Quando andiamo a fare la spesa al supermercato e dobbiamo comprare l'olio, molto spesso tendiamo a preferire una determinata marca piuttosto che un'altra, perché magari abbiamo preso sempre quella, una bottiglia particolare che salta all'occhio rispetto alle altre, o la bottiglia che costa meno. Nella maggior parte dei casi, a influire sull'acquisto è proprio il prezzo.

 

Ma piuttosto che basarsi su estetica, costi o marche a cui siamo affezionati, sarebbe bene prestare attenzione alle etichette, la carta d'identità di una bottiglia di olio. Fermarsi qualche minuto davanti allo scaffale delle bottiglie di olio e dedicare del tempo a leggere le etichette è infatti un buon investimento per portarsi a casa un olio di qualità.

 

Ma come si fa a capire se un olio è di qualità senza assaggiarlo, ma leggendo solamente l'etichetta? Abbiamo chiesto aiuto a Daniele Paci, un agronomo produttore e esperto di olio che ci ha dato qualche consiglio e qualche dritta.

 

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Tipologie di olio, conosci la differenza?

Prima però è bene fare un passo indietro per capire qual è la normativa di riferimento in materia e quali tipologie di olio ci sono.

 

C'è da dire che l'etichettatura dell'olio è regolata da normative europee e nazionali. Tra le normative di riferimento c'è il Regolamento Ue n. 1169/2011, che stabilisce le norme generali per la fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, e anche il Regolamento Ue n. 29/2012, che definisce invece le denominazioni di vendita degli oli d'oliva e stabilisce le informazioni che devono essere riportate in etichetta per ciascuna categoria, sostituito poi dal Regolamento Ue n. 2022/2104.

 

Particolarmente utile è anche la guida pratica del Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (Masaf).

 

Tra le tipologie di olio troviamo l'olio extravergine di oliva, che ha un'acidità massima dello 0,8% e che è ottenuto direttamente dalle olive attraverso processi meccanici e senza l'uso di solventi o calore; l'olio vergine di oliva, che può avere un'acidità leggermente superiore (fino al 2%); l'olio di oliva che "è il cosiddetto olio lampante (acidità superiore al 2%) che viene raffinato - ci spiega Paci - andando a togliere tutti gli odori cattivi, i sapori di rancido e quant'altro; dopodiché quell'olio viene miscelato con l'olio extravergine oliva e prende il nome di olio di oliva". C'è poi l'olio di sansa di oliva che è ricavato dalla sansa, cioè dal residuo solido della spremitura delle olive, non è adatto al consumo diretto e spesso viene raffinato.

 

Olio extravergine di oliva, la qualità in etichetta

Concentrandoci sull'olio extravergine di oliva, ecco dunque a cosa bisogna fare attenzione quando si leggono le etichette per capire se si sta acquistando un olio di qualità:

  • tipologia di olio,
  • Paese di provenienza,
  • olio monovarietale o blend,
  • olio Dop o Igp,
  • annata di raccolta,
  • bottiglia.

 

Tipologia di olio

La prima cosa da fare è quella di controllare la tipologia di olio. Nell'etichetta ci deve essere scritto "olio extravergine di oliva". È questo infatti l'olio dalle migliori caratteristiche organolettiche.

 

Paese di provenienza

Un secondo indicatore della qualità di un olio è il Paese di provenienza. Tra i grandi Paesi produttori di olio, dal punto di vista qualitativo "l'Italia è straordinaria", afferma Paci. Abbiamo oltre cinquecento varietà di olive "e abbiamo anche tanta esperienza nel produrre l'olio. Passiamo - ci spiega l'agronomo - da oli con un fruttato di mandorla, di carciofo, a quelli che ti danno un buon profumo di pianta di pomodoro, fino addirittura a delle varietà straordinarie e particolari che possono darti la sensazione di frutti di bosco".

 

Se un olio è italiano nella bottiglia si possono trovare diciture come per esempio "100% Italia" o "prodotto italiano", altrimenti si troveranno diciture come "Unione Europea" o "extra Ue". "Se c'è scritto Ue l'olio può essere greco per esempio, ma probabilmente stiamo parlando di olio spagnolo. Se invece è extra Ue può arrivare dall'Africa per esempio, ma non solo".

 

Olio monovarietale o blend

In terza battuta, un olio prodotto da un'unica varietà di olive è di qualità più alta rispetto a un olio fatto mescolando più varietà. Il primo si chiama monovarietale, il secondo si chiama blend, "anche se si dovrebbe chiamare olivaggio", precisa Daniele Paci. "In una bottiglia non c'è la scritta blend perché non è qualcosa che caratterizza la qualità, ma se invece è specificato 'monovarietale' vuol dire che si comincia a fare veramente tanto la differenza, a fare un salto di qualità. Secondo me questo è veramente un grande distinguo".

 

La maggior parte degli oliveti che abbiamo in Italia è composta da più varietà e in molti casi le olive vengono raccolte tutte nello stesso momento, indipendentemente dal fatto che siano tutte mature. Alle volte ci può essere anche una differenza di mesi nella maturazione. In generale si aspetta che maturi la più tardiva, ma in questo modo le prime varietà a maturare ormai saranno già troppo mature.

 

La parte difficile, che però è sinonimo di maggiore qualità, arriva quindi se voglio fare un olio monovarietale, perché nell'oliveto devo andare a selezionare solo le piante della stessa varietà che quindi saranno tutte allo stesso grado di maturazione. Raccogliere quindi le olive nel giusto momento di maturazione e solo quelle di una stessa varietà è molto più impegnativo, ma conferisce all'olio il massimo in termini qualitativi.

 

Olio Dop o Igp

Altre denominazioni di valore sono le sigle Dop, che sta per Denominazione di Origine Protetta, e Igp, ovvero Indicazione Geografica Protetta.

 

Il marchio Dop garantisce che l'olio è stato prodotto in una specifica area geografica, seguendo disciplinari rigorosi che ne tutelano le caratteristiche e la qualità; il marchio Igp invece certifica che almeno una fase del processo produttivo è avvenuta in una determinata area geografica.

 

"In questo caso, oltre a scrivere che il prodotto è italiano, si può indicare anche la regione di provenienza, la provincia, un comune, un toponimo, perché - spiega Paci - la Dop o l'Igp certifica per esempio che quell'olio è stato prodotto nelle Marche e che è iscritto all'Igp delle Marche".

 

Annata di raccolta

Un'altra cosa molto importante per la qualità di un olio, forse la più importante per Daniele Paci, è l'annata di raccolta.

 

Come ci spiega, "in etichetta puoi avere due informazioni, una è l'annata di raccolta, e un'altra è il Termine Minimo di Conservazione (Tmc). L'annata di raccolta è un periodo di tempo a cavallo di due anni, per esempio 'annata di raccolta 2023-2024' significa che la raccolta è iniziata a settembre 2023 e che è finita magari a febbraio 2024. Nelle bottiglie si trova scritta l'annata di raccolta se è solo una, se invece gli anni di raccolta sono di più non si può scrivere niente".

 

Quindi, se nell'etichetta non c'è scritto l'anno di raccolta vuol dire che quell'olio non è stato oggetto di un'unica annata di raccolta, ma di più annate miscelate. E questo cosa vuol dire? "Vuol dire che l'olio viene stoccato dentro i serbatoi e se non finisci tutto quello dell'anno, lo utilizzi l'anno dopo mischiandolo a quello dell'anno".

 

Il Tmc indica la data entro la quale l'olio mantiene le sue caratteristiche ottimali. "È stabilito dal produttore o dal confezionatore dell'olio stesso e se una volta era di diciotto mesi, oggi - precisa l'agronomo - può essere minore, per esempio di dodici mesi, o superiore, arrivando anche a ventiquattro mesi".

 

Dunque, se l'annata di raccolta c'è, si sa quando è stato fatto quell'olio, ma se l'annata di raccolta non c'è, è possibile fare solo un calcolo, ovvero prendere il Tmc e andare indietro.

 

Proviamo a fare un esempio. Oggi andiamo a comprare una bottiglia di olio che non ha l'annata di raccolta indicata, ma che ha come Tmc agosto 2025, questo mese. È ancora buono perché comunque non è scaduto. Se il Tmc è di ventiquattro mesi, vuol dire che è stato imbottigliato ventiquattro mesi fa, cioè a agosto 2023, ma non ci dice niente sull'annata di raccolta delle olive. Se quest'ultima fosse unica sarebbe l'annata 2022-2023, ma siccome non c'è scritto sono sicuramente due o anche più annate. Mettiamo che siano tre annate di raccolta, che come afferma Paci è una cosa possibile, allora vuol dire che è un olio delle annate 2022-2023, 2021-2022 e 2020-2021. Quello che abbiamo acquistato e che scade a fine agosto 2025 è un olio che proviene anche e non solo da olive raccolte nel 2020.

 

C'è quindi un'enorme differenza tra un olio prodotto con olive raccolte nell'ultima annata e un olio imbottigliato due anni fa da olive raccolte fino a tre annate prima.

 

Bottiglia

Infine, quando si acquista un olio è bene preferire quelli confezionati in una bottiglia scura.

 

"L'olio - ci spiega l'agronomo - si ossida essenzialmente in presenza di tre fenomeni: la presenza di ossigeno, la presenza di temperature elevate accelera l'irrancidimento, ma quello che veramente distrugge l'olio è la fotoossidazione, cioè l'ossidazione indotta dalla luce, specialmente dalla luce solare, non tanto la luce elettrica. È una quantità di energia che arriva, che distrugge la clorofilla, distrugge tutto quello che c'è dentro l'olio con una velocità impressionante. Di solito si cerca quindi di proteggerlo dalla luce e si dice di tenerlo al buio".

 

Olio, quello che l'etichetta non dice

C'è poi tutta una serie di altri elementi sinonimo di qualità che però si scoprono una volta aperta la bottiglia o se l'olio si acquista direttamente dal produttore.

 

Uno è l'acidità, che viene verificata in laboratorio con analisi specifiche e che, come abbiamo detto, per l'olio extravergine di oliva deve essere al di sotto dello 0,8%. Per Daniele Paci, un olio che non supera lo 0,3% è un olio fantastico.

 

"L'olio extravergine di oliva deve essere poi privo di difetti, cioè di odori e sapori che non hanno a che vedere con l'olio. Deve essere - racconta Paci - fruttato, deve per esempio arrivare odore di erbaceo, un profumo floreale".

 

Acquistando un olio al supermercato, dall'etichetta non si può conoscere la sua acidità, se invece si acquista direttamente dal produttore in azienda agricola si possono chiedere le analisi chimiche.

 

Altro parametro da tenere in considerazione è se l'azienda agricola ha un proprio frantoio o se porta le olive in un frantoio di terzi. "All'80% - conclude l'agronomo Daniele Paci - chi ha il frantoio interno fa un olio nettamente superiore perché investe sul macchinario per la trasformazione, raccoglie e trasforma istantaneamente". Le olive devono essere raccolte e lavorate in giornata.

 

Questo articolo è stato modificato dopo la pubblicazione in data 28 agosto 2025. Nello specifico è stata aggiunta la parte relativa alla guida pratica del Masaf