Nell'anno segnato dal Covid-19 - osserva il Crea - il saldo della bilancia agroalimentare italiana diventa positivo per la prima volta dall'inizio della serie storica, grazie alla crescita tendenziale delle esportazioni con un più 0,8% a fronte di un importante calo delle importazioni con un meno 4,4%. La tendenza positiva aveva caratterizzato già il 2019 quando il saldo dei movimenti del settore era sceso largamente al di sotto di un miliardo, a fronte dei 5 miliardi del 2015 e degli oltre 9 miliardi del 2011. Lo stesso Crea definisce il risultato come "straordinario". Le esportazioni, dopo un'ottima performance nei primi tre mesi dell'anno con un più 6,3% e un calo nel secondo trimestre con meno 4,6% (soprattutto a maggio), sono state in ripresa per quanto riguarda i flussi; e alla fine del terzo trimestre 2020 hanno fatto segnare un più 0,8%.
"E' sul fatto che il sistema agroalimentare italiano rappresenta il 15% del Pil nazionale che dobbiamo lavorare per creare reddito e posti di lavoro in grado di traghettarci oltre la crisi - dice il sottosegretario alle Politiche agricole, Giuseppe L'Abbate - con il nuovo corso alla guida del Crea stiamo analizzando i fabbisogni delle diverse realtà locali e sono certo che potremo dare presto risposte con risultati concreti ed efficaci per le nostre imprese. Tanto è ancora il lavoro da fare in questa fase, perché il 66% delle imprese non è ancora orientato al mercato e questa deve essere una delle nostre priorità, ossia far crescere e creare il valore aggiunto. Sarà importante l'utilizzo dei fondi del Recovery per mettere in atto quelle riforme strutturali che ci vedono deficitari come la logistica, tutti i temi legati allo stoccaggio, ma anche rendere più forti le filiere e garantire la redditività ai nostri imprenditori".
I settori dell'export più colpiti dagli effetti del Covid-19 nel secondo trimestre 2020 sono stati il florovivaismo, le carni, i prodotti dolciari e il vino, parzialmente compensati dalla crescita di altri importanti prodotti del made in Italy, come la pasta, le conserve di pomodoro e l'olio di oliva. Il sistema ha saputo superare la prova dell'emergenza sanitaria ed economica; ha saputo essere resiliente rispetto alla media generale dell'economia, diventando un asset portante.
Tra i primati dell'Italia segnalati dal Crea: primo paese produttore mondiale di vino in volume, e primo europeo in valore negli ortaggi. Nel 2019 il valore della produzione agricola è stato di 57,3 miliardi, in linea con l'anno precedente, di cui oltre il 50% dovuto alle coltivazioni, il 29% agli allevamenti e la restante parte alle attività di supporto e secondarie. Il contributo di agricoltura e industria alimentare alla bioeconomia è del 64%, con un fatturato in crescita dell'1,3% di oltre 324 miliardi.
Le produzioni di qualità certificata Dop e Igp si confermano tra le più dinamiche con un valore di 17 miliardi con più 4%, il 19% del totale dell'agroalimentare italiano.
Sempre più significativa è la crescita delle attività connesse all'agricoltura, ormai oltre un quinto del valore complessivo della produzione agricola realizzata: l'agriturismo con un più 3,3% in valore e un più 4,1% di aziende nel solo 2019, (e una brusca flessione nel 2020 per le restrizioni conseguenti alla pandemia) e il contoterzismo (un più 1,7% in valore), particolarmente attivo in termini di maggiore diffusione di innovazioni tecnologiche, di ricorso alle pratiche dell'agricoltura 4.0, di facilitazioni nel rispetto di alcune prescrizioni ambientali, di riduzione del digital divide.
Dal punto di vista strutturale sono oltre 1,5 milioni le aziende agricole, di cui il 27% sono imprese che intrattengono rapporti stabili di mercato, ricoprono il 65% della Sau (Superficie agricola utilizzata) e rappresentano il 75% della produzione standard complessiva. Le imprese non specificamente orientate al mercato, invece, sono circa il 66% del totale (di cui il 36% ha rapporti solo saltuari e il 30% dedito al solo autoconsumo) e occupano complessivamente circa il 29% della Sau totale. E' sempre rilevante ma in calo il sostegno pubblico al settore che segna 11,9 miliardi nel 2019, ma è in calo del 10% a partire dal 2015 per un totale di 1,3 miliardi, una riduzione dovuta quasi totalmente a minori agevolazioni nazionali.