"Ciclicamente - denuncia Unaproa, Unione nazionale tra le organizzazioni dei produttori ortofrutticoli, agrumari e di frutta in guscio - ci troviamo a fronteggiare problemi nel settore, ma quest’anno la campagna è particolarmente sotto tono, con prezzi inferiori anche del 40%. Una caduta delle quotazioni dovuta a una complessa congiuntura di fattori, che vanno dal decremento del consumo alle circostanze climatiche, dalle caratteristiche intrinseche del prodotto - connotato da forte deperibilità - alla crisi economica in atto".
Il risultato - insostenibile per le Op - è un prezzo pagato al produttore inferiore ai costi di produzione che lo stesso deve sostenere e che tra l’altro non coincide con un abbassamento del prezzo per il consumatore finale, che si mantiene alto e non proporzionato al valore d’acquisto pagato al produttore.
"In questo modo sono totale onere del produttore i costi che garantiscono al consumatore salubrità e sicurezza del prodotto - nota Unaproa - mentre l’onore di questa eccellenza viene del tutto incassata dal distributore che – a suo esclusivo vantaggio – ne fa leva di marketing verso l’acquirente".
Si parla di un settore particolarmente strategico per il Sistema Paese con oltre 1,5 milioni di tonnellate di produzione. Unaproa sottolinea la gravità della situazione e propone una soluzione shock, una via provocatoria per accendere i riflettori sulla crisi e cercare una svolta, senza attendismi né dilazioni.
"Facciamo fronte comune assieme a Spagna, Francia e Grecia e sospendiamo la produzione di pesche – incalza il presidente di Unaproa Ambrogio De Ponti -. Serve un gesto shock provocatorio per far sì che vengano finalmente puntati i riflettori sul settore e si colga la reale entità del problema".
De Ponti chiede che vengano definiti a livello europeo, per il tramite del nostro ministero delle Politiche agricole, dei costi di produzione al di sotto dei quali il prezzo pagato ai produttori non possa scendere.
"È una misura che innanzitutto si appella a una regola etica di rispetto del lavoro, un imperativo morale che impone che sia interrotto il cortocircuito di incompatibilità tra i costi di produzione e quanto riconosciuto dagli acquirenti. I Paesi importatori - spiega ancora il presidente Unaproa – ci obbligano a produrre certificazioni su certificazioni, con un’incidenza notevole sui costi di produzione, senza garanzie sui prezzi per i coltivatori. Anzi, ben prima della stagione delle pesche, già a febbraio, eravamo a conoscenza di offerte al ribasso promosse dai distributori, non sostenibili".
Dall’Unione dei produttori ortofrutticoli viene indicata una via per aiutare il settore a risollevarsi. In particolare, De Ponti avanza due proposte concrete.
"La prima è l’equiparazione per il ritiro della parte residuale di prodotto alle stesse modalità riservate per la beneficenza - ovvero senza il cofinanziamento da parte dei produttori - tale da consentire almeno la copertura dei costi - illustra De Ponti - La seconda è che la sperimentazione prevista da qui a due anni per rendere meno volatili i prezzi attraverso la creazione dei fondi di solidarietà venga anticipata a ora: l’emergenza non è procrastinabile e l’aiuto serve adesso".
Inoltre, considerati i costi di produzione inferiori negli altri Paesi esportatori - si parla di circa un 50% in meno per quanto riguarda la Grecia e di un 30% in meno per la Spagna - Unaproa chiede al ministro dell’Agricoltura un aiuto concreto per poter essere realmente competitivi, a cominciare, per esempio, dal taglio dei costi contributivi e da una protezione, laddove c’è produzione locale italiana, del prodotto interno rispetto a quello estero.
"La posta in gioco – mette in guardia il presidente di Unaproa – non è di poco conto: è l’implosione stessa dell’intero settore delle drupacee, con i gravi riverberi economici e sociali che la cosa comporterebbe".
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Fonte: Unaproa