Agronotizie ha intervistato Piero Ciriani, responsabile della divisione Agroqualità di Sipcam, la quale ha il compito di sviluppare il business della soia a marchio Asgrow.
"Quando parliamo di soia si parla di un business arrivato in tempi relativamente recenti in Sipcam. Nel 2008 è stato infatti stipulato un accordo di licenza delle varietà Monsanto a marchio Asgrow. Si è subito integrata nella product line di Sipcam perché ha trovato una perfetta sinergia con quanto la società stava facendo nel comparto nutrizione e difesa delle colture".
La soia ha fatto capolino più volte in Italia, per lo più grazie a contributi generosi per la sua coltivazione. Però a sempre stentato a sfondare il tetto dei fatidici 200mila ettari... Cosa è cambiato nel panorama mondiale?
"Se parliamo di soia parliamo di una coltura interessante, sia per quanto riguarda le superfici attuali, sia per i potenziali sviluppi. La domanda crescente di proteine vegetali a livello globale, continentale e nazionale, ha quindi suggerito a Sipcam di integrare la propria offerta anche con delle proposte di tipo sementiero. L'idea è quella di valorizzare questa coltura insieme alle altri prodotti e servizi che già ora la società offre. L'obiettivo è quello di arrivare alla composizione di un'offerta di tipo sostenibile all'agricoltore. Dove per sostenibilità intendiamo quella economica, agronomica e ambientale".
Il marchio Asgrow è ben noto nel settore. Qual è il vostro ruolo nella sua affermazione in Italia?
"Per quanto riguarda le varietà da noi proposte si tratta di varietà fra le più conosciute e affermate sul mercato italiano. Ad esse aggiungiamo poi valore attraverso il trattamento al seme, come pure attraverso le concimazioni, sia in semina sia con la coltura in atto, e gli opportuni mezzi di difesa. Il tutto, arrotondato da consigli agronomici puntuali che permettano di raggiungere il massimo risultato alla raccolta. Il nostro compito è quello di individuare e sviluppare quelle varietà Asgrow che si mostrino più adatte ai diversi areali italiani in cui si può coltivare soia. L'obiettivo finale è quello di fornire varietà che funzionino sempre, pur nelle diverse condizioni, supportate da tutto ciò che la coltura necessita per la difesa e la nutrizione".
Come pensa Sipcam di fare espandere la coltura della soia in Italia?
"L'obiettivo è di valorizzare la coltura per renderla interessante in tutte le situazioni. Non quindi come sostituzione di altre colture, ma come una coltura che si integri perfettamente in un sistema intelligente di rotazioni aziendali. Soprattutto nelle realtà del Nord Est, ma anche in altre aree dell'Italia settentrionale, la soia dovrebbe entrare stabilmente nei piani di rotazione delle aziende medio-grandi. Ciò per i vantaggi di tipo agronomico che essa porta, innanzitutto, a livello di fertilità del suolo e controllo delle infestanti. Ma anche dal punto di vista della redditività complessiva dell'azienda agricola".
Le soie di oggi sono un po' diverse, peraltro, dalle soie degli Anni 80... quelle dei contributi generosi, tanto per intenderci...
"Vi è stato infatti un duro lavoro di miglioramento genetico della coltura. Un lavoro che continua con sempre maggiore impegno. E come sempre quando si parla di genetica si deve ragionare in un'ottica di lungo periodo. L'obiettivo è ottenere varietà che siano al contempo molto produttive, ma anche tolleranti alle avversità, biotiche e non. Il punto distintivo però resta quello della quantità e della qualità delle proteine. Stiamo lavorando in questo senso: abbiamo già prove parcellari di soia ad alto contenuto proteico. E pensiamo che questo tipo di offerta possa essere proposta già nei prossimi anni, forse due o tre, per diversificare la possibilità di coltivare soia".
Soia vuol dire proteine di qualità, quindi, ma dove si pensa esse siano maggiormente valorizzate?
"Vi sono filiere estremamente interessanti, come per esempio quella suinicole, baby pig soprattutto, o dell'acquacoltura. In queste filiere vi è la richiesta di concentrati proteici di altissimo valore nutrizionale e un'ottima digeribilità. Le farine di pesce, ottenuti dagli scarti di lavorazione, sono per esempio alla base dell'acquacoltura, ma sono anche molto aumentate di prezzo, in parte a causa della riduzione del pescato. Dobbiamo quindi lavorare per fornire soluzioni sostitutive a bassissimo contenuto di fattori antinutrizionali e ad alto tenore di proteine. Attualmente i processi di concentrazione e cottura dei prodotti (utile alla riduzione dei fattori antinutrizionali, nda) impoveriscono infatti il mangime finale. Stiamo quindi lavorando anche in questa direzione".
Leggi l'articolo sulle novità di Sipcam in materia di difesa
Leggi l'articolo sulla giornata in campo dedicata alla soia
Leggi l'articolo sul Gruppo Sipcam-Oxon
© AgroNotizie - riproduzione riservata
Fonte: Sipcam