"Non toglieteci il futuro": è stato questo lo slogan pronunciato da oltre duemila imprenditori di Cia - Agricoltori Italiani ieri, 26 ottobre 2023, a Roma, durante la manifestazione nazionale della confederazione che ha riempito Piazza Santi Apostoli e le vie del centro.
Tantissimi agricoltori e allevatori sono arrivati da tutta Italia, con cartelli e bandiere verdi, per protestare contro una crisi che, dal campo alla tavola, sta portando i prezzi al consumo alle stelle rendendo al tempo stesso gli agricoltori più poveri, per effetto della riduzione dei prezzi di cessione dei beni primari prodotti e dell'aumento dei costi di mezzi tecnici, carburanti, sementi, attrezzi e macchine agricole, il tutto amplificato dall'aumento del costo del denaro imposto dalla Banca Centrale Europea negli ultimi mesi.
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Per Cia, i conti non tornano e serve subito quel Piano Agricolo Nazionale da sempre annunciato e mai realizzato, che rimetta al centro l'impresa agricola ed il suo reddito.
Le dichiarazioni di Fini
"Noi non siamo il problema, ma la soluzione!", ha ripetuto più volte dal palco il presidente nazionale, Cristiano Fini, rivendicando con forza il ruolo chiave del settore, anche nella transizione green.
"A dispetto di tutte le fake news - ha detto Fini - gli agricoltori non inquinano, rispettano da anni gli impegni ambientali anche mettendo a rischio i loro profitti; producono energie alternative e non sprecano acqua, ma la usano per produrre cibo di qualità".
Per il presidente di Cia "Senza agricoltura, il made in Italy non può esistere e la sicurezza alimentare non ha garanzie; non c'è presidio del territorio e custodia del paesaggio, anche contro il dissesto idrogeologico; le aree interne si spopolano ed economia e società non sopravvivono. Abbiamo, dunque, buoni motivi per reclamare più attenzione per le nostre aziende agricole. Deve rimetterle al centro l'Italia così come l'Europa, che dovrebbe stare dalla nostra parte, invece di continuare a imporre norme e regolamenti dall'alto".
I numeri della crisi
Eppure nessun comparto del settore agricolo è indenne dalla crisi ormai diffusa e generalizzata, tra emergenze geopolitiche, climatiche e fitosanitarie. L'ortofrutta è in ginocchio, con un taglio del 40% della produzione dopo la siccità record del 2022, le gelate e soprattutto gli effetti delle alluvioni di maggio. Il vino made in Italy ha perso in media il 12% quest'anno, a causa degli attacchi distruttivi di peronospora, perdendo il primato mondiale a favore della Francia.
Anche la zootecnia è in sofferenza, con un 2023 inaugurato dal calo del 30% della produzione di carne bovina e continuato con il proliferare della peste suina, che rischia di distruggere un comparto da 11 miliardi. E mentre i listini dei cereali sono in caduta libera (-40%), il carrello della spesa si fa più pesante con l'inflazione, esplodendo il divario tra i prezzi pagati agli agricoltori e quelli sugli scaffali dei supermercati.
Oggi un produttore prende 35 centesimi per un chilo di grano duro, mentre un pacco di pasta costa 2,08 euro, con un aumento del 494% dal campo alla tavola. Stessa dinamica sul latte: all'allevatore vanno 52 centesimi al litro, ma il consumatore per comprarlo spende 1,80 euro (+246%).
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Il divario c'è anche su frutta e verdura: i pomodori passano da 1,13 euro al chilo all'origine a 3,73 euro al consumo (+230%); le mele da 50 centesimi a 2,43 euro al chilo (+386%); le pere da 1,64 a 3,55 euro al chilo (+116%); persino la zucca di Halloween, da 65 centesimi a 2,76 euro (+325%). Il risultato è un calo del 60% del reddito netto delle imprese agricole, che fanno sempre più fatica a coprire i costi di produzione in continua ascesa: +16mila euro nell'ultimo anno per azienda.
Le proposte di Cia
L'obiettivo per Cia è il giusto reddito agli agricoltori lungo la filiera. Serve pertanto redistribuire a monte una quota degli aumenti sulla tavola per creare un sistema più equilibrato.
Per raggiungerlo occorre aggiornare la normativa sulle pratiche sleali certificando i costi di produzione agricola per assicurare prezzi dignitosi; ma è necessario anche ridurre le forme di finanziarizzazione legate alla produzione di materie prime che agiscono sui prezzi indipendentemente dal gioco della domanda e dell'offerta sul piano reale. D'altra parte, senza reddito e cibo, la sovranità alimentare resta uno slogan.
Ma non è tutto. Bisogna favorire l'aggregazione aziendale e incentivare la crescita delle Pmi, anche con una revisione degli strumenti di accesso alla terra e una legge sul ricambio generazionale, che vuol dire dall'altro lato agevolare l'uscita dal settore con una riforma strutturale per innalzare le pensioni minime agricole. Sul fronte manodopera, le difficoltà di reperimento richiedono procedure più semplici e flessibili, mentre sul caro-energia, Cia dice basta ad accise e Iva sui carburanti.
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Calamità naturali e crisi fitosanitarie, invece, sollecitano la riforma del sistema delle assicurazioni, nazionale e Ue, tanto più che oggi gli strumenti a disposizione coprono in media meno del 3% dei danni reali e i risarcimenti arrivano in estremo ritardo.
Monta la protesta anche sulla fauna selvatica: gestione e ripristino dell'equilibrio sono le parole d'ordine, da tradursi subito in fatti. Infine, obiettivo aree rurali, dove per frenare l'abbandono serve riportare sui territori i servizi alle imprese e alla persona, mettere in sicurezza le infrastrutture e incentivare la digitalizzazione.