Secondo Ismea si prevede una produzione nazionale di olio da pressione da 264mila tonnellate, che si conferma in calo sulla campagna 2017-2018 del 38%. Si tratta di un valore vicino ai minimi storici, anche se lontano dal 2016 che vide l’olio da pressione italiano produzione a quota 182mila tonnellate.
In netta diminuzione la produzione nelle principali regioni olivicole, a partire dalla Puglia (-58%), da cui arriva circa la metà dell'olio italiano. Campagna che si preannuncia negativa anche in Calabria (-34%), Sicilia (-25%), Campania (-30%), e Lazio (-20%) con un calo provocato dai forti venti durante la fioritura e soprattutto dalle gelate di febbraio che hanno danneggiato 25 milioni di ulivi.
Ottimo invece il livello qualitativo della produzione. A livello internazionale si conferma leader mondiale la Spagna che fa registrare un aumento del 23% pari ad una produzione complessiva di circa 1,5-1,6 milioni di tonnellate.
Produzione italiana olio da pressione in tonnellate dal 2013 al 2017 e previsioni sul 2018
Fonte: elaborazioni Coldiretti su previsioni Ismea
Il calo produttivo italiano - secondo la Coldiretti - si riflette sulla produzione a livello mondiale dove si prevede un forte calo dell'8% dei raccolti per una previsione produttiva in olio da pressione di poco più di 3 milioni di tonnellate. Ad influire è anche il crollo della produzione in Grecia con circa 240mila tonnellate (-31%) e in Tunisia dove non si dovrebbero superare le 120 mila tonnellate (-57%) mentre in Portogallo è praticamente stabile a 130mila tonnellata.
In controtendenza la Spagna che si conferma leader mondiale, dove si stimano circa 1,5-1,6 milioni di tonnellate con un aumento del 23%, oltre la metà della produzione mondiale.
"Sono dati pesanti che vanno a colpire un settore che sta già attraversando un momento critico per l'aumento delle contraffazioni, la prepotenza sul mercato di alcune multinazionali che fingono di mantenere una parvenza di italianità e l'invasione di olio tunisino – spiega David Granieri, presidente di Unaprol - A completare il quadro allarmante l'introduzione dei sistemi di etichettatura a semaforo, adottati in Gran Bretagna e Francia, che promuovono cibi spazzatura e bocciano l'olio extravergine di olive e l'aggressione di altri Paesi, come la Spagna che, forte di una grande produzione, tenta di conquistare quote di mercato abbassando i prezzi. Per la sopravvivenza di migliaia di aziende agricole, in Italia sono oltre 400mila quelle specializzate in questo settore, è fondamentale quindi che il governo metta subito in atto iniziative concrete, a partire da un piano olivicolo nazionale 2.0 che preveda innanzitutto finanziamenti per il reimpianto di nuovi oliveti".
Granieri ha inoltre aggiunto: "C'è bisogno di una maggiore compattezza tra i frantoi e il mondo della produzione, soprattutto ora, alla vigilia di una campagna olearia molto negativa in termini quantitativi. Abbiamo già 350 frantoi tra i nostri soci, anche per questo abbiamo pensato di ideare un nuovo percorso con la nascita di Rete italiana frantoi che possa garantire loro più assistenza e rappresentatività. A tal fine è fondamentale che vengano stanziati i fondi per un piano olivicolo nazionale che preveda il sostegno al reddito per le aree in crisi del comparto, il reimpianto di nuovi oliveti e una serie di incentivi sia per la rottamazione dei frantoi obsoleti sia per l'efficientamento qualitativo di quelli esistenti".
Unaprol richiede il rifinanziamento del Piano olivicolo nazionale. E con l'obiettivo di aumentare nei prossimi 4 anni la superficie coltivata da poco più di un milione di ettari a 1,8 milioni di ettari, anche con l'incremento delle aree irrigue con tecniche innovative di risparmio idrico.
Sul nuovo piano olivicolo il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo ha detto che si tratta di "Una necessità per rispondere alla crescita record dei consumi mondiali di olio d'oliva nel mondo che in una sola generazione hanno fatto un balzo di quasi il 49% negli ultimi 25 anni cambiando la dieta dei cittadini in molti Paesi, dal Giappone al Brasile, dalla Russia agli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna alla Germania, sulla scia del successo della dieta mediterranea dichiarata patrimonio dell'umanità dall'Unesco".