Il mercato dell'uva da tavola per il prodotto italiano - 46mila ettari investiti in prevalenza in Puglia e Sicilia - delude gli operatori del settore, per via di prezzi che in ogni caso sono andati in agosto al di sotto delle aspettative, vista l'elevata qualità espressa e gli alti costi sostenuti, anche se in ripresa rispetto ai valori espressi in luglio. Ne parla con AgroNotizie Massimiliano Del Core, dell'Op Pignataro e membro della Commissione nazionale uva da tavola. A bilanciare in parte la delusione sul fronte prezzi, c'è però un sensibile incremento dei volumi commercializzati: tra il 20 ed il 25% in più rispetto allo scorso anno.

Intanto ecco schematicamente come sono andati i prezzi di questa campagna. Bene l'esordio anticipato nella seconda settimana di giugno con valori ben oltre i 2 euro al chilogrammo pagati al produttore, e finiti, già dopo la metà di luglio a circa 0,80 euro, almeno stando a quanto riportano le medie nazionali dei prezzi all'origine stilate da Ismea.

"Infine arriva la ripresa di agosto, ma con prezzi medi – pagati da Gdo ed esportatori - attestati tra 1,20 e 1,30 al chilogrammo per un'uva con seme come la Vittoria o con valori da 1,60 per una varietà senza seme, in ogni caso una delusione afferma Massimiliano Del Core, che sottolinea - a fine campagna il prezzo medio all'origine dell'uva da tavola sarà in linea con 2019, intorno a 1,50 euro al kg: €1,24/kg uva con seme e €1,63/kg uva senza semi, quindi piatto e insoddisfacente".

Perché questi prezzi sono deludenti?
"In particolare, i prezzi dell'uva con seme sono particolarmente deludenti, anche se allineati a quelli dello scorso anno, perché il prodotto ha raggiunto un'ottima qualità in agosto, sia in termini di grado Brix che di grappolatura, elementi che avrebbero potuto essere premiati di più dal mercato, visti anche i costi elevati di conduzione legati a questi livelli qualitativi, cosa che purtroppo non è avvenuta".

Ora che cosa sta succedendo in campo e sui mercati?
"Siamo a fine agosto e in campo viviamo la fase del passaggio varietale verso le cultivar medio tardive, nel caso della bianca con seme ormai siamo a campagna finita per la Vittoria in Puglia e si sta passando alla raccolta dell'uva Italia. Sul piano strettamente commerciale, dopo le elevate quantità compravendute a metà agosto da retailer e Gdo, ora si è in una sostanziale e fisiologica fase di stanca della domanda, che veleggia su ordinativi minori, ma costanti".

Sui prezzi dell'uva senza seme perché c'è delusione?
"Sono prezzi in linea con quelli dell'anno scorso, va ribadito, ma per la campagna 2020 c'era un'aspettativa di almeno il 15% in più di quanto poi realmente incassato. Con la senza seme i costi di produzione sono più elevati a causa della doppia lavorazione in raccolta, perché l'uva deve essere posta in cestini da 500 grammi ed etichettata, con un'operazione che avviene nello stabilimento di lavorazione e non sul campo, come invece succede per l'uva con seme, che viene semplicemente posta in cassette. Inoltre, per le cultivar senza seme c'è il peso del recupero dell'investimento e di rese alla pianta più basse del 12-15% rispetto a quelle con seme. Tutto questo ha reso i maggiori costi di produzione dell'uva senza seme non sufficientemente ripagati dai prezzi, anche se si registra un aumento della domanda di questa tipologia di prodotto di un paio di punti percentuali".

La campagna era partita in anticipo, sul piano quantitativo come è andata?
"I volumi alla fine saranno tra il 20 e il 25% in più rispetto al 2019, in quanto si è iniziato prima".