A Roma l'assemblea annuale di Federvini è stata aperta dal suo presidente, Lamberto Vallarino Gancia, con un sentito pensiero alle persone e alle aziende colpite dal sisma in Emilia.
L’assemblea è entrata subito nel vivo con Gancia che ha ricordato come le oltre 300.000 imprese che operano nel settore del vino, acqueviti, liquori, sciroppi, aceti e affini, diano lavoro a oltre 200.000 addetti, costituendo un valore strategico per il made in Italy che ha bisogno di tutela e non di essere tacciato di essere una minaccia e un costo per il nostro sistema sociale.
Da qui la richiesta alle istituzioni di una maggiore attenzione e disponibilità al dialogo con chi, dati alla mano, è uno dei principali artefici dei risultati positivi nella lotta per promuovere un consumo moderato e consapevole.

Nonostante la difficile congiuntura internazionale, il settore si conferma in ottima salute. I vini e i mosti hanno registrato un incremento del 12%, mentre i liquori e le acque viti chiudono il 2011 con un +13%. Anche il comparto degli aceti ha registrato apprezzabili incrementi (+8,1%). Complessivamente la produzione italiana ha toccato quota poco oltre i 40 milioni di hl per i vini con la vendemmia 2011 e intorno a 2 milioni di hl per il settore delle bevande spiritose: oltre il 23,7% è stato destinato all’export.

Oltreconfine, tra i Paesi maggiormente attenti ai vini e mosti made in Italy si confermano la Germania (7 milioni di ettolitri) e il Regno Unito (3 milioni), mentre in ambito extra Ue le esportazioni si sono concentrate soprattutto verso gli Stati Uniti (+36% in valore) con gli spumanti, e in Cina con vini e mosti che hanno raggiunto una quota di export pari a 66 milioni di euro. Nonostante gli eventi drammatici del 2011, il Giappone ha registrato un +17% nelle importazioni di vini, mosti e spumanti.

“Questi dati ci danno forza e ci confortano pur sapendo di operare in un contesto molto difficile”, ha sottolineato Gancia. “Vorremmo vedere le istituzioni più attente alle esigenze delle imprese che intendono accedere ai mercati esteri. E’ arrivato il momento di scommettere seriamente sul made in Italy, visto il peso indiscusso che ha nell’economia nazionale, soprattutto considerando l’impulso che può determinare sullo sviluppo”.
Un primo punto di partenza, secondo Federvini, dovrebbe essere la immediata operatività della nuova Agenzia per la promozione all’estero, nata dall’Ice.

Altro elemento di novità ricordato nel corso dell’Assemblea riguarda le misure di controllo sulle Denominazioni d’origine e sulle Indicazioni geografiche protette, che stanno per essere definite con un nuovo decreto del ministero delle Politiche agricole.

A questo proposito, la richiesta di Federvini è di evitare un aggravio dei costi burocratici e dei prezzi al consumo.

 

Contemporaneamente - e dopo un lungo percorso - è arrivato al traguardo anche il regolamento che definisce le condizioni per i riferimenti alla produzione biologica.

“Il vino finora poteva far riferimento solo alla eventuale coltivazione biologica delle uve che ne erano all’origine - ha spiegato Gancia -. Le nuove regole, disciplinando anche la fase della vinificazione, consentono di indicare in etichetta la dicitura 'vino biologico' andando incontro alle richieste dei consumatori e colmando una lacuna competitiva con le produzioni di paesi terzi”.

 

Sullo scottante tema della fiscalità, Federvini ha sottolineato come con tre successivi aumenti fra il 2004 e il 2006, l’accisa sugli aperitivi, sui liquori e sui distillati abbia subito un aumento di quasi il 24%, ottenendo un risultato opposto a quello auspicato dal governo.
“Salvo il picco del 2006, già a partire dal 2007 abbiamo avuto contrazioni nel gettito a conferma della perdita effettiva di fatturato globale, di Iva e di imposizione diretta e indiretta sulle imprese. Mentre le aziende sono rimaste gravate dei maggiori oneri conseguenti l’incremento delle accise, ad esempio con i maggiori costi delle cauzioni parametrate sui nuovi importi di accisa”, ha concluso Gancia.

 

 

Roma, il presidente di Federvini Lamberto Vallarino Gancia

 

L’Assemblea è stata anche l’occasione per fornire agli addetti ai lavori e alle istituzioni i più recenti risultati di due indagini, realizzate da Nielsen e Ispo, che Federvini ha promosso per studiare il consumo delle bevande alcoliche.

La prima è stata condotta da Nielsen su un campione di oltre 25.000 individui. Il 65% degli italiani over 14 ha consumato in un anno (2011) almeno una volta un prodotto alcolico, un dato stabile rispetto al 2010. Il consumo di bevande alcoliche resta prevalentemente maschile; nel complesso la concentrazione dei consumatori di alcolici è maggiore nelle fasce centrali di età e per gli over 65, anche se a prodotti diversi corrispondono target di consumo diversi.

Rispetto al 2010, i 35-44enni mostrano comunque una certa stabilità dei consumi, mentre la fascia di età che mostra incrementi più sensibili è quella dei 25-34 anni. In aumento rispetto al recente passato il consumo di bevande alcoliche nelle classi sociali meno scolarizzate.

Il vino si riconferma la bevanda alcolica più consumata, seguito dalla birra, dagli spumanti, champagne e prosecco. Il luogo principale di consumo di bevande alcoliche rimane la casa, seguita da ristorante e pub/bar.

Il primo assaggio avviene mediamente a 15 anni ed è quasi sempre legato ad una occasione speciale e a contesti tradizionali e controllati.
Il modello di consumo di alcolici in Italia resta ‘moderato’: per lo più si bevono uno o due bicchieri per occasione di consumo; la cena a casa propria si conferma il momento più in comune di consumo di alcolici.
I dati appaiono in linea con le ultime risultanze rese note dall’Oms sul consumo di alcol in Europa, dai quali emerge che i più forti consumatori di vino, Italia e Francia, sono anche quelli che nel corso degli ultimi decenni hanno sperimentato un maggiore calo nel consumo pro-capite di alcolici.
L’Italia non solo risulta avere uno dei consumi pro-capite di alcolici tra i più bassi d’Europa, ma ha anche una frequenza minore del binge-drinking, lo sballo del sabato sera.

Una seconda indagine, realizzata da Ispo, ha studiato anche l’happy hour, fenomeno emergente che coinvolge in maniera crescente una gran parte degli italiani. Bevanda preferita nell’happy hour è l’analcolico (57%) mentre il 36% preferisce gli alcolici. Già oggi il 38% delle consumazioni di alcolici e bevande avviene in questo contesto.
Sei italiani su 10 sono andati qualche volta a prendere l’aperitivo, mentre uno su 10 ci va almeno una volta alla settimana; otto su 10 ritengono che l’happy hour sia un’occasione per frequentare gli amici e trascorrere una serata tranquilla e non impegnativa, oltre che un modo di consumare e socializzare contenendo le spese.