"Non possiamo sapere come evolverà la situazione, ma auspichiamo che si faccia una programmazione pluriennale, una rivisitazione della scaletta di pagamento che possa determinare una maggiore stabilità dei prezzi anche in fase di campagna e non la volatilità al ribasso che si è generata nel 2012. Oltre ad un prezzo che possa rendere competitivo un settore importante per l’economia agricola emiliana. Questo ce lo auguriamo per la tenuta del comparto".  

Interviene così, Enrico Chiesa, presidente di Confagricoltura Piacenza, sulla trattativa per il prezzo del pomodoro da industria che, al momento, si è arenata sui  71 euro/ton. 
Un prezzo che preoccupa - e non poco - Chiesa, dal momento che il prezzo proposto dall'industria 
segna un ulteriore calo rispetto degli 88 euro/ton del 2011 e agli 84 euro/ton del 2012. Con un ritorno, in sostanza, ai livelli del 2010, prima dell'introduzione del disaccoppiamento. Contestualmente, i trasformatori richiedono la riduzione delle superfici di almeno un ulteriore 20%.
 

"La trattativa si è arenata – afferma Chiesa –. I produttori non ravvisano alcun motivo per arrivare ad un accordo reputato insoddisfacente per quanto riguarda il prezzo base di riferimento e inaccettabile per la mancata volontà di rivedere le tabelle quali-quantitative che nella scorsa campagna hanno generato non pochi problemi".


Chiesa spiega poi che la coltura del pomodoro da industria perde di anno in anno redditività, mentre sono già ben consistenti gli aumenti dei costi produttivi e l’incremento della tassazione a carico del settore.
"In questa fase siamo in continuo confronto con le organizzazioni di prodotto e stiamo monitorando la trattativa - spiega il numero uno di Confagricoltura Piacenza -. Sono già in calendario una serie di incontri avviati sia a livello locale, con al centro il tema della cooperazione, sia riunioni della nostra sezione di prodotto per un confronto aperto sul tema. E’ in atto un ampio e continuo dialogo con i produttori delle province limitrofe vocate alla coltura del pomodoro da industria parimenti alla nostra".

Difficile sapere, ora, quali saranno le prospettive del comparto, a trattativa conclusa. 

"Ci troviamo di fronte a grandi sfide, ognuno deve fare la sua parte - conclude -. Oggi più che mai, il settore primario non viene messo nelle condizioni di poter essere competitivo: troppi costi, troppa burocrazia e impossibilità di introdurre nuova tecnologia nel sistema a causa di un atteggiamento populista. Urge un cambio di rotta con il contributo positivo anche della trasformazione".

 

Federazione nazionale di prodotto del pomodoro da industria di Confagricoltura
 
Il presidente della Federazione nazionale di prodotto (Fnp) del pomodoro da industria di Confagricoltura, Marco Nicastro, sottolinea che, a causa di una mancata programmazione, si ha un surplus delle quantità prodotte rispetto al fabbisogno dell’industria, che ritira a prezzi stracciati.

Secondo Nicastro, per risolvere la questione, sarebbe stato necessario chiudere l'accordo a gennaio, fissando le quantità da consegnare e "un prezzo minimo sostenibile" remunerativo per la parte agricola. “Non è concepibile - aggiunge Nicastro - che un imprenditore continui a produrre sotto costo. Questo è un problema di etica contrattuale che oggi trova un alleato nell’art. 62 che stabilisce la sanzionabilità di pratiche sleali".
 

Coldiretti Piacenza

Profondamente amareggiato per la situazione è il presidente di Coldiretti Piacenza, Luigi Bisi, che afferma: "Non accettiamo una 
proposta ad un prezzo così scandaloso
". Il numero uno dell'organizzazione provinciale ha poi spiegato: "Negli anni scorsi non sono stati coperti i costi di produzione perché il prezzo era basso e la scaletta qualitativa è sempre stata peggiorativa".

Bisi sottolinea che gli agricoltori stanno valutando la convenienza economica della coltura, "penso che la proposta degli industriali - afferma - sia la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Durante l'anno si sentono tante belle parole da parte degli attori della filiera - spiega il presidente di Coldiretti Piacenza -, ma è in questi momenti che si dimostra la volontà di farla effettivamente crescere. I produttori non possono mandare avanti le aziende con le parole".

E così, a pochi giorni dalla semina, gli imprenditori agricoli si chiedono se valga ancora la pena coltivare l' "oro rosso".