Retato o liscio, arancione, giallo o bianco: il melone (Cucumis melo L.) è fra i frutti simbolo dell'estate, apprezzato per la sua polpa carnosa e rinfrescante. Forse però non tutti sanno che in Italia si coltiva soprattutto fra la Lombardia e l'Emilia Romagna. E la concentrazione in uno specifico areale gli ha permesso di ottenere nel 2013 l'Indicazione Geografica Protetta (Igp), rendendolo di fatto l'unico melone certificato del nostro Paese.

 

Essendo così peculiare la sua filiera è stata protagonista della prima edizione del Simposio del Melone Mantovano Igp tenutosi il 24 luglio 2025 a Mantova. Organizzato dal Consorzio di Tutela e Valorizzazione del Melone Mantovano Igp l'evento ha riunito più di 200 partecipanti fra tecnici, agronomi, produttori, aziende sementiere, buyer e Gdo. Il Simposio ha toccato tre tematiche importanti: produzione, consumi e cambiamento climatico che influenzano in maniera trasversale la disponibilità del prodotto fresco sul mercato.

 

In questo articolo AgroNotizie® fa una panoramica dei dati e delle riflessioni principali emersi durante il Simposio per il futuro della filiera.

 

Dinamiche produttive: focus sull'Italia

A livello nazionale attualmente si contano 16.500 ettari dedicati al melone dopo un calo nel 2023. Per il 2025 si prevede un +2% delle superfici (rispetto al 2024) e si stima una produzione di circa 545mila tonnellate di prodotto raccolto, dati però che dovranno essere confermati. Mentre a livello regionale il melone si coltiva sia al Nord che al Sud Italia, con territori in cui la produzione è maggiormente concentrata.

 

La Lombardia come scritto all'inizio dell'articolo è il territorio più vocato. Dal 2017 al 2023 le superfici sono calate, per poi aumentare negli ultimi due anni. Cso Italy - Centro Servizi Ortofrutticoli ha stimato per l'anno 2025 circa 2.900 ettari, e una crescita del 5-6% ogni anno nell'ultimo biennio.

 

"Nel 2024 la produzione non è stata eccelsa per via di diversi problemi climatici. Il 2025 invece è andato sicuramente meglio; quindi, si prevedono rese maggiori rispetto all'anno scorso, con una produzione di poco meno di 100mila tonnellate" spiega Elisa Macchi, direttrice di Cso Italy.

 

Qui le aziende coltivano principalmente melone retato (80%), mentre la quota restante è rappresentata dal melone liscio (20%). Le tecniche colturali più diffuse prevedono l'impiego dei piccoli tunnel (80%), seguiti dalla serra (19%) e, in misura minore, dal pieno campo (4%).

 

"Se teniamo conto solo del melone a polpa arancione, sia retato che liscio, la Lombardia stando molto cauti rappresenta almeno il 30% della produzione nazionale. Questo vuol dire che per questa tipologia di varietà è la prima Regione produttrice di melone".

 

Si passa poi all'Emilia Romagna che ha registrato, come la Lombardia, una crescita delle superfici.

 

"Nel 2025 si stimano circa 1.300 ettari dedicati al melone. Anche le produzioni sono in incremento, tra le 40mila e le 45mila tonnellate rispetto al passato, e con rese un pochino più stabili".

 

Le aziende emiliano romagnole coltivano principalmente il retato (63%), mentre la quota restante è rappresentata dal liscio (37%). Anche in questo caso il piccolo tunnel è oltre il 60% del totale, mentre il 38% viene coltivato in serra e solo l'1% in pieno campo.

 

Il Veneto invece è passato da 1.200 ettari a 800 ettari, e attualmente le superfici rimangono stabili anche per il 2025. Per questo territorio la produzione stimata è di 25mila tonnellate e la varietà prevalente è il retato.

 

Le superfici a melone in Italia

Le superfici a melone in Italia presentate da Elisa Macchi di Cso Italy

(Fonte: AgroNotizie®)

 

Passando al Sud Elisa Macchi inizia dalla Sicilia: "Nel 2025 abbiamo stimato circa 4.400 ettari. La varietà prevalente in questo caso è il gialletto 65-70%)".

 

In Puglia invece le superfici ammontano a circa 1.700 ettari, con una produzione che supera le 40mila tonnellate. Rispetto ai precedenti anni però la tendenza è in calo. Anche qui la varietà prevalente è il gialletto, mentre retato e liscio rappresentano il 4-5%.

 

Si passa poi in Campania: "Dalle stime svolte in questa Regione c'è un calo importante delle superfici nell'area di Salerno, Napoli e Caserta. Nel 2025 c'è stato un incremento di poco più di 900 ettari rispetto all'anno precedente". La varietà prevalente è il retato (74%) seguito dal liscio (24%) e la quasi totalità viene coltivata in serra.

 

Infine, in Basilicata i numeri sono sostanzialmente diversi perché si registra una crescita progressiva delle superfici, a differenza delle altre regioni. "Oggi la Basilicata ha 800-900 ettari dedicati, con una produzione di oltre 27mila tonnellate. In questo caso il 60% è di gialletto, un 5% di retato e un 5% di varietà verdi".

 

Tirando un po' le somme si nota come ogni territorio si identifichi in una determinata varietà e viceversa.

 

"Oggi per il consumatore il rapporto tra produzione e territorio è un focus molto importante. Valorizzare il prodotto attraverso il territorio e viceversa, specializzarsi su una varietà per creare un surplus all'areale, è un valore aggiunto positivo per questa coltivazione" conclude Macchi.

 

Uno sguardo anche all'Europa

In Europa le superfici coltivate si ripartiscono principalmente in tre Paesi Europei: Spagna (28%), Italia (27%) e Francia (23%). Questi sono poi seguiti con uno stacco importante dalla Bulgaria (7%), che è in crescita, e dalla Grecia (6%).

 

L'Italia e la Spagna coprono assieme il 55-56% della produzione europea, se si conta anche la Francia i tre Paesi arrivano a coprire l'80%. Questa situazione però è diversa rispetto a dieci anni fa: gli ettari a melone, infatti, sono calati con una diminuzione molto marcata in Spagna (da 24mila a 16mila ettari) e meno in Italia nello stesso periodo di tempo.

 

La produzione di melone ammonta per la Spagna a 600mila tonnellate, l'Italia a 500mila tonnellate e la Francia a 300mila tonnellate.

 

Mercato e consumi: tendenze e spunti

"Il melone, così come tanti prodotti agroalimentari, è posto di fronte ad una sfida, cioè quella di ritagliarsi uno spazio, conquistarlo e mantenerlo. Uno spazio all'interno di un mercato in continuo movimento e soprattutto dentro la mente del consumatore" dice Roberto Rainò, market research analyst di Sg Marketing. Il consumatore oggi è sempre più attento e responsabile, ed è anche più consapevole del proprio potere di acquisto.

 

Ma come viene vissuta questa categoria di prodotto? Quali sono le scelte che guidano o frenano l'acquisto? E come viene percepita l'origine certificata?

 

Per rispondere a queste domande Sg Marketing ha svolto un'analisi su un campione di 2.600 acquirenti di melone nei tre Paesi produttori, ovvero Spagna, Italia e Francia che sono accomunate dalla stessa attitudine di consumo. "Dal nostro panel di riferimento la percentuale di chi ha consumato melone negli ultimi 12 mesi non scende mai sotto il 70%. I dati sono un 73% in Spagna, 77% in Francia e 80% in Italia".

 

Cambia però la tipologia di melone acquistato: "In Italia la categoria che più penetra il consumo è quella a polpa arancione, in particolare il retato. Stesso comportamento lo si nota anche in Francia. In Spagna invece il consumatore è particolarmente affezionato alla polpa chiara; quindi, meloni verdi o gialletto" spiega Rainò.

 

Per quanto riguarda i "livelli di servizio" il melone intero è sicuramente quello più acquistato, ma esistono anche altre categorie come il melone tagliato a metà o quello già pronto a cubetti che rimangono comunque delle nicchie di mercato.

 

Altre caratteristiche fondamentali per l'acquisto sono il grado di maturazione, il prezzo e le certificazioni di provenienza Igp e Dop.

 

Per le certificazioni di provenienze l'esperto sottolinea: "La ricerca di marchi Dop e Igp introduce un altro tema fondamentale che è quello delle aree vocate. Il consumatore è consapevole che alcune zone sono più vocate di altre, e in quelle ad alta vocazione ci sono anche maggiori garanzie per il prodotto. Per esempio, il melone risulta più saporito, più fresco e più controllato lungo tutta la filiera".
Rainò però chiarisce che in Italia la conoscenza specifica delle zone non è così elevata: solo il 36% dei consumatori sa identificare un areale preciso di coltivazione del melone (Francia 69% e Spagna 54%).

 

Il comparto, quindi, ha ancora molto lavoro da fare per valorizzare al meglio il prodotto e un grande aiuto secondo l'esperto è quello di usare proprio la certificazione Igp. Ma non solo, il comparto dovrebbe anche accorciare il gap esistente fra i desideri di chi acquista e l'effettiva comunicazione presente nei punti vendita.

 

Preferenze di acquisto del melone in Italia, Spagna e Francia

Aspetti più importanti presi in considerazione in fase di acquisto in Italia, Francia e Spagna. La slide è di Roberto Rainò di Sg Marketing

(Fonte: AgroNotizie®)

 

Stessa crop ma clima che cambia

Oltre alla sfida di dover comunicare correttamente al consumatore il comparto deve affrontare anche gli effetti della crisi climatica, oramai più attuale che mai.

 

L'Italia in particolare è un hotspot climatico, dove i cambiamenti legati al clima hanno colpito con un'intensità superiore a quella media planetaria. Infatti, le temperature medie registrate sono salite oltre i 2 gradi.

 

"Nel nostro Paese i precedenti tre anni - in ordine 2024, 2022 e 2023 - sono stati i più caldi degli ultimi due secoli. Se diciamo che non ha mai fatto così caldo in Italia è una verità, anche al Nord Est in Regioni quali Venezia, Emilia Romagna e la parte orientale della Lombardia le temperature sono rapidamente salite" spiega Andrea Giuliacci, meteorologo e divulgatore scientifico.

 

Per quanto riguarda le piogge la quantità è rimasta più o meno invariata, anzi si è notata una leggera diminuzione ancora però non significativa per la comunità scientifica. A modificarsi però è il numero di giorni piovosi che si è contratto notevolmente.

 

"Questo che cosa significa? Che arriva la stessa quantità di pioggia tutta concentrata in un solo evento. Quindi, l'acqua quando arriva è più violenta e più intensa. E se diminuisce il numero di giorni piovosi, significa che aumenta la probabilità di andare incontro a lunghi periodi di siccità. I dati meteo, perciò, confermano che il regime delle precipitazioni si sta estremizzando" conclude Giuliacci.

 

Che cosa aspettarsi dal futuro?

 

Fornire delle informazioni precise non è facile. Le tendenze però mettono in guardia che farà sempre più caldo e diminuiranno i quantitativi totali di pioggia, in particolare al Sud Italia e in parte del Centro Italia. Mentre nel Nord Italia diminuirà di molto la disponibilità nei mesi estivi.

 

Perciò in definitiva i momenti di siccità aumenteranno durante l'anno. Uno scenario che i produttori di melone devono considerare con attenzione, valutando strategie irrigue e tecniche di gestione colturale alternative per garantire la stabilità e la qualità del raccolto.

 

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