L’indagine sui produttori di mele ha fatto emergere in primo luogo la consapevolezza di come la presenza di coltivazioni di mele vicino ai centri abitati sia vista in maniera negativa dai residenti: la percezione è negativa per il 19% del campione, percentuale che sale a 29% se si prendono a riferimento solo i produttori del Trentino Alto Adige, principale area produttiva italiana. Il giudizio negativo è originato in gran parte (68%) dalla presenza di trattamenti fitosanitari vicino a nuclei urbani. E si tratta di una valutazione che risulta addirittura peggiorata negli ultimi 5 anni, ciò nonostante la produzione di mele abbia conosciuto proprio da 10 anni a questa parte un netto miglioramento in termini di sostenibilità della produzione, dovuto ad un utilizzo più attento degli agrofarmaci e all’impiego di tecniche come la confusione sessuale per il controllo degli insetti.
“C’è un evidente deficit di comunicazione tra produttori e consumatori”, commenta Camillo Gardini, presidente di Agri2000 e curatore della ricerca. “Se la percezione dei cittadini sulla sostenibilità della produzione di mele è addirittura peggiorata, a dispetto dei miglioramenti introdotti, vuol dire che la comunicazione non è stata sufficiente e che bisogna da ora in poi puntare con determinazione sulla qualità e sull’intensità della comunicazione”.
Lo dimostra il comportamento registrato dai consumatori nella seconda fase dell’indagine, quella rivolta a un campione di cittadini italiani, in prevalenza giovani e con un livello di istruzione medio-alto, vale a dire i più attenti alle nuove tendenze di acquisto. Essi si sono dimostrati molto preparati rispetto al prodotto mele, nel senso che ne ricordano non solo il prezzo medio di acquisto, ma sono anche consapevoli del delta tra il prezzo alla produzione e quello di vendita, ovvero che, fatto 100 il prezzo che viene mediamente pagato per 1 kg di mele, la percentuale che resta all’agricoltore è pari circa al 20-25%. Infine, conoscono bene le principali varietà delle mele, dal momento che ben 6 intervistati su 10 dichiarano di scegliere le mele in base a questo parametro.
Ma è rispetto alla consapevolezza dell’impatto socio-economico in termini di occupazione e indotto della filiera melicola italiana che emergono i risultati più eclatanti: se si confronta la percezione dei consumatori all’inizio e alla fine dell’intervista, emerge una netta crescita dei giudizio positivo da parte degli interpellati. È bastato fornire alcuni elementi informativi che connotano la filiera - gli oltre 30.000 posti di lavoro, i controlli restrittivi sulla salubrità del prodotto, la difesa dall’erosione del suolo, la manutenzione del paesaggio rurale, i riconoscimenti Dop e Igp, la diffusa presenza di piccole aziende a conduzione familiare – per ottenere un miglioramento sensibile della percezione degli intervistati riguardo sia all’importanza socio-economica che all’impatto ambientale della melicoltura nel nostro Paese.
“Se i produttori di mele hanno intrapreso con determinazione la strada della produzione sostenibile – commenta il presidente dell’Alleanza delle Cooperative agroalimentari Giorgio Mercuri – occorrerà ora sforzarsi per trasferire ai consumatori i risultati positivi fin qui ottenuti. Come è emerso dall’Osservatorio, la corretta informazione incide in maniera determinante sul modo in cui i consumatori percepiscono il valore e l’impatto sociale ed ambientale di una determinata produzione agricola”.
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Fonte: Fedagri - Confcooperative