Dai punti vendita allestiti in azienda direttamente ai mercati rionali, dagli eshop del produttore al camioncino stile "street food", sono molte e variegate, nel 2025, le modalità di vendita diretta per le aziende agricole.

 

Comunque la si pratichi, ha il vantaggio di avvicinare il consumatore finale così da farsi conoscere, di creare un legame con il territorio su cui insiste l'azienda e, tagliando tutti gli intermediari, ha anche il vantaggio di riuscire a ottenere una remunerazione più alta per la produzione rispetto a quella che si otterrebbe vendendo a un grossista, a un intermediario o alla Grande Distribuzione Organizzata (Gdo).

 

Ai più giovani sembrerà esserci da sempre, ma la vendita diretta al consumatore finale per l'azienda agricola è una novità relativamente recente.

 

Di vendita diretta e delle regole da rispettare per vendere al dettaglio si è parlato durante un webinar organizzato da ConsulenzaAgricola.it lo scorso 9 ottobre e intitolato "La vendita diretta in agricoltura: regole, opportunità e aspetti fiscali". Chi volesse infatti intraprendere quest'attività deve essere conscio del perimetro immaginato dal legislatore.

 

Alla base dell'attività c'è la norma Orientamento e Modernizzazione del Settore Agricolo (D.Lgs. 228 del 18 maggio 2001). Quella norma ha infatti dato la possibilità all'imprenditore agricolo di commercializzare i prodotti, anche manipolati o trasformati, e di vendere anche quelli di terzi. L'agricoltore gode di diverse semplificazioni rispetto a chi, come commerciante, vende gli stessi tipi di prodotti. Ciò a patto che siano rispettati alcuni paletti.

 

La vendita diretta come impresa agricola è riservata agli imprenditori agricoli (articolo 2135 del Codice Civile) che esercitano l'attività in forma singola o societaria e che siano iscritti al Registro delle Imprese. Per questi soggetti la vendita è possibile su tutto il territorio nazionale. Sono esclusi dall'attività coloro che sono stati condannati, con sentenza definitiva, per delitti in materia di sanità o di frode nella preparazione di alimenti e ciò per cinque anni dalla sentenza, passata in giudicato. I prodotti venduti devono essere in prevalenza ottenuti dal fondo dell'imprenditore agricolo, possono anche essere acquistati da terzi, purché però questi ultimi siano secondari.

 

Vendita diretta: focus sulla questione della prevalenza

La questione della prevalenza è di grande importanza, così come il fatto che è necessario che i ricavi derivanti dalla vendita di prodotti di terzi non superino i 160mila euro per gli imprenditori individuali e i 4 milioni di euro per le società. Nel caso non si rispetti la prevalenza o non si rispettino i limiti dei ricavi, dall'anno successivo si verrà esclusi dall'applicazione della disciplina semplificata per i produttori agricoli e si passerà ad attività di esercente al dettaglio (D.Lgs. 114/1998), con tutti gli aggravi che ciò comporta.

 

Per esempio, l'imprenditore agricolo non è tenuto a rispettare orari di apertura/chiusura e il legislatore lo ha sollevato dai vincoli urbanistici o dimensionali per i locali. L'attività di vendita diretta infatti non comporta il cambio di destinazione d'uso dei locali ove si svolge la vendita, in tutto il territorio comunale. Per i prodotti originati dalla produzione dell'azienda agricola in questione poi non c'è l'obbligo di indicare i prezzi, anche se è buona norma, per questioni di trasparenza verso il consumatore, farlo sempre.

 

Come valutare dunque se la vendita di prodotti dell'azienda agricola è prevalente rispetto a quella di prodotti acquisiti da terzi? "La prevalenza - ha spiegato Stefano Neri di ConsulenzaAgricola.it durante il webinar - è stata riconosciuta dal legislatore per fidelizzare il cliente. L'imprenditore agricolo infatti ha una produzione limitata per qualità e quantità. Grazie a possibilità di acquistare da terzi, in maniera non prevalente, si ha la possibilità di avere un'offerta più appetibile".

 

Per valutare la prevalenza si ricorre a termini quantitativi nel caso in cui i prodotti siano omogenei altrimenti il criterio è quello del valore. "Se prendiamo ad esempio l'ortofrutta - ha detto Neri - guarderò al costo sostenuto per l'acquisto da terzi. La prevalenza poi va calcolata non su tutta la produzione dell'azienda agricola, ma sulla produzione per la vendita diretta". Se l'imprenditore agricolo acquista prodotti da altri comparti (per esempio un produttore di ortofrutta acquista da terzi formaggi), è necessario che il fornitore sia lui stesso un imprenditore agricolo, per questo il consiglio è di verificare sempre da chi sia acquista nel caso in cui si tratti di un comparto diverso.

 

Vendita diretta: l'inizio dell'attività

Anche l'inizio attività è facilitato per la vendita diretta da parte di aziende agricole. Solo in alcuni specifici casi è necessario comunicarla allo Sportello Unico Attività Produttive, comunque sempre rispettando le disposizioni in materia di sanità e igiene. È necessario darne comunicazione quando si pratica la vendita in forma itinerante, non itinerante su aree pubbliche o in locali aperti al pubblico e online.

 

Un caso particolare, sul quale Stefano Neri di ConsulenzaAgricola.it si è particolarmente soffermato, è quello della vendita direttamente in campo, con contestuale raccolta del prodotto da parte degli avventori. Si pensi ad esempio alla raccolta dei tulipani in campo o alla formula "pick your own", ovvero quando si raccolgono le ciliegie o altra frutta, una pratica che si sta diffondendo anche per la mancanza di manodopera.

 

"Il problema dell'autoraccolta - ha spiegato Neri - è che in caso di controlli da parte dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro potrebbe risultare difficile dimostrare che le persone che stanno raccogliendo non sono operai ma clienti. È quindi opportuno produrre un regolamento che informi le persone sulle modalità di raccolta e dei pericoli eventuali in azienda. È opportuno registrare le persone in ingresso, delimitare le porzioni di impianti cui i clienti possono accedere e in quelle aree non devono accedere operai che contestualmente stanno raccogliendo nella restante parte del fondo".

 

Oltre all'acquisto dei prodotti è possibile anche, per l'avventore, consumare sul posto. È consentito dalla normativa purché non si configuri la somministrazione. La Legge 205 del 2017 ha previsto anche la possibilità di vendere prodotti trasformati, già pronti al consumo. Sostanzialmente l'importante è che non ci sia servizio, non si possono prendere ordinazioni e poi consegnare i prodotti. Non è consentita la predisposizione di ambienti destinati appositamente al consumo, stile "trattoria" o consegnare menù. Si possono distribuire piatti, bicchieri, posate purché siano a perdere. Non può essere richiesto un sovrapprezzo per i prodotti consumati direttamente in loco.

 

Vendita diretta: la tassazione dei redditi

Capitolo a parte è da dedicare alla tassazione dei redditi derivanti dall'attività di vendita diretta. La vendita diretta è un'attività connessa all'attività strettamente agricola e deve essere complementare o accessoria a questa.

 

Queste attività producono quindi reddito agrario e non reddito d'impresa, a condizione che si rispetti la prevalenza e siano presenti nell'elenco apposito del Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 13 febbraio 2015. In caso contrario si produce reddito d'impresa con determinazione forfettaria (articolo 56, comma 2 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi). Quando c'è mera commercializzazione di prodotti di terzi allora si determina il reddito in via analitica.