La notizia è stata dibattuta largamente durante il Secondo corso professionale sulla coltivazione, lavorazione ed utilizzo della canapa light, sollevando molte perplessità fra gli esperti ed operatori del settore. Poiché l'argomento è complesso e la disinformazione è tanta, abbiamo intervistato il dottor Gianpaolo Grassi, membro del Comitato scientifico di Assocanapa e ricercatore di spicco sul tema della cannabis light e dei suoi usi terapeutici, affinché i lettori di AgroNotizie possano avere una panoramica obiettiva e dettagliata su quali saranno le ripercussioni sul settore canapicolo italiano.
Il testo del decreto non dice espressamente che il CBD sia una droga, si riferisce solo al suo inserimento in una tabella di "medicinali a base di estratti di cannabis". Come mai tanto catastrofismo? Siamo davanti ad una fake new, o dietro al decreto si cela un qualche tentativo subdolo da parte del Governo di bloccare ancora la coltivazione della canapa, ricorrendo al vecchio trucco del "divieto indiretto" (i)?
"Ci sono principalmente due interpretazioni del decreto:
- Serve alla GW-Pharmaceuticals (UK) per commercializzare il suo nuovo farmaco Epidiolex e allo stesso tempo si impedisce la distribuzione del CBD nelle farmacie, ma non si intende dichiarare stupefacente una sostanza che non lo è.
- Si fa credere che la molecola è stata vietata come prodotto per uso libero e si paventa di applicare la 309/90 come se il CBD fosse stupefacente. Ciò ha fatto presa sui più succubi dei funzionari del ministero della Salute e per evitare incidenti si interpreta il decreto nel modo più restrittivo possibile.
Foto 1: Fiore di canapa di varietà certificata, a basso contenuto di THC
(Fonte foto: Cortesia dottor Gianpaolo Grassi)
Sebbene sia vero che il CBD rientra nella categoria "sezione B della tabella dei medicinali" che include i "medicinali di origine vegetale a base di Cannabis (sostanze e preparazioni vegetali, inclusi estratti e tinture)", secondo lei è giusto considerare l'olio di CBD come "sostanza con effetto psicotropo"?
"Se l'olio fosse privo anche delle tracce del THC, assolutamente no. Infatti le aziende più serie e affidabili purificano il CBD sino a cristallizzarlo e così eliminano anche le tracce di ogni altra sostanza, compreso il THC. Il nostro ministero della Salute è così poco attento a questa problematica che non ha minimamente pensato di applicare seriamente ed in modo capillare i controlli di questi prodotti, perché così facendo pensa di far credere al pubblico che si tratta solo di prodotti di scarsa qualità e di nessuna affidabilità. Se si facessero le cose seriamente, sarebbero contenti sia i consumatori - in quanto la qualità dei prodotti sarebbe più controllata - e sia i produttori - perché chi avesse buoni prodotti trarrebbe un vantaggio competitivo da questo sistema. Ma proprio le regole che mettono in chiara evidenza come stanno le cose sono quelle che i nostri governanti evitano volutamente, perché nell'acqua torbida si pesca meglio".
Per quale motivo alcuni dei media hanno affermato che il decreto del ministero della Salute del primo ottobre del 2020 sia un regalo a "Big Pharma"?
"Perché la più evidente conseguenza dovuta al decreto è che solo il CBD prodotto dalle aziende farmaceutiche che possono applicare le Gmp (Good manufactory practices) o che possono dialogare con i nostri dirigenti ministeriali in privato, supportati da lobbysti molto "professionali" riusciranno a commercializzare il CBD come Api (Active pharmaceutical ingredient) o farmaco (vedi per esempio GW-Pharma). Tutti i piccoli che non si possono permettere questi costosi standard qualitativi devono soccombere o cambiare mestiere".
Qual è la posizione ufficiale di Federcanapa?
"All'inizio sembrava che fossero in piede di guerra, invece nulla. Forse lavorano sotto traccia o forse gli va bene così. Non ho capito cosa intendono fare. Intanto qualche imprenditore più determinato che opera nel campo dei prodotti a base di CBD ha deciso di rompere gli indugi e presentare un ricorso al Tar. Io credo ci siano i presupposti per ottenere ragione e bloccare il decreto o quanto meno scriverlo in modo più chiaro".
Quante aziende coltivano canapa in Italia a scopo di estrazione di CBD, o comunque per l'utilizzo dei soli fiori?
"Ci sono circa 2mila-2.500 ettari coltivati a canapa e due terzi destinati a produrre fiori e biomassa. Le stime economiche sono difficili da fare in questo settore. Stimo il giro d'affari attorno a un miliardo, perché un'azienda medio-piccola muove da sola circa 10 milioni di euro e tutto l'indotto che ci sta attorno moltiplicherà il valore per dieci. In Italia ce ne sono almeno dieci di tali aziende".
Quali ripercussioni prevede che il decreto in questione avrà sulla canapicoltura italiana?
"Di sicuro provocherà incertezza e confusione. In questo momento è la peggior cosa da fare, ma oramai i canapicoltori ci sono abituati. Certamente nessun partito politico incrementerà i suoi consensi perché tutti hanno deluso il popolo, in primis quello del ministro Speranza. Di questo passo, ci saranno sempre di più cittadini che saranno delusi e allontanati dalle istituzioni. Credo che molti operatori del settore canapa se ne infischieranno ed aumenteranno le attività svolte al di fuori dei canali istituzionali, con incremento del sommerso e del commercio in nero. Insomma nulla di buono e di positivo, tranne che per le grosse aziende, probabilmente straniere".
Quali reazioni possiamo ipotizzare da parte della Commissione europea?
"L'Europa va in una direzione (con l'aumento del tenore di THC ammesso, che passa dallo 0,2% allo 0,3%). Noi andiamo nella direzione opposta con il provvedimento sul CBD. In Europa ci sono domande per far passare come Novel food i prodotti alimentari che contengono CBD e noi lo facciamo passare per droga, quando non si può neppure dimostrare che abbia un effetto stupefacente. Insomma le menzogne da noi imperversano e nessuno fa niente! Forse da noi mentire non è più un peccato?".
Conclusione?
Mentre l'autore finiva di trascrivere l'intervista, sulla Gazzetta ufficiale, Serie generale n. 270 del 29 ottobre 2020 è stato pubblicato il decreto del ministero della Salute 28 ottobre 2020 che sospende l'applicazione del decreto del ministero della Salute del primo ottobre 2020. Nella pratica, l'iscrizione del CBD nella tabella dei medicinali che contengono sostanze stupefacenti è rimandata fino ad acquisire i pareri dell'Istituto superiore di sanità e del Consiglio superiore di sanità. Pareri di natura tecnico-scientifica che, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera e), n. 2 del dpr 309/90, il ministero avrebbe dovuto acquisire prima di emanare il famigerato decreto del primo ottobre 2020.Quindi per ora rimane il dubbio se tutta la vicenda sia l'ennesimo esempio di ordinaria inettitudine funzionarile, o se effettivamente si trattasse di un tentativo di favorire una grossa ditta farmaceutica straniera, oppure un mancato colpo di mano da parte di una fazione politica all'interno del ministero della Salute, contraria da sempre - per questioni puramente ideologiche - alla coltivazione ed utilizzo della canapa. Inserire il CBD nell'elenco delle sostanze stupefacenti, quando in realtà si tratta di un composto privo di tali effetti, equivale ad un'affermazione mendace in atto pubblico, reato noto anche come falso ideologico.
Si spera dunque che il firmatario del decreto, il ministro Speranza, e i funzionari dell'Istituto superiore di sanità e del Consiglio superiore di sanità che dovranno esprimere i loro pareri in merito, stiano più attenti alla prossima mossa. Supponendo che ci sia una prossima mossa, perché è più facile non decidere e lasciare le cose come stanno. In fin dei conti, la priorità attuale è il Covid-19. Se però venisse confermata la scoperta di un team di ricercatori israeliani, secondo i quali i terpeni estratti dalla Cannabis sarebbero efficaci nel trattamento delle malattie virali, Covid-19 incluso, sarebbe un vero "conflitto d'interessi" per la fazione proibizionista del ministero.
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(i) Il concetto di "divieto indiretto" è un'espressione coniata dall'autore per descrivere una tattica, molto utilizzata dai nostri politici, per accontentare fazioni con ideologie contrarie. In questo caso, non potendo vietare di coltivare la canapa, ma volendo accontentare le fazioni che ideologicamente si oppongono alla loro coltivazione, si vieta di vendere il prodotto di maggiore valore, ovvero i fiori, o quanto meno si prescrivono tante restrizioni al suo commercio, che l'agricoltore alla fine desiste e coltiva qualcosa altro. Quindi "indirettamente" la coltivazione di canapa per industrializzare i fiori è di fatto vietata, anche se nella carta è consentita. Si veda un altro esempio di questa tattica politica in Basta glicerolo negli impianti di biogas - Prima parte.