Questi gli elementi principali che sono emersi nel corso del convegno "Il futuro del girasole in Italia: le prospettive della coltura tra nuova Pac, mercato e ricerca", promosso da Assosementi, l'associazione che riunisce le aziende sementiere italiane, e dal Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria. Dalle analisi si evince che "i margini di crescita sono ancora elevati, considerando che l'industria importa circa la metà del fabbisogno di materia prima". E che questo potrebbe avvenire rendendo "più competitivo il comparto", per il quale è "necessario istituire una filiera italiana attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori interessati".
Il mercato del girasole, l'andamento in tempo di emergenza sanitaria da Covid-19, e lo stoccaggio sono tre temi al centro della discussione. "Il ruolo del girasole nell'agricoltura italiana sta cambiando in modo significativo - ha detto Gabriele Canali, direttore del Crefis, il Centro ricerche economiche sulle filiere sostenibili - alle colline del Centro Italia, la coltura si sta espandendo verso il Nord del Paese; le rese in queste regioni sono decisamente più elevate e la coltura che un tempo era frutto principalmente di una risposta alle opportunità previste dalla Pac, ora sta diventando una coltura di interesse commerciale. Ciò richiede anche un'evoluzione in senso più strutturato ed efficace delle relazioni contrattuali e commerciali nella filiera".
Per Enrico Zavaglia, trading manager di Cereal docks e vicepresidente di Assitol "dallo scoppio della pandemia è trascorso un anno molto difficile, anche per i mercati delle materie prime agricole, tra cui il girasole. Quest'ultimo, tra défaillance produttive, forti incrementi dei prezzi, incertezze sui consumi ha mostrato un andamento anomalo con ripercussioni per l'industria e tutti gli operatori del settore".
Mentre per Maria Sara Manganelli, dell'azienda Manganelli Spa, "lo stoccaggio del girasole è uno step importante all'interno della filiera per preservare le peculiarità del prodotto. Va pertanto gestito con scrupolosità, a partire dal conferimento da parte dell'agricoltore. Segue poi l'analisi qualitativa per determinare le caratteristiche dell'achenio (alto oleico o linoleico, umidità e impurità) e la sua gestione. Agli aspetti tecnici si aggiunge un'attività documentale, che serve a garantire la tracciabilità del prodotto a vantaggio di tutti i soggetti utilizzatori posti a valle lungo la filiera".
"Il girasole è molto importante sia per la salvaguardia delle api che per la rotazione colturale, pertanto va valorizzato e sostenuto" ha osservato Luciano Petrini della società agricola Petrini. "Per rendere il settore più competitivo occorre una filiera più strutturata prendendo ad esempio quella del grano duro o del mais all'interno della quale rendere più trasparenti alcuni meccanismi, come quello della formazione del prezzo".
"La coltivazione del girasole può e deve essere una risposta alla crisi dell'agricoltura, sia nei terreni marginali che devono tornare ad essere utilizzati, sia nei terreni fertili dove deve sfruttare al meglio input adeguati" ha affermato Pietro Giuntini dell'azienda agricola Pietro Giuntini. "Sta all'industria sementiera in particolare, e all'agroindustria in generale, raccogliere queste sfide e mettere a disposizione degli agricoltori tecnologie concorrenziali ed economiche. Un ulteriore sforzo deve essere compiuto da tutti gli attori della filiera nell'ottica di una giusta retribuzione dell'agricoltore e la produzione di olio di qualità".
"Il primo centro di ricerca in agricoltura nel nostro Paese - hanno osservato Andrea Del Gatto e Ilaria Alberti del Crea - è molto attivo nel comparto del girasole e sostiene la coltura con diverse attività, tra cui: la rete nazionale di valutazione delle principali varietà commercializzate in Italia, con cui vengono fornite informazioni, di supporto agli imprenditori agricoli, sulle caratteristiche dei vari ibridi presenti sul mercato ed il progetto Perma, finalizzato a costruire la mappatura delle razze di peronospora presenti sul territorio marchigiano, come prototipo da estendere poi al resto del territorio nazionale e avviare così un processo di definizione delle pratiche da adottare per il contenimento del patogeno".