Nella Prima parte abbiamo passato in rivista i diversi metodi di valutazione delle emissioni odorigene ed evidenziato il lungo tempo di vuoto normativo, fra il boom degli impianti di biogas a partire dal 2010 e la pubblicazione del Decreto direttoriale di approvazione degli indirizzi per l'applicazione dell'articolo 272-bis del Decreto Legislativo 152/2006 in materia di emissioni odorigene di impianti e attività.

 

In quei 13 anni, le regioni hanno dunque legiferato in ordine sparso. Ad esempio, la Dgr 1495/11 della Regione Emilia Romagna stabilisce che all'uscita dell'impianto di trattamento (dell'aria, che però si include solo nei progetti di digestione anaerobica di Forsu, Nda) le emissioni odorigene massime sono:

  • concentrazione di odore espressa come unità odorimetriche: 400 u.o.E/Nm3 misurata con olfattometria dinamica secondo UNI EN 13725/2004 (versione in vigore all'epoca, superata dalla versione 2022 citata nella Prima parte, Nda);
  • composti ridotti dell'azoto espressi come NH4: 5 mg/Nm3 (sottinteso: misurati con metodo gascromatografico, Nda).

Una pubblicazione, prodotta dal Dipartimento di Sanità Pubblica dell'Azienda Usl di Bologna, dell'Azienda Usl di Imola e da Arpa Sezione Provinciale di Bologna, riassume il lavoro svolto dagli operatori dei suddetti enti sugli impianti a biogas alimentati a biomassa della provincia. La nascita dei 34 impianti a biogas dislocati nella provincia di Bologna a Nord della via Emilia è stata accompagnata, come ormai solito e consueto in Italia, da malumori e aperte proteste da parte della cittadinanza, con la costituzione di comitati e movimenti di opinione.

 

Al fine di mettere in campo una vigilanza appropriata su questa tipologia d'impianti i tecnici bolognesi hanno predisposto e validato due strumenti di lavoro: una check list di controllo unificata Arpa-Ausl e un questionario strutturato come un'intervista, rivolto ai cittadini residenti delle zone limitrofe agli impianti a biogas.

 

Riassumiamo i risultati della campagna condotta su 17 dei 34 impianti esistenti all'epoca, scelti in modo da avere la massima rappresentatività per tipologia (biogas da Forsu, agricolo e fanghi fognari). La check list di vigilanza si compone di cinque sezioni:

  • informazioni sull'impianto (ragione sociale, amministratore, ecc.);
  • descrizione dell'impianto: l'elenco delle biomasse autorizzate e la tipologia d'impianto (mono o bi stadio, termofilo o mesofilo) le diverse componenti impiantistiche, le aree di stoccaggio;
  • ispezione aree limitrofe all'impianto: in questa fase del sopralluogo sono identificati i bersagli sensibili in un raggio di circa 500 metri intorno all'impianto (o raggio più ampio ove non ci fossero abitazioni dentro i 500 metri), il sistema della viabilità e la presenza di barriere verdi di mitigazione dell'impatto visivo. Si verificano inoltre eventuali impatti ambientali e sanitari (odori, rumore, polveri) e caratteristiche organolettiche del corpo superficiale dove scaricano le acque aziendali;
  • ispezione interna impianto. Inizia con la verifica degli stoccaggi delle biomasse (insilati, sottoprodotti, ecc.). Alcuni impianti sono autorizzati all'utilizzo di sottoprodotti di origine vegetale e animale, in vigilanza sono pertanto valutate le caratteristiche del contenitore di stoccaggio che deve assicurare una tenuta agli odori e ai liquidi di percolazione. Si controllano le chiusure dei serbatoi, la presenza di sfiati e relativi sistemi di abbattimento di odori o la depressione della vasca, se l'aria è aspirata e trattata. La check list prende inoltre in considerazione la zona di carico del materiale: tramoggia di carico/vasca di premiscelazione. Dette aree non devono presentare imbrattamenti del terreno circostante al manufatto di carico, non devono essere presenti odori particolari. Si valuta la presenza di presidi a servizio della tramoggia e delle vasche di premiscelazione, se sono presenti sfiati, gli eventuali sistemi di abbattimento odori. Un altro aspetto considerato in sede di sopralluogo interno dell'impianto è la verifica delle condizioni igienico edilizie e del personale, a questo scopo sono verificati i locali tecnici, la presenza dei dispositivi individuali di protezione, la distanza della cabina di trasformazione da strutture, lo stato di manutenzione dei servizi igienici, spogliatoi e dei locali a disposizione del personale;
  • verifica documentale. Consiste nella verifica della corretta tenuta dei registri prescritti dall'Ausl e previsti dalla normativa ambientale e sanitaria: registro carico/scarico rifiuti, formulario d'identificazione rifiuti, rapporti di prova di controllo emissioni, registro emissioni, registro infestanti, documentazione attestante i trattamenti per la lotta agli insetti molesti. Nel caso la dieta dell'impianto includa Sottoprodotti di Origine Animale (Soa), viene verificato che tali impianti siano in possesso di un atto di riconoscimento ai sensi del Regolamento 1069/2009 e venga sottoposto a vigilanza sanitaria da parte del Servizio Veterinario delle Asl competente territorialmente. Si valuta anche il grado di applicazione dell'autocontrollo e gli esami batteriologici sui residui della digestione, da parte del gestore, ai fini del corretto funzionamento dell'impianto.

Il risultato della campagna di ispezioni mette in evidenza quanti pregiudizi circolino fra la popolazione: solamente il 5% degli impianti ispezionati non rispondeva ai requisiti stabiliti. Il 44% è stato giudicato buono (supera i requisiti minimi) e il 51% sufficiente (adempie alle prescrizioni minime).

 
Durante le ispezioni, gli operatori degli enti hanno poi intervistato i residenti limitrofi (entro 500 metri) per raccogliere informazioni circa eventuali disagi olfattivi e acustici. In occasione delle interviste sono stati consegnati i questionari e fornite le spiegazioni per la loro corretta compilazione. Sono state raccolte 72 interviste distribuite su 17 impianti, realizzando da 3 a 5 interviste per ogni impianto a seconda dal tessuto abitativo circostante. Il questionario è strutturato su domande con risposta (sì/no). Le domande riguardano: odori diffusi, rumore, aumento del traffico e impatto visivo. Era prevista anche una voce generica "altri disagi" non presenti nel questionario, da specificare.

 

La Foto 1 mostra i risultati accorpati per voce. I disagi statisticamente rilevanti (circa 70% di "si") sono gli odori e l'incremento del traffico. I disagi acustici, paesaggistici e "altri" rientrano nella pura aleatorietà (forse soggettività), in quanto la loro percezione si verifica solo nel 50% dei casi.

 

Grafico disagi residenti vicino agli impianti di biogas
Foto 1: percentuali di disagi percepiti dai residenti entro 500 metri dagli impianti di biogas oggetto dello studio

(Fonte: Mario A. Rosato - AgroNotizie®)
 

La Foto 2 mostra le percezioni del disagio per fasce orarie. La ripartizione è quasi imputabile al puro caso, perché le percentuali di sì e no sono vicine al 50%.

 

Incidenza orario di percezione degli odori

Foto 2: incidenza dell'orario nella percezione degli odori

(Fonte: Mario A. Rosato - AgroNotizie®)


La Foto 3 indica chiaramente che la percezione dell'odore è abbastanza indipendente dalle condizioni meteorologiche, tranne che - come d'altronde era scontato - nei giorni di vento.

 

Percezione odori e condizioni meteo
Foto 3: correlazione fra la percezione degli odori e le condizioni meteo

(Fonte: Mario A. Rosato - AgroNotizie®)
 

Infine, anche le operazioni di spandimento del digestato sembrano influire poco sulla percezione degli odori, in quanto il risultato è molto vicino al 50%, statisticamente irrilevante. I fastidi più rilevanti dal punto di vista statistico sono quelli soggettivi, rientranti nella macrocategoria "altro".

 

Disagi durante lo spargimento del digestato
Foto 4: disagi percepiti durante le operazioni di spandimento del digestato

(Fonte: Mario A. Rosato - AgroNotizie®)
 

Le indagini condotte dalle autorità sanitarie e ambientali sugli impianti di biogas della provincia di Bologna dimostrano che, contrariamente a quanto affermano i gruppi "no biogas":

  • il 95% degli operatori degli impianti di biogas adempie ai propri obblighi e rispetta le prescrizioni applicabili. Va segnalato inoltre che le sanzioni imposte al 5% di impianti inadempienti riguardavano perlopiù inadempienze amministrative - ad esempio, mancata tenuta di registri, difformità fra progetto e costruito, omissione di comunicazioni obbligatorie - e non le emissioni odorigene;
  • la compilazione dei questionari da parte dei residenti entro un raggio di 500 metri lascia intravvedere che esiste una forte componente soggettiva nella percezione dei disagi. Per quanto più complesso e costoso, l'unico metodo che consente di eliminare la componente soggettiva, ottenendo una indicazione numerica inconfutabile sull'intensità dell'odore, è la olfattometria dinamica ai sensi della norma UNI EN 13725:2022. Nonostante un margine di incertezza presumibilmente più alto - legato alla tabella che definisce le soglie olfattometriche e la possibile interazione chimica fra composti - il metodo gascromatografico si potrebbe considerare come una alternativa più economica, perché molti laboratori pubblici dispongono di gascromatografo. Il vantaggio del metodo gascromatografico è che consente di identificare quale fra i composti maleodoranti identificati nell'aria sia quello prevalente in quello specifico impianto, il che consente di elaborare strategie mirate per abbattere l'odore alla fonte.