Il decimo anno di gestione aziendale del nuovo team manageriale è stato anche l'occasione per riunire i country manager Biolchim che operano all'estero. "Eventi come questo sono fondamentali per creare coesione all'interno del Gruppo e avere uno scambio di idee", racconta ad AgroNotizie Antonio Di Nardo, direttore commerciale di Biolchim Italia. "E' quanto mai vera la massima che afferma che una formica da sola non può fare nulla, mentre un intero formicaio può spostare un elefante".
"La nostra presenza internazionale e il costante dialogo con gli agricoltori ci mettono nelle condizioni di comprendere nel dettaglio le esigenze del mercato", spiega ad AgroNotizie Leonardo Valenti, ceo di Biolchim. "Oggi ci troviamo davanti a vecchie sfide e a problemi nuovi, come i cambiamenti climatici. Ostacoli che noi siamo in grado di affrontare grazie al bagaglio di esperienze accumulato negli anni e alle nuove soluzioni che abbiamo nella nostra densa pipeline di Ricerca e Sviluppo".
L'opportunità dell'Africa
Biolchim è una società che ha una forte vocazione all'internazionalizzazione. Presente in oltre 60 paesi, ha filiali in Stati come la Cina, il Brasile o la Nuova Zelanda. Un focus particolare è stato dedicato all'Africa con l'intervento di Renzo Piraccini, presidente e amministratore delegato di Macfrut. "Secondo la Fao nel 2050 saremo oltre 9 miliardi di persone e la maggiore crescita della popolazione globale si avrà in Africa. Questo ci pone la sfida di aumentare quantità e qualità delle produzioni, in particolare ortofrutticole".La maggiore richiesta di frutta e verdura da parte delle popolazioni locali rappresenta un'interessante opportunità di sviluppo delle economie dei paesi africani, ma anche di export per le aziende italiane che commercializzano mezzi tecnici e tecnologie per la filiera.
Se il Sud Africa si conferma l'economia più sviluppata e dinamica della regione, con grandi aziende agricole vocate all'export, gli altri paesi dell'Africa subsahariana hanno produzioni ortofrutticole molto limitate, che in pochi casi prendono la strada dell'esportazione. Eppure in Stati come l'Etiopia, il Senegal, la Costa d'Avorio o il Ghana l'economia cresce ad un ritmo vicino al 10% annuo e dunque è prevedibile che questi Stati in futuro avranno bisogno di mezzi tecnici per soddisfare la domanda interna e sempre di più anche quella esterna.
Se si esclude il Sud Africa, che ha un settore primario moderno ed efficiente, il tessuto imprenditoriale agricolo del resto del continente versa in una situazione piuttosto critica. Con piccolissimi produttori che riforniscono i mercati informali locali e medie aziende che cercano di vendere la propria merce nelle catene della grande distribuzione. Mancano tuttavia le infrastrutture di trasporto e della catena del freddo. E anche all'interno delle aziende agricole si lavora con strumenti basici.
Le prospettive tuttavia sono positive ed è prevedibile che molti Stati seguiranno l'esempio dell'Etiopia, paese politicamente stabile e con un'economia in crescita che ha visto un forte sviluppo del settore primario e che importa mezzi tecnici e tecnologie dall'Europa ed esporta prodotti agricoli nel mondo.
Una questione di soddisfazione
Uno dei crucci principali degli agricoltori è il prezzo di vendita dei prodotti che raccolgono in campo. Per questo conoscere come cambia il gusto dei consumatori è fondamentale per intercettare nuove tendenze o arrivare sul mercato con il prodotto giusto al momento giusto. "Oggi il consumatore è insoddisfatto dei prodotti ortofrutticoli che trova sui banconi della grande distribuzione", ha spiegato alla platea Roberto Della Casa, professore dell'Università di Bologna. "E' alla costante ricerca di qualità e di gusto ed è disposto a spendere di più per ottenerli".E la qualità, ha ricordato Della Casa, si ottiene in campo e non in magazzino o in cantina (come avviene per il vino). E' dunque necessario che gli agricoltori producano sempre al meglio e che tutti gli attori della filiera, Gdo in primis, si sforzino di far percepire al consumatore il livello qualitativo che già oggi viene raggiunto da molti prodotti, ma che in molti casi non viene valorizzato in una deleteria guerra dei prezzi che ha come unica leva di marketing lo sconto o il sottocosto.
Se da un lato dunque "la Gdo deve educare alla qualità", tutta la filiera deve alzare il livello di competitività del prodotto puntando sulla unicità del made in Italy. D'altronde i dati presentati da Della Casa sono eloquenti, visto che una buona fetta dei consumatori sarebbe disposta a pagare di più per prodotti migliori, ad esempio sotto il profilo del gusto o della conservazione.