A lanciare l'appello a sostegno della frutticoltura delle nostre terre è stata Confagricoltura Emilia Romagna in quanto "l'inverno mite ha anticipato la ripresa vegetativa di alcune specie di albicocco, a fioritura precoce, molto diffuse sul territorio (Wonder Cot, Sweet Cot, Rubista e Aurora) e sarà così, a seguire, anche per tutte le altre varietà di drupacee. Il rischio - ha precisato - è che nella fase della fioritura ritorni il freddo, o addirittura il gelo, come avvenne l'anno scorso".
Il prodotto italiano, come ha ricordato Confagricoltura Emilia Romagna, si distingue su tutti per la sua salubrità. Infatti, solo l'1,9% del prodotto nostrano ha residui sotto i limiti di legge, secondo i parametri di salubrità dettati dalla normativa europea, contro il 4% della media Ue (da precisare però che il residuo massimo ammesso per legge è circa cento volte inferiore al limite considerato "rischioso" per la salute). In più, il 65% dei frutti italiani presenta residui con valori talmente bassi da essere definiti "sotto la soglia di rilevabilità" a fronte di quelli dell'Ue che si fermano al 51% (Fonte Efsa, dati 2016).
La colture frutticole si estendono in Emilia Romagna su una superficie di 110mila ettari circa (di cui 50mila coltivati a vite). Dal 2014 vige l'obbligatorietà di attenersi ai protocolli tecnici per l'utilizzo di prodotti fitosanitari, difesa integrata obbligatoria. Mentre gli ettari coltivati secondo i disciplinari di difesa integrata volontaria, ancora più stringenti, sono all'incirca 30mila ettari sui 110mila totali.
"Abbiamo bisogno - ha ribadito Confagricoltura Emilia Romagna - di rilanciare la ricerca pubblica italiana in ambito frutticolo per ottenere varietà adatte alle nostre condizioni pedoclimatiche e al meteo in continuo cambiamento".
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