Lo annuncia il presidente di Apima Mantova, Marco Speziali. Lo studio sarà di fondamentale importanza per contrastare il fenomeno delle aflatossine oltre la soglia imposta dall'Unione europea, che alcuni parlamentari italiani propongono di elevare per la particolare situazione climatica degli Stati del Sud Europa.
"Quest'anno, per effetto delle elevate temperature combinate alla siccità, la maggior parte del mais della Pianura padana ha superato i valori-limite" riporta Speziali. Che fare, dunque? Impiegare ugualmente il mais, magari a scopi energetici, oppure proibirne ogni utilizzo, compreso quello zootecnico?
"Innanzitutto bisognerebbe mantenere, anche in momenti complessi, la lucidità ed evitare di ingenerare il panico o di giungere a conclusioni affrettate - osserva il direttore di Apima, Sandro Cappellini -. Porre l'attenzione sulla filiera a valle, cioè sullo stoccaggio, è totalmente inutile. Le analisi devono essere effettuate non oltre la fase di raccolta e comunque prima di giungere all'essiccazione. E il mais in cui la presenza di aflatossine risulta essere nei valori ammessi non deve mai mescolarsi al prodotto con una presenza di aflatossine extra-soglia".
Quasi impossibile, tuttavia, "che i centri di essiccazione e di stoccaggio possano contare su una doppia linea per gestire il prodotto, anche per il fatto che una filiera agromeccanica di essiccazione e stoccaggio può costare fino a 2,5-3 milioni di euro". Parola dei contoterzisti, che gestiscono il processo del mais in ogni fase, dalla raccolta, all'essiccazione, allo stoccaggio.
"Respingiamo al mittente quelle analisi che grossolanamente attribuiscono la comparsa delle aflatossine nelle fasi mediane della filiera – conclude Cappellini –. Invitiamo piuttosto quanti desiderano un comparto agroalimentare che garantisca sicurezza al consumatore a sostenere la ricerca e a insistere affinché la presenza di aflatossine nel mais venga rilevata prima della raccolta".
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Fonte: Apima Mantova