Portinnesto è, spiega lo Zingarelli, “pianta, o parte di essa, che riceve l’innesto”. Dal 1886, cioè da quando la viticoltura europea fu costretta a misurarsi con il dramma della fillossera, di portainnesti non se ne sono più creati e, nel frattempo, la viticoltura s’è evoluta, il clima è cambiato e con esso tutto l’orizzonte del settore. Una carenza colmata dall’esito delle ricerche guidate dal professor Scienza e che si è tradotta in portinnesti per viti di nuova generazione oggi pronti a essere commercializzati in tutto il mondo. A guidare questo, che è il primo esempio italiano nel vino, di sistema virtuoso di collaborazione tra università e aziende, una società appena costituita, Winegraft. Al capitale di tale srl partecipano, a fianco di Ferrari, alcune cantine di spicco dell’enologia italiana quali Banfi, Zonin, Armani Albino, Cantina Due Palme, Claudio Quarta Vignaiolo, Bertani Domains, Nettuno Castellare, Cantine Sette Soli, nonché Fondazione di Venezia e Bioverde Trentino, una società di prodotti a supporto della viticoltura.
Ecco il funzionamento dell’iniziativa nelle parole di Marcello Lunelli, presidente di Winegraft: “I diritti su questi portinnesti saranno esercitati dalla nostra società tramite uno spin-off dell’Università di Milano, l’IpadLab, mentre i Vivai Cooperativi di Rauscedo si occuperanno dello sviluppo industriale, dalla moltiplicazione alla commercializzazione del materiale vivaistico in tutto il mondo. Le royalties ottenute dalle vendite garantiranno la continuazione del progetto di miglioramento genetico dei portinnesti, per scoprirne, speriamo, altri sempre più adattabili e universali”.
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Fonte: Il Corriere Vinicolo