Il prezzo del latte che continua a scendere, trascinato verso il basso dalla crisi dei formaggi grana, la stretta creditizia che riduce la liquidità finanziaria e  azzera la propensione agli investimenti nelle stalle, sulle quali incombe la spada di Damocle della Direttiva Nitrati. Non c'è da stupirsi se il numero di aziende che alleva bovini da latte e da carne va riducendosi ogni anno. E questo 2009 appena iniziato non sembra presentarsi sotto auspici migliori. Ne abbiamo parlato con il presidente dell'Associazione italiana allevatori (Aia), Nino Andena, per esaminare e commentare le sfide che attendono il mondo della zootecnia.

 

“I futuro dei nostri allevamenti – ci ha subito detto Andena – si gioca soprattutto sul fronte della competitività, argomento che preoccupa più del prezzo del latte e più delle quote di produzione. Siamo di fronte ad una transizione forte e soprattutto rapida, che avrà un grande impatto sul destino della zootecnia italiana. E anche per questo – sottolinea con forza il presidente degli allevatori  – che chiediamo al ministro dell'Agricoltura di essere vicino e in modo forte al mondo degli allevamenti, perché sarà necessario mettere in atto per la zootecnia, come si è fatto per altri  settori produttivi,  strumenti idonei a superare le difficoltà e la crisi. In ballo  c'è la sorte degli allevamenti e anche quella di tutta la filiera produttiva.”

 

Nel grande capitolo della competitività delle nostre stalle un ruolo chiave è interpretato dal prezzo del latte, in flessione sui mercati europei e non solo in Italia. Cosa ci si attende su questo fronte - chiediamo ad Andena - per il 2009?

 

“Per la prossima campagna lattiero casearia -  ci risponde il presidente dell'Aia -  le industrie si aspettano una riduzione del prezzo che gli allevatori non possono concedere, anche se poi saranno costretti a subire tagli che aggraveranno la crisi già in atto. Non dobbiamo dimenticare che i costi di produzione del latte sono rimasti sostanzialmente immutati. Il mais, per fare un esempio, è stato messo in trincea ai massimi costi della trascorsa stagione. Anche il costo della mano d'opera è lievitato sensibilmente con i nuovi contratti. Per i fieni, poi , siamo di fronte ad un raddoppio delle quotazioni. Solo per alcuni prodotti di importazione, come la soia, si è avuta una flessione. E' anche per questi motivi, come ho già detto, che la sfida maggiore che oggi la zootecnia italiana deve affrontare è quello della competitività.”

 

Una sfida che gli allevamenti stentano a superare, almeno osservando i dati scaturiti della ricerca promossa da Aia sulla situazione della zootecnia italiana e puntualmente fotografata dai “Rapporti 2008  latte e carne”,  che registrano la costante riduzione, anno dopo anno, del numero di allevamenti in attività. Dobbiamo aspettarci un aumento di questa tendenza negativa?

 

“E' vero, il numero degli allevamenti è andato progressivamente riducendosi negli ultimi anni, ma il numero di animali allevato è rimasto sostanzialmente immutato. Segno che è aumentato il numero medio di capi per stalla, parallelamente ad una concentrazione degli allevamenti nelle aree più vocate. Oggi, ed è questo il dato preoccupante, la riduzione del numero di allevamenti in attività si è accompagnata ad una contrazione del capitale bestiame. Un fenomeno negativo innescato dalle difficoltà di mercato, ma anche dai problemi ambientali e dai vincoli della Direttiva Nitrati che intervengono in particolare nelle zone più vocate alla zootecnia e che hanno la maggiore concentrazione di animali.”

 

A complicare lo scenario di riferimento per la zootecnia c'è anche l'aumento della quota latte ottenuto dall'Italia e soprattutto i criteri con i quali questo aumento  sarà distribuito agli allevatori. Quali sono le indicazioni che l'Aia suggerisce al ministro Zaia?

 

“La prima cosa che gli allevatori chiedono è che l'aumento sia assegnato subito e che non resti nella riserva nazionale, una scelta  dannosa per tutti, perché finirebbe con il favorire un aumento della produzione e contribuirebbe a creare ancora maggiore confusione, mentre c'è bisogno, specie su questo tema, di grande chiarezza. Ricordiamoci che al 6% di aumento ottenuto da Zaia si aggiunge il 2% della scorsa campagna. L'aumento complessivo è dunque dell'8% circa  e se i criteri di ripartizione non vengono decisi nelle prossime settimane, le Regioni non avranno poi il tempo per fare i conteggi e per comunicare alle singole aziende i quantitativi dovuti. Con il rischio di rimandare il tutto al 2010.”

 

Oltre ai tempi, resta aperto il grande capitolo dei requisiti con i quali sarà distribuito questo aumento. Su questo tema qual'è la posizione di Aia?

 

“Gli allevatori chiedono che l'aumento sia indirizzato anzitutto ai titolari di quota B tagliata. Non rifiutiamo il concetto che l'aumento vada ai produttori con esuberi, ma a condizione che non abbiano cessato la produzione e che non abbiano venduto le quote. La quota aggiuntiva deve poi essere ceduta con formule che non ne consentano la vendita (anche se oggi il mercato delle quote è di fatto chiuso) e la ripartizione non può essere in via esclusiva a chi ha avuto esuberi e non si è messo in regola. Non possiamo nemmeno pensare che  chi ha rispettato le norme sia escluso da ogni beneficio.”

 

Molti i problemi del latte, ma anche sul fronte della carne lo scenario non è roseo. Quali le prospettive?

 

“Il tema competitività -  ci risponde Andena -  riguarda anche il settore della carne. A questi livelli di prezzi la crisi è profonda. Il prezzo  del baliotto è talmente basso che gli allevatori non hanno nemmeno la  convenienza a tenerlo in stalla in attesa della vendita. Il prezzo della carne è ai minimi e non ripaga le spese di produzione. Anche qui abbiamo un forte rischio di chiusura delle aziende che coinvolge anche le industrie della filiera.  Il destino di queste ultime è strettamente collegato a quello degli allevamenti. Un secondo dopo la nostra chiusura si avrà quella delle industrie di trasformazione.

Va ribadito il ruolo strategico della  zootecnia che significa difesa del territorio, posti di lavoro nelle industrie della filiera produttiva e che rappresenta una componente importante del nostro export.

Per valorizzare la zootecnia serve una rivisitazione di tutto il nostro sistema. Dobbiamo procedere verso una semplificazione anche delle rappresentanze. Troppe sigle non aiutano. Mettiamoci in discussione pur sapendo di avere davanti un percorso difficile. Ma è in queste fasi di difficoltà che forse è più facile rivedere in profondità anche questi aspetti. Il mondo degli allevatori è pronto a fare la sua parte. Ma di fronte alla crisi anche il settore zootecnico deve poter contare su un’attenzione pari a quella che viene riservata agli altri comparti produttivi del nostro Paese."

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