Dal primo gennaio 2013 è previsto un aumento dal 12% al 20% del contenuto minimo di frutta nelle bevande analcooliche che utilizzano nella denominazione il riferimento alla frutta. Ad esempio: aranciata e limonata.
E’ quanto prevede il Decreto Salute del ministro Balduzzi (Articolo 8, comma 16 e 16 bis) recentemente emanato. E' stato inoltre imposto che tutti i prodotti coinvolti dal Decreto vengano resi conformi alle richieste di legge entro il 31 luglio 2013.

Una decisione che è stata accolta con pareri contrastanti. Da una parte le aziende produttrici, che invocano l'intervento europeo e minacciamo di spostare la produzione all'estero; dall'altra, i produttori e i consumatori, che plaudono alla decisione del ministro. In mezzo, qualcosa come 900 milioni di litri di bibite prodotti ogni anno. 


Le bibite interessate dal decreto

La prima categoria coinvolta dal provvedimento è quella delle 'bibite vendute con il nome di uno o più frutti a succo’: aranciate e limonate subiranno modifiche di contenuto, e quindi è probabile anche di gusto. 
La seconda è quella delle‘bibite il cui gusto e aroma fondamentale deriva dal loro contenuto di essenza di agrumi’: in questi casi la quantità di frutta è assai bassa.

L'obiettivo principale è quello di aumentare la quantità di frutta assunta, in particolare dai giovani, che sono fra i maggiori consumatori di queste bevande. Giovani che, dicono le statistiche, stanno consumando sempre meno frutta.

Coldiretti stima che la nuova norma consentirà di vendere 200 milioni di chili di arance in più sottoforma di bevande gassate consumate da 23 milioni di italiani.

"Finalmente si cambia una norma che permette di vendere l'acqua come fosse succo - sostiene la Coldiretti -, sulla base di una legge nazionale del 1961; con la quale si prevede che le bevande al gusto di agrumi possono essere colorate a condizione che esse contengano appena il 12% di succo di agrumi vero. Si inizia a dire basta alle aranciate senza arance che ingannano i consumatori e che stanno facendo sparire il frutteto italiano".
"Non va infatti dimenticato - conclude la Coldiretti - l'impatto economico sulle imprese agricole, poichè l'aumento della percentuale di frutta nelle bibite potrebbe salvare oltre diecimila ettari di agrumeti italiani, situati soprattutto in regioni come la Sicilia e la Calabria'.                                                            Fonte foto: Da Morguefile.com by Chamomile
 

Le industrie del settore attaccano: decreto inutile e controproducente

 
Assobibe e Mineracqua hanno subito manifestato a gran voce la loro contrarietà.

“L’apporto calorico delle bibite, quando zuccherate, è ben inferiore a molti altri alimenti - spiega Aurelio Ceresoli, presidente di Assobibe -, sottolineando che le cause dell’obesità infantile non sono ascrivibili a singoli prodotti o motivi. E’ giusto promuovere il consumo di frutta fresca, ma la ricetta appare inadeguata".

Un recente comunicato di Assobibe, pubblicato sul proprio sito internet, chiarisce la posizione dell'Associazione: "Condividiamo l’attenzione sul tema della corretta alimentazione e riteniamo opportuno stimolare approfondimenti sul ruolo di un corretto stile di vita ed, in particolare, dell’attività fisica. 

Il 38.4% della popolazione italiana non pratica sport né attività fisica ed il fenomeno è in aumento tra i bambini. Tra i 6 ed i 17 anni il 24% della popolazione risulta obesa o in sovrappeso. La promozione di una dieta sana e di un maggior livello di attività fisica per il controllo del sovrappeso, implica la partecipazione attiva di molti gruppi diversi: organi governativi, professionisti del settore sanitario, l’industria alimentare, gli organi di comunicazione ed i consumatori. 

In tale condivisione di responsabilità, la nostra categoria è fortemente impegnata in iniziative di carattere culturale, di comunicazione e di formazione, utili a garantire un’informazione scientifica corretta ed equilibrata sui temi dell’obesità e sul ruolo dei prodotti alimentari. Le bibite analcooliche, ad esempio, ricoprono infatti un ruolo importante perché contribuiscono a soddisfare il fabbisogno quotidiano di liquidi. Un consumo normale di bibite analcooliche, oltre a costituire da sempre una piacevole abitudine, è un elemento importante nell’ambito di un regime alimentare bilanciato".
 

Alcune delle principali aziende del settore rincarano la dose. "Stiamo studiando nuove ricette per la Fanta e sarà difficile arrivare a un prodotto soddisfacente - spiega Alessandro Magnoni di Coca Cola Ellenic -. Il consumatore è abituato a un certo gusto. Nel caso della Sprite è però impossibile portare il limone al 20%, diventerebbe imbevibile. Produrre all'estero e poi importare? Per ora non ci vogliamo neanche pensare".

"Per l'aranciata - spiega Antonio Punziano di Nestlé (produttore di San Pellegrino) -, che abbiamo già portato al 15,8% lavorando due anni sulla ricetta, arrivare al 20% è difficile, per limone e pompelmo impossibile".


La posizione dei produttori

“Mettere più materia prima nelle bibite è sicuramente un elemento positivo - spiega Oliviero Donati, presidente di Ortolani Cofri -. Per i produttori può essere un’opportunità. Bisogna però che ci sia un adeguato riconoscimento per la parte produttiva”.

“Il mercato offre già diverse opzioni di bevande analcoliche adeguate - puntualizza Sergio Tondini, responsabile Relazione esterne di Conserve Italia - a chi ricerca più frutta: nettari e succhi a polpa (45-50% di frutta), succhi al 100%, bevande a base di frutta (25-80% di frutta). Il settore quindi dei succhi e dei diretti derivati non viene toccato da questo decreto. Bisogna però sottolineare come non sia così scontato che un aumento della percentuale di frutta usate nelle bibite comporti un aumento del prodotto italiano richiesto per produrle. Spesso infatti vengono usati dei concentrati aquistato dall’estero. Il rischio è di vedere aumentare il prezzo finale se le aziende produttrici non si fanno carico del differenziale”.


I consumatori: "Bene la mossa del ministro"

“I consumatori hanno tutto da guadagnare da questa norma - commenta Silvia Biasotto, responsabile del dipartimento di Sicurezza alimentare del Movimento difesa del cittadino -, In termini salutistico-nutrizionali, di qualità del prodotto e di trasparenza.

Berremo meno aromi e coloranti e assumeremo più frutta. Non dimentichiamo che spesso queste bibite sono consumate proprio dalle giovani generazioni che necessitano di frutta e verdura da un lato, e dall’altro sono particolarmente colpite dal fenomeno obesità. Inoltre con un aumento della presenza del succo naturale di frutta nelle bibite analcooliche, le bevande si caratterizzeranno sempre più in base alla materia prima e non a cocktail realizzati a tavolino per incontrare il gusto dei consumatori. Non si spiega perché, attualmente, un prodotto che richiama l’arancia debba contenere solo il 12% di arancia”.