Grazie ai ritardi della burocrazia italiana (anzi degli italiani, sembra la stessa cosa ma non è vero), siamo ancora qui a parlare di un argomento che ormai dovrebbe far parte solo della storia della fitoiatria e al massimo insegnato nel corso di “Storia dell'agricoltura” all'Università: il patentino per prodotti fitosanitari e coadiuvanti “molto tossici, tossici e nocivi”.
Dal 26 novembre 2015 (data che sicuramente verrà menzionata nei prossimi corsi di insegnamento della disciplina citata) si dovrebbe parlare solo di “Certificato di abilitazione all'acquisto e all'utilizzo” che, come la patente di guida per tassisti, camionisti e autotrasportatori in genere, non dovrebbe mancare nella dotazione minima di chi, per passione o per necessità, ha deciso di fare della fitoiatria la propria professione.
Invece il decreto interministeriale che dovrebbe definire le caratteristiche dei prodotti fitosanitari per uso non professionale tarda ad arrivare (è atteso in primavera) e non essendo possibile di punto in bianco obbligare alcuni milioni di agricoltori del fine settimana (oltre 10 secondo Nomisma) a frequentare i corsi di abilitazione all'acquisto e all'utilizzo degli agrofarmaci (fosse poi così facile) per trattare i fiori sul balcone, le autorità hanno di fatto prorogato la scadenza mantenendo i vecchi criteri in attesa di tempi migliori.
Il comunicato del 26 novembre 2015, come spesso accade con le comunicazioni in burocratese, è stato interpretato in modo differente a seconda di chi lo leggeva, un po' come il soldato che aveva chiesto informazioni alla Sibilla Cumana sull'esito della propria missione di guerra (Ibis redibis non morieris in bello1). I consigli diffusi dalle varie organizzazioni professionali, forti dei loro contatti diretti con le autorità, raccomandano di leggere tra le righe del comunicato, non perdendone di vista le finalità: fare in modo che i prodotti fitosanitari e i coadiuvanti venduti senza “patentino” finiscano solo a clienti che non li utilizzino a scopo professionale. In effetti il buon senso suggerirebbe di dubitare di chi vuole acquistare senza patentino una confezione da 10 litri di un prodotto fitosanitario, anche se privo di classificazione tossicologica. Ma questo chiarimento sarà fornito solo nel tanto atteso decreto interministeriale!
Come uscire da questa situazione tipicamente kafkiana? Ma semplice: una bella autocertificazione e passa la paura!
Il rivenditore che si vuole cautelare si dovrebbe far rilasciare dal cliente un'autocertificazione in cui dichiara che non utilizzerà per scopi professionali prodotti fitosanitari e coadiuvanti acquistati senza patentino. Non sappiamo se in caso di controlli ciò sarà sufficiente a scongiurare sanzioni comminate da funzionari scesi dal letto con il piede sinistro o se potrà solamente testimoniare la buona volontà dell'operatore. In ogni caso sarà meglio di nulla.
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