari previsto storicamente dalla legge nazionale. Una vera e propria lettera di diffida, sollecitata dall'Assolatte, alla quale l'Italia dovrà rispondere entro il 29 settembre per evitare il rischio di una procedura di infrazione e il via libera ai formaggi senza latte ottenuti con la polvere. Gli industriali che premono in Europa per fare il formaggio senza latte sono peraltro gli stessi che sottopagano il latte italiano e fanno chiudere le stalle”.
“Gli italiani in questo modo pagano un prezzo molto elevato per i formaggi e il latte fresco – attacca Coldiretti – mentre agli allevatori si riduce la remunerazione senza tener conto della qualità del latte italiano. Lo dimostra il fatto che il prezzo del latte fresco moltiplica più di quattro volte dalla stalla allo scaffale con un ricarico del 329 %, cresciuto nell'ultimo anno per il taglio del 20% nel compenso riconosciuto agli allevatori”.