Durante la serata, condotta da Sauro Angelini, si sono susseguiti vari ospiti, a partire da Emilio Ferrari, responsabile acquisti grano duro di Barilla. A lui il compito di tracciare in primo luogo una panoramica del ruolo di Barilla e dell'industria nell'ambito dei contratti di coltivazione. "Barilla porta avanti da anni queste filiere, che partono dalle ditte sementiere agli agricoltori, passando dalle cooperative e dai consorzi, stoccatori di primissimo livello, fino ai nostri molini. Questa filiera è un asset strategico per noi, disponiamo di tante varietà grazie ai diversi climi dove gli agricoltori producono per noi".
"Puntiamo su precision farming e riduzione dell'impatto ambientale – ha continuato Ferrari – e questo si aggiunge una riduzione dei costi per i produttori. E' un valore per tutta l'agricoltura nazionale. Circa 10mil aziende agricole hanno sottoscritto accordi con noi, in particolare in Emilia Romagna, Marche, fino a Puglia e Campania".
"Il progetto Barilla è partito in Emilia Romagna alcuni anni fa e ha reso questa Regione un'area fortemente produttiva per il grano, andando a migliorare anche la qualità delle produzioni – ha sottolineato Augusto Verlicchi, esperto cerealicolo ed ex manager di cooperativa – il ruolo degli agricoltori deve essere organizzata e definito tramite le Op. Non è una singola azienda a vincere, ma l'intero sistema. Il nostro obiettivo è che si arrivi a una remunerazione adeguata dei costi e del lavoro dell'agricoltore. Al momento, dal punto di vista produttivo, non siamo ancora autosufficienti per l'industria".
A rimarcare l'importante ruolo delle Op è Massimo Masetti, direttore del Consorzio Agrario di Ravenna. "Bisogna proporre nel modo giusto questi contratti di filiera, che devono rivelarsi delle opportunità per i produttori. Tramite le Op aggreghiamo prodotto e facendo massa critica possiamo presentare una voce univoca al tavolo delle contrattazioni. Grazie all'Op Cereali, per esempio, nel 2019, siamo riusciti ad alzare l'asticella della volpatura accettata su grano duro, che è stato il grave problema qualitativo dello scorso anno. Grazie a questa aggregazione siamo riusciti a portare a casa un risultato non scontato".
Di rilevanza l'aspetto genetico, in relazione con i cambiamenti climatici e le scelte aziendali a supporto. "Il cambiamento climatico imporrà grandi modifiche – ha ricordato Luigi Cattivelli, direttore del Crea genomica – ricerca e innovazione dal punto di vista genetico sono fondamentali per rispondere a queste nuove esigenze. Non esiste agricoltura senza genetica. Come Crea lavoriamo a varietà che si possano adattare sia il clima che alle esigenze del mercato e dell'industria".
E' la precision farming però la spinta innovativa forse più forte che le aziende agricole possono imprimere.
"In alcune imprese agricole l'agricoltura di precisione ci è entrate e queste aziende non ne possono più fare a meno – ha ribadito Enrico Gambi, imprenditore agricolo – come agricoltori dobbiamo sfruttare il momento. La pandemia ha portato a una rivalutazione della terra, dell'agricoltura e del valore agricolo. Questa nuova immagine dobbiamo poterla sfruttare, e gli strumenti dell'agricoltura di precisione sono sempre più fondamentali in un'ottica di riduzione dell'impatto ambientale".
"Come Horta facciamo ricerca di base e applicata su telefoni e altri strumenti per gli agricoltori – ha spiegato Pierluigi Meriggi, presidente dell'omonimo spin off – il supporto alle decisioni è fondamentale per affrontare il cambiamento climatico. L'irrigazione sul grano, così come il trattamento fungicida, è una scelta imprenditoriale. Se questo fa aumentare il reddito e il suo costo aumentano meno che proporzionalmente al guadagno, è una scelta giusta da fare, altrimenti no. La raccolta dei dati, in questo scenario, diventa sempre più fondamentale".
In questo diventa sempre più importante l'alta meccanizzazione.
"La precision farming nasce dalle macchine – ha sostenuto Fabio Garavelli di Fendt – le nostre macchine danno tante informazioni e nostro compito è elaborare dati e trasmetterne l'importanza".
A chiudere, poi l'esempio del QdC® - Quaderno di Campagna, spiegato da Ivano Valmori, ceo di Image Line.
"Il prodotto agricolo non parla da solo, ma per valorizzarlo ha bisogno di una serie di dati in grado di raccontare una storia al consumatore finale. Per narrare una poesia sul prodotto servono quindi una rielaborazione di dati. Con il Quaderno di Campagna si raccolgono tanti dati, dai trattamenti in campo alla gestione del magazzino, fino ai costi colturali. La rielaborazione di questi dati porta a creare una storia che sta alla base della filiera di quel prodotto".