Ai consumatori le mandorle piacciono e infatti i livelli di consumo a livello globale sono in ascesa ormai da anni. Nonostante l'Italia abbia una lunga tradizione in questa coltura, le sue produzioni sono irrisorie a livello globale, dove la fanno da padrona Paesi come gli Stati Uniti, dove si concentra l'80% della produzione mondiale (seguiti da Australia e Spagna).
Ad agganciare il trend positivo di mercato ci ha pensato Maccarese, Azienda Agricola di 3.200 ettari situata lungo il litorale laziale, a due passi da Roma. E proprio qui è stato realizzato il mandorleto più grande d'Italia: 200 ettari gestiti con il metodo superintensivo che prevede una completa meccanizzazione di tutte le attività colturali.
36 ettari sono stati piantati nel 2019, 30 nel 2020 e 2021, mentre altri ancora saranno impiantati nei prossimi anni. Ad oggi sono circa 100 gli ettari avviati e il primo raccolto dovrebbe arrivare quest'anno.
"Già lo scorso anno avremmo dovuto avere una prima produzione nell'impianto realizzato nel 2019, ma la gelata primaverile ha azzerato la produzione. Se le cose andranno come devono quest'anno invece puntiamo a produrre 18 quintali ad ettaro di mandorla in guscio", racconta Fabiola Fontana, agronomo che ha seguito tutto il progetto e che ha vissuto anche un anno in Spagna per imparare l'approccio superintensivo alla produzione.
Partiamo proprio da qui, dall'approccio superintensivo. Di che cosa si tratta e perché lo avete scelto?
"Un mandorleto superintensivo come il nostro vede in campo circa 2.200 piante ad ettaro, con un sesto di impianto di 1,20 metri per 3,80 metri Il mandorlo non è più gestito come una singola pianta ma come una parete vegetativa continua. Il vantaggio principale di questo approccio è che ogni fase colturale può essere gestita meccanicamente, questo permette di ridurre la manodopera necessaria e quindi rende la coltura competitiva oltre che sostenibile dal punto di vista ambientale in quanto si ha una elevata efficienza irrigua".
D'altronde la Spagna è diventata competitiva nell'ambito dell'olio extravergine d'oliva proprio grazie al suo metodo superintensivo, non stupisce quindi che lo abbiano applicato anche ad altre colture. Per questo motivo sei andata a studiare lì?
"Il mandorlo è una coltura storica dell'Italia, ma necessita di una visione innovativa di sviluppo e allevamento. In Spagna hanno messo a punto un metodo di gestione fortemente meccanizzato che permette di coniugare qualità, produzioni elevate e basso costo di gestione. Sono stata in Spagna un anno proprio per imparare le loro tecniche di coltivazione".
Immagino dunque che anche la genetica sia spagnola…
"Sì, abbiamo impiantato differenti varietà che ci permettono di diversificare la produzione e di avere raccolte scalari. Però vogliamo anche essere parte di questo processo innovativo e infatti abbiamo dedicato una parte dei campi a delle prove varietali, in modo da testare nuove genetiche che in futuro potrebbero essere piantate su larga scala".
Quali sono state le difficoltà che avete dovuto affrontare all'inizio?
"Sicuramente il fatto che in Italia non c'era una filiera che rispondesse alle nostre esigenze. Abbiamo dovuto costruire tutto da zero. Abbiamo dovuto calare nella realtà italiana una nuova gestione agronomica e attrezzarci per tutte le lavorazioni".
Che tipo di attrezzature avete acquistato?
"Per la potatura meccanica abbiamo acquistato una macchina di un produttore spagnolo specializzato proprio in questo segmento. Mentre per la raccolta delle mandorle ci siamo affidati ad una New Holland Braud 11.90 X Multi, macchina già presente all'estero ma che in Italia è stata presentata solo alla scorsa Eima e di cui il primo esemplare sarà consegnato proprio a noi. Quando la produzione sarà più consistente abbiamo anche il programma di realizzare un impianto per l'essiccazione e la lavorazione delle mandorle".
Quante persone servono per gestire 1 ettaro di mandorlo superintensivo?
"Circa una persona per 30 ettari, oltre ad un tecnico che segue tutta il progetto nel suo complesso. È davvero poco se si pensa a tutte le attività che devono essere svolte, dalla potatura alla raccolta, fino alla difesa".
Su AgroNotizie abbiamo già parlato di Maccarese come di un'Azienda che investe nell'innovazione. Oltre all'approccio colturale quali tipologie di innovazioni avete adottato?
"Per quanto possibile abbiamo sposato i principi dell'agricoltura di precisione. Approccio ben visibile per quanto riguarda l'irrigazione e la nutrizione. In campo sono presenti delle sonde che registrano dati sull'umidità del terreno e li inviano in cloud. La piattaforma di xFarm raccoglie questi dati e li incrocia con quelli delle centraline meteo e suggerisce un piano di irrigazione che può essere attivato da remoto. Questo ci permette di fornire alle piante solo l'acqua di cui hanno bisogno, quando ne hanno bisogno".
Hai citato anche la nutrizione, ci puoi spiegare?
"In campo abbiamo diverse varietà che insistono su terreni di tipo diverso. Questo ci ha portato ad avere un approccio alla nutrizione differenziato che sfrutta anche i dati sulla vigorìa delle piante raccolti dal satellite. Questo ci permette di nutrire in maniera diversa le singole aree di campo, a seconda delle reali esigenze degli alberi".
Quali sono le criticità sul fronte della difesa?
"Un impianto superintensivo è soggetto agli stessi attacchi di insetti e microrganismi patogeni di un impianto tradizionale. A fare la differenza credo che sia la tempestività d'intervento: per questo noi abbiamo installato delle trappole in grado di catturare i voli delle specie d'interesse e attraverso una fotocamera integrata le immagini vengono inviate sul mio smartphone. In questo modo è sempre possibile tenere sotto controllo l'andamento delle popolazioni dannose e intervenire solo quando è davvero necessario".
La vostra Azienda è situata in un lembo di terra stretto tra la città di Roma e il mare. Come è percepita dagli abitanti della zona la vostra attività?
"All'inizio c'era un po' di diffidenza, in quanto gli abitanti non capivano che cosa stessimo facendo. Ora direi che la convivenza è assolutamente positiva. Anzi, quando i mandorli sono in fiore offrono uno spettacolo incredibile. Abbiamo anche destinato una parte delle superfici alla semina di essenze mellifere per attirare gli insetti pronubi e sostenere il loro sviluppo, a beneficio di tutto l'ambiente".
In California, dove si concentra la produzione di mandorle a livello globale, gli agricoltori devono fare i conti con la mancanza di acqua. Inoltre a causa di inverni particolarmente miti, talvolta le piante non sono indotte a fiorire. Avete simili problemi?
"Direi di no. Le genetiche spagnole che abbiamo selezionato (Avijor, Soleta, Vialfas, Makako, Guara) hanno dimostrato finora di adattarsi ai nostri contesti, inoltre il fatto di avere l'irrigazione a goccia ci consente di essere molto razionali nell'impiego della risorsa acqua. Anzi, riusciamo a monitorare talmente bene la situazione che induciamo volontariamente un piccolo stress idrico nella pianta in modo da migliorare la produzione sotto il profilo qualitativo".
Ci puoi anticipare qualche sviluppo futuro?
"Nei prossimi anni continueremo ad impiantare nuovi ettari di mandorleto in modo da arrivare in totale a 200. Nel frattempo stiamo facendo dei test su olivo, perché abbiamo in programma di entrare nella produzione di olio extravergine d'oliva, con metodo superintensivo, ovviamente".
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