È partita dal Condifesa Treviso l’idea che potrebbe rivoluzionare le pratiche di diserbo nella coltivazione dei seminativi, con possibili applicazioni anche nell’agricoltura biologica.
Nasce dall’esperienza sul campo e da un attento lavoro di monitoraggio, l’idea del tecnico Oddino Bin di realizzare e sperimentare un prototipo di sarchiatrice a 8 file capace di lavorare il terreno abbattendo drasticamente l’utilizzo della chimica nella gestione delle malerbe.
Non si tratta di un progetto in solitaria, ma di un grande risultato raggiunto grazie ad una rete di collaborazioni che ha visto impegnati oltre al Condifesa Treviso guidato dal presidente Valerio Nadal, Veneto Agricoltura con Lorenzo Furlan, dirigente del Settore Ricerca Agraria, il Cnr con Maurizio Sattin, Luigi Sartori, professore associato Tesaf dell’Università di Padova e le aziende Maschio Gaspardo, John Deere, Sergio Bassan, Barbaran Servizi, Dema di Mason Sergio & C per la preparazione del prototipo e le società agricole Stalla Sociale di Monastier e Case Levi di Zenson di Piave, opinion leader nel settore, che hanno messo a disposizione 20 ettari di superficie coltivata a mais per la sperimentazione.
La chiave di volta del progetto è racchiusa nelle infinite possibilità che la tecnologia può oggi offrire: la sperimentazione è partita dall’agricoltura di precisione, allestendo la sarchiatrice con un sistema di guida satellitare Gps/Rtk con cui si è lavorato il terreno fin dalla semina, avvenuta il 20 e il 30 marzo scorsi, mappando l’intera superficie.
Quindi gli interventi di sarchiatura e diserbo localizzato sono stati effettuati nei giorni 13 e 14 maggio dove era stata rilevata una forte presenza di malerbe, in particolate a foglia larga e graminacee. Al contrario della tecnica tradizionale, non sono stati utilizzati 6kg di erbicida (4kg in pre-emergenza e 2kg in post-emergenza) ma solo 200g, abbattendo così del 97% l’utilizzo di prodotti chimici sul campo. La sarchiatrice ha potuto lavorare oltre 4ha/h ad una velocità di 8km/h diserbando una fascia di 7-8 cm dalla pianta, solo tra pianta e pianta è stato irrorato l’erbicida grazie ad un nuovo sistema di ugelli incrociati che colpiscono la pianta lateralmente con un minore utilizzo di prodotto.
Nell’ipotesi di applicazione di questo sistema sull’agricoltura biologica, grazie alla lavorazione meccanica di precisione ottenuta con l’impiego delle più moderne tecnologie, è possibile immaginare la diffusione della pratica biologica anche su grandi estensioni di terreno, accettando il possibile sviluppo di infestanti su una superficie del 10% sul totale di quella coltivata.
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Fonte: Condifesa Treviso