Il Gruppo Brazzale promuove l’etichetta di filiera: si parte innanzitutto dall’indicazione volontaria d’origine della materia prima, specificando i luoghi in cui avviene ogni fase della produzione dei formaggi del suo assortimento, dal caseificio fino a stagionatura e confezionamento. Questo elemento, secondo il gruppo Brazzale, consente al consumatore di valutare la reale salubrità del prodotto che porta nel piatto, della filiera in cui è nato, della sostenibilità ambientale e del benessere animale. L’obiettivo della nuova etichetta di filiera del Gruppo Brazzale è rimettere al centro il consumatore.

Questo nuovo sistema di etichettatura vuole essere una risposta concreta, volontaria, alle esigenza dei consumatori di avere le informazioni più complete sull’intero ciclo dal quale nasce un prodotto – sottolinea Roberto Brazzale, presidente del gruppo caseario veneto – Finalmente il consumatore potrà scegliere consapevolmente un sistema produttivo e condizionare lo sviluppo virtuoso di filiere sostenibili”.
 

L’etichetta è la carta d’identità della filiera agricola e zootecnica ecosostenibile, l’unica certificata nel settore, realizzata da Brazzale in Repubblica Ceca per la produzione del Gran Moravia, formaggio a pasta dura, del Verena e del burro. Nella nuova etichetta di filiera sono indicati in modo preciso ed analitico i dati significativi e importanti, a cominciare da quelli relativi alla salubrità del prodotto e del suo ridotto impatto ambientale: innanzitutto l’assenza di aflatossine nel prodotto finito e il carico di nitrati, 5 volte inferiore ai limiti comunitari e 10 volte inferiore a quello italiano.
Altro indice fondamentale è la produzione in azienda di tutto il foraggio e la disponibilità dei terreni, 10 volte superiore a quella italiana, che permette così di raggiungere una qualità maggiore dei foraggi. A questo si aggiunge il benessere animale, che si misura con la disponibilità di spazio per capo e la struttura delle stalle che compongono la filiera, con cuccette singole per il bestiame.

Sono dati significativi, anche per valutare la bontà della materia prima, come testimonia la produzione media giornaliera di latte per singolo capo (solo 24 litri). L’etichetta fornisce anche dati relativi all’impronta idrica del prodotto, di soli 72 litri per chilogrammo, oltre a specificare l’utilizzo di caglio vegetale, che rende il formaggio adatto anche nel consumo dei vegetariani.