L'olio buono si fa in campagna, dicono gli agricoltori. Ed è vero, la scelta delle cultivar, come i metodi di coltivazione e l'ambiente giocano un ruolo fondamentale nel produrre olive di elevata qualità, che saranno poi in grado di dare vita ad un grande olio. Ma se una volta in frantoio i frutti vengono maltrattati, si rischia di vanificare tutto il prezioso lavoro fatto in campagna.
I nemici dell'olio sono l'ossigeno presente nell'aria e le temperature elevate. Questi due fattori portano ad una veloce ossidazione della materia organica, con un calo della presenza di polifenoli (sostanze molto utili al nostro organismo) e la possibile comparsa di difetti nell'olio. Ecco perché, per ottenere un olio extravergine di oliva di qualità, si devono usare macchinari in grado di ridurre al minimo il contatto tra aria e olive e si devono tenere basse le temperature.
Olio extravergine di oliva: un alimento, tante variabili
Quando parliamo di olio extravergine di oliva ci riferiamo non solo a un condimento, ma a un vero e proprio alimento funzionale. La sua composizione lo rende unico: è formato per il 98-99% da gliceridi (soprattutto acido oleico, un acido grasso monoinsaturo benefico per il cuore), ma ciò che ne determina la qualità salutistica e sensoriale è quell'1-2% di componenti minori.
Tra questi figurano composti fenolici (antiossidanti naturali), vitamine (come la E), composti volatili (che ne determinano il profilo aromatico) e pigmenti naturali (che definiscono il colore). Si tratta di molecole sensibili che possono essere degradate da calore, luce e ossigeno, motivo per cui il processo di estrazione deve essere condotto con la massima attenzione.
"È fondamentale che le tecniche utilizzate per l'estrazione preservino integralmente queste sostanze benefiche", ci spiega Marina Bufacchi, ricercatrice presso l'Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo - Consiglio Nazionale delle Ricerche (Isafom - Cnr). "Sono proprio questi composti a conferire all'olio extravergine di oliva le sue proprietà antinfiammatorie, antiossidanti e protettive del sistema cardiovascolare".
Cosa significa estrazione a freddo
L'estrazione a freddo rappresenta oggi la modalità preferita nei frantoi che puntano alla qualità. Per essere definito tale, secondo la normativa europea, il processo deve avvenire a temperature inferiori a 27°C. La prima spremitura a freddo si ottiene con l'uso di presse idrauliche tradizionali: è un metodo oggi poco diffuso, ma ancora utilizzato per produzioni artigianali o in frantoi storici. Più comune è l'estrazione a freddo con centrifugazione, che consente di lavorare in continuo, migliorando efficienza e igiene.
"In entrambi i casi il mantenimento di basse temperature permette di conservare al meglio le molecole aromatiche, i pigmenti e i composti fenolici. Il risultato è un olio di elevata qualità nutrizionale e sensoriale", spiega Marina Bufacchi. Gli oli così ottenuti possono vantare in etichetta le menzioni "estratto a freddo" o "prima spremitura a freddo", riconoscibili e apprezzate dai consumatori più attenti.
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E l'estrazione a caldo?
Non tutti i frantoi scelgono l'estrazione a freddo. In alcuni casi si opta per temperature più elevate per facilitare il rilascio dell'olio dalla pasta di olive e incrementare la resa. Tuttavia, questa pratica può compromettere la qualità dell'olio: i composti volatili si degradano, i polifenoli si ossidano e anche il colore tende a virare verso tonalità meno vivaci. Il prodotto risultante, pur essendo ancora un olio vergine, potrebbe non superare i parametri richiesti per la classificazione "extravergine" (come vediamo in seguito).
Inoltre, l'aumento della temperatura può alterare l'equilibrio aromatico e diminuire la shelf life del prodotto. Per questo motivo oggi l'estrazione a caldo viene adottata principalmente per oli destinati a miscele, raffinazione o usi industriali, dove la qualità organolettica non è prioritaria.
Classificazione merceologica: extravergine di oliva, vergine e lampante
Non tutti gli oli ottenuti da olive possono essere classificati come extravergini.
La normativa europea distingue infatti tre categorie principali di oli vergini:
- Extravergine: acidità libera ≤ 0,8% e assenza di difetti al panel test.
- Vergine: acidità libera ≤ 2% e difetti lievi (mediana ≤ 3,5).
- Vergine lampante: acidità > 2% o presenza di gravi difetti sensoriali. Non è idoneo al consumo diretto.
La valutazione sensoriale è affidata a panel test ufficiali che giudicano aroma, gusto, equilibrio e difetti. Se un olio non supera il test, non può essere venduto come extravergine di oliva, anche se ha parametri chimici in regola. "L'esame organolettico è un passaggio cruciale, perché solo l'analisi sensoriale può rilevare difetti come il riscaldo, il rancido o il fieno, spesso dovuti a cattiva conservazione, olive danneggiate o lavorazioni poco accurate", precisa Marina Bufacchi.
Al di fuori degli oli vergini, il mercato propone anche altre categorie, spesso poco comprese dai consumatori.
Eccole descritte (tratto dal manuale "Olivicoltura. Coltivazione, olio e territorio" di Barbara Alfei, Giorgio Pannelli e Antonio Ricci):
- Olio di oliva raffinato: olio di oliva ottenuto dalla raffinazione dell'olio di oliva vergine, con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 0,3 grammi per 100 grammi.
- Olio di oliva: olio di oliva ottenuto dal taglio di olio di oliva raffinato con olio di oliva vergine diverso dal lampante, con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 1 grammo per 100 grammi.
- Olio di sansa di oliva greggio: olio ottenuto dalla sansa di oliva mediante trattamento con solventi con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, superiore a 2 grammi per 100 grammi.
- Olio di sansa di oliva raffinato: olio ottenuto dalla raffinazione dell'olio di sansa di oliva greggio, con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 0,3 grammi per 100 grammi.
- Olio di sansa di oliva: olio ottenuto dal taglio di olio di sansa di oliva raffinato e di olio d'oliva vergine diverso dal lampante, con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 1 grammo per 100 grammi.
Frantoio e tecnologia: il futuro dell'estrazione
Negli ultimi anni l'innovazione ha profondamente trasformato il lavoro in frantoio. I moderni impianti a ciclo continuo permettono di lavorare grandi volumi senza esposizione a ossigeno e luce, riducendo l'ossidazione e migliorando la qualità. Gli scambiatori termici consentono il mantenimento di basse temperature utilizzando acqua fredda, mentre la gramolazione in atmosfera controllata permette di minimizzare l'ossidazione.
"Ogni cultivar risponde in modo diverso alle condizioni di lavorazione, per questo i frantoi più avanzati lavorano con curve personalizzate, studiando il comportamento della pasta in tempo reale", osserva Marina Bufacchi. "Oggi i frantoi tecnologicamente avanzati riescono a combinare rese elevate con rispetto della qualità. Lavorare a freddo non significa rallentare, ma ottimizzare. È un investimento nella reputazione del prodotto".
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