In un altro numero della rivista, del resto, si titolava "Ci stanno facendo ammalare. Il mondo dei contaminanti con cui entriamo in contatto da quando nasciamo. Dal glifosato ai perturbatori endocrini, dagli Ogm al bisfenolo", mischiando cose fra loro completamene diverse, alcune delle quali è poi tutto da dimostrare facciano male, tipo gli Ogm.
Su glifosate caliamo poi un velo pietoso. Nessuno fra i lettori de "Il Salvagente" si ammalerà mai a causa di glifosate. Di più, nessuno di loro si ammalerà mai per via dei residui di tutti gli agrofarmaci che assume messi insieme, visto che sono circa un centomillesimo delle dosi risultate innocue in laboratorio. Ma tant'è, dalla rivista diretta da Riccardo Quintili arriva l'ennesima bordata anti-pesticidi, questa volta passando attraverso uno dei simboli attualmente più sotto pressione da ogni lato, con punte di vero sciacallaggio in tema di tumori, ovvero il Prosecco.
"Ghiaccio, Prosecco e pesticidi", questo il titolo in copertina.
Basta infatti parlare di questo vino e dei "pesticidi" che servono a produrlo e l'audience è assicurata. Peccato che così facendo si danneggi l'immagine non solo di un prodotto che più d'ogni altro sta facendo crescere l'italianità nel mondo, ma anche l'immagine di un intero territorio, la provincia di Treviso, e di un'intera categoria, cioè i viticoltori.
E così, in un'Italia in cui il vizio principale pare essere quello di danneggiare le locomotive che trainano il paese, AgroNotizie ha deciso di intervistare lui, il Prosecco. Perché dopo anni di accuse infamanti, magari qualcosa da dire ce l'avrà pur bene anche il Principe delle bollicine.
Caro Prosecco, Lei è spacciato. Le analisi de "Il Salvagente" la incastrano in modo inequivocabile: Lei avvelena i consumatori coi pesticidi contenuti nelle sue bottiglie. Un "cocktail da brividi", si dice.
"Sì sì, Lei ci faccia pure dell'umorismo, ma la cosa sta diventando grottesca. Qui non faccio più vita: fra marce anti-pesticidi fatte da gente che grazie ad essi mangia tre volte al giorno, fra viticoltori masochisti che buttano benzina sul fuoco pubblicando ovunque foto di vigneti diserbati come fosse uno scenario post-atomico, fra comitati e associazioni che annunciano ronde, la mia provincia sembra ormai un ring di wrestling dove è in corso un tutti contro tutti. In mezzo, la politica e i consorzi di tutela, disarmati di fronte a tali pressioni e quindi obbligati a fare concessioni tanto dannose quanto inutili, come quella di escludere glifosate, folpet e mancozeb dai futuri programmi di difesa".
Perché inutili e dannose?
"Inutili, perché aboliti quelli i bio-ambientalisti chiederanno la testa di qualcos'altro, in una gara che mira unicamente a trasformare l'intera provincia trevigiana in un'enclave biologica. Alla faccia dell'illusione che le lobby più spregiudicate siano quelle dell'industria fitochimica. Dannose, perché dal punto di vista tecnico si genereranno ovvi spostamenti verso altri prodotti. Pensi solo che una volta si apriva il programma di difesa con un paio di mancozeb, che oltre a proteggere dalla peronospora copriva anche dall'escoriosi. Poi entravano in scena i prodotti a due o tre vie: cymoxanil, metalaxil, dimetomorf, tutti con miscele a base di mancozeb oppure di folpet, che esprime anche un'azione collaterale su oidio e botrite. Il rame, per lo più, faceva la sua comparsa solo dopo la fioritura, quando le medesime sostanze attive venivano applicate tramite formulati che prevedevano questo metallo come partner di copertura. Eliminando folpet e mancozeb questi formulati misto-rame saranno applicati fin dall'inizio, ponendo problemi di rispetto dei limiti annui di rame anche ai viticoltori integrati, i quali fino a ieri di tali limiti se ne potevano infischiare bellamente, perché non ci si avvicinavano neanche per scherzo".
Peraltro, proprio in questi giorni vengono ridiscussi i limiti annui di rame metallo utilizzabile per ettaro.
"Appunto. Lo spostamento dei programmi di difesa verso l'uso sempre più ampio di questo elemento collide con i futuri programmi europei di riduzione del medesimo. Ma vallo a fare capire a chi si sfrega le mani di fronte al proprio effimero business".
Però il rame, almeno lui, mica si trova nelle analisi de "Il Salvagente".
"Bella forza, si dilava con la pioggia. Normale che non si trovi. Peraltro, si può usare pure in cantina per correggere alcune situazioni scomode. Tanto poi si allontana durante il processo di vinificazione. Quindi di cosa stiamo parlando?"
Parliamo di residui: le analisi pubblicate sono impietose e "inquietanti". Lei, a detta della rivista, sarebbe appunto un "cocktail da brividi".
"Sì, da brividi di piacere sicuramente. Da brividi tossicologici assolutamente no. Con buona pace degli allarmisti, le analisi effettuate hanno sostanzialmente riscontrato la perfetta regolarità dei campioni analizzati, tranne un Prosecco biologico che però ha mostrato folpet così vicino al limite di determinazione analitica che non si può escludere sia solo un falso positivo. È poi bene precisare che i limiti sono riferiti all'uva da vino e non al vino in sé, per il quale non sono riportati limiti in quanto deriva da una materia prima che già in origine deve rispettare i valori previsti dalla legge".
Ma quanto a numeri, allora, come siamo messi?
"Benòn! Come si direbbe dalle mia parti. L'unico agrofarmaco rilevato in ognuno dei 12 campioni è folpet, con delle concentrazioni che spaziano da un minimo di 0,004 mg/L a un massimo di 0,697 mg/L, per una media pari 0,27 mg/L. Tutti gli altri sei agrofarmaci stallano sistematicamente con due zeri dopo la virgola, cioè nell'ordine di poche decine di nanogrammi per litro. Anche calcolando la sommatoria finale di tutte e sette le sostanze attive presenti nel Prosecco a più alta concentrazione, si arriva a un valore massimo di 0,53 mg/L. Un valore cumulato che è pari alla metà dell'LMR più basso fra le singole molecole rinvenute, ovvero quello di metalaxyl che ha un limite di legge pari 1 mg/kg, cioè il doppio di quel multi-residuo. In pratica, le tanto temute 'misture di pesticidi' si confermano essere ciò che sono: un'inutile perdita di tempo fatta solo per tenere aperte discussioni che si basano sul nulla. Non sono infatti stati mai provati i millantati effetti sinergici fra le molecole, potendosi al massimo ipotizzare effetti cumulativi solo per quelle molecole che seguano il medesimo processo di metabolizzazione nell'organismo. Quando questi processi sono invece differenti, come avviene nella maggior parte dei casi, la somma delle sostanze attive risulta del tutto priva di senso, perché ogni molecola si rapporta con l'organismo in un modo specifico, praticamente come se vi fosse contenuta da sola, indipendentemente dalla presenza delle altre".
E a tossicità acuta, invece, su quali livelli stiamo?
"Anche qui, direi molto bene. Quasi tutti gli agrofarmaci trovati sono meno tossici del sale da cucina, presentando valori di LD50 nell'ordine delle diverse migliaia di milligrammi per chilo, cioè tossicità ridicole. Ci sono molte sostanze naturali che presentano tossicità acute molto ma molto superiori. Addirittura folpet, il più trovato dalle analisi, presenta una LD50 di 10mila mg/kg. Cioè dieci grammi per chilo di peso corporeo. Capisce che, forzando il concetto, per un uomo di 70 chili tale valore corrisponderebbe a 700 grammi di sostanza attiva? Praticamente una bistecca di fungicida. Questa molecola ha un solo difetto: si attacca saldamente alle cere vegetali e residua a lungo. Buona parte della sua efficacia, infatti, è dovuta proprio a questo. Se quindi le ultime applicazioni avvengono dopo la formazione degli acinelli, qualcosa alle analisi pur lo si trova, anche se a livelli irrisori come quelli riportati appunto da 'Il Salvagente'. Basterebbe che le applicazioni con questo fungicida venissero interrotte a fine fioritura e alla vendemmia non se ne troverebbe affatto".
Quindi per Lei il problema residui è inesistente, men che meno quello di folpet, nonostante "Il Salvagente" sostenga che "la presenza contemporanea di più residui può incrementare in maniera esponenziale il rischio". Per giunta ciò sarebbe indicato da alcuni "scienziati indipendenti" che da anni 'chiedono prudenza'.
"Ma che esponenziale, suvvia! Al di là dell'indipendenza di certi ricercatori, sulla quale continuo a nutrire un certo scetticismo, Le ripeto che quello dei multiresidui è tema del tutto gonfiato. Un conto è chiedere prudenza, un altro continuare a fomentare paure immotivate per degli effetti perennemente ipotizzati, ma mai appurati nella realtà. Perché talvolta il principio di precauzione sembra sconfinare un po' nel principio di paranoia. Su questi residui, per esempio, mi sono fatto una manata di conti e ho appurato che anche considerando le concentrazioni massime riscontrate, solo due molecole su sette stanno nell'ordine dei pochi punti percentuali dei limiti di Legge fissati per l'uva, ovvero folpet e metalaxil. Il primo si posiziona sul 3,5% del suo LMR, il secondo, udite udite, arriva 'ben' al 6,7%. Tutte le altre molecole, fluopicolide, boscalid, pirimetanil, dimetomorf e ciprodinil, stanno sotto lo 0,5% dei proprio limiti previsti. Praticamente il nulla. Per raggiungere la soglia dell'Admissible daily intake, sicura per l'uomo grazie a calcoli altamente cautelativi, si dovrebbero bere ogni giorno oltre 10 litri di Prosecco per il folpet, più di 30 litri per il metalaxil, circa 800 litri al giorno per boscalid, pirimetanil e dimetomorf, oltrepassando i mille litri al giorno per ciprodinil e sfiorando addirittura i 1.900 litri/giorno per fluopicolide. Se già Le sembrano assurdi questi volumi di vino da ingerire, provi a moltiplicarli per 100 e troverà il numero di litri che dovreste bere ogni giorno per arrivare alle No effect level dalle quali i rispettivi ADI derivano".
Un'impresa impossibile perfino per Superciuk, lo pseudo eroe sbronzone della serie di fumetti Alan Ford.
"Esatto. Infatti, la cosa più esilarante è che anche mettendo tutti insieme i residui trovati alla massima concentrazione, si arriva allo 0,00058% del quantitativo di alcol presente in un litro di Prosecco. Si rende conto? Per ogni milligrammo di residui di agrofarmaci, ne bevete oltre 170 mila di alcol. Perché io sono un vino, mica latte per infanti. Un aspetto il quale, curiosamente, in queste campagne allarmiste anti-pesticidi viene sempre dimenticato. E l'alcol che contengo, in ragione di ben 90 grammi per litro, è una sostanza sicuramente cancerogena, altro che i pesticidi. Folpet, accusato di essere un 'possibile cancerogeno', mi fa il solletico. L'hanno trovato cancerogeno su cavie a un grammo per chilo di peso corporeo. Praticamente il summenzionato cittadino di 70 chilogrammi ne dovrebbe mangiare 70 grammi al giorno, per anni, e forse, ma forse, rischierebbe un cancro. In sostanza, preoccuparvi di quei residui nel vino - e non dell'alcol in esso contenuto - è come preoccuparsi di una formica che passeggia su un incudine e non dell'incudine che vi sta cadendo sul piede. Ma la gente li sa fare i conti?".
Evidentemente o non li sa fare, o sa bene che non conviene affatto farli, altrimenti ciao allarmismo. Ma con queste sue confessioni di cancerogenicità, non si sta dando un po' la zappa sui piedi da solo?
"Ma si figuri, quale zappa? La provincia di Trento e quella di Treviso sono entrambe sul podio fra le province italiane con le più alte aspettative di vita e le migliori statistiche sanitarie, nonostante gli impieghi di agrofarmaci e nonostante che fra birre, vino e grappe mica ci si facciano i gargarismi. Nella mia di provincia, Treviso, si è ormai arrivati a 83,8 anni di aspettativa di vita. Dimostrazione che i pesticidi non sono affatto il male assoluto per come vengono dipinti e che se si beve con moderazione gli effetti dell'alcol sulla salute divengono marginali. Alla faccia dei passionari anti-pesticidi e dei salutisti a ogni costo. E poi, mi scusi, a Lei sembra normale vivere da malati per poi morire da sani?".
Vedo che anche Lei conosce Enzo Jannacci e la sua massima di vita.
"Certo che sì. Perché oltre alla salute del corpo, che sicuramente va preservata con uno stile di vita sano, c'è anche la salute della mente e dello spirito, la quale svanisce se si cade vittime di paranoie prive di senso. Poi magari si fa la fine di Steve Jobs di Apple, super salutista, morto di un tumore al pancreas, o dell'inventore del jogging, morto a 50 anni di infarto. Mi dia retta, pur tenendo la testa sul collo e mantenendo saldo il senso della misura, godetevi la vita. Perché ve ne hanno data una sola e non pare affatto cosa saggia sprecarla in crociate demenziali o con stili di vita da eremiti".
Mi scusi però se faccio ancora l'avvocato del diavolo, ma Celestino Panizza, un medico dell'Isde, i medici per l'ambiente, non solo insiste con la storia dei mix, anche a basse dosi, ma addirittura parla di interferenti endocrini.
"Guardi, quella degli interferenti endocrini è la prossima grande crociata ideologica che si intravede contro i prodotti fitosanitari. Peccato che se dovessimo approcciare la vita intera con la stessa pervicacia con cui si perseguitano gli agrofarmaci, finiremmo con l'abolire perfino lo zucchero, perché altera i livelli di insulina. Che poi per dirla tutta, essendo medici, quelli dell'Isde appartengono proprio alla categoria professionale che prescrive il più potente interferente endocrino cui venga sottoposto il corpo umano, cioè la pillola anticoncezionale. I prodotti più diffusi prevedono infatti la somministrazione per oltre 300 pillole l'anno, con dosi giornaliere che sono sui livelli visti in quelle analisi residui, cioè 0,02 - 0,03 mg. Fanno oltre 6 mg/anno di ormoni, i quali hanno appunto nell'interferenza endocrina il proprio scopo farmacologico. E le pillole si assumono mica per guarire dal cancro, bensì per non restare incinta. Peraltro, ci sono altri metodi anticoncezionali non ormonali che oltre a scongiurare gravidanze indesiderate proteggono pure da eventuali malattie veneree e da contagi pericolosissimi, come l'Aids o il Papilloma virus. Quindi, mi viene da chiedere ai medici dell'Isde per quale ragione si ostinino ad attaccare un comparto come quello agrario, di cui ogni volta che parlano dimostrano padroneggiare davvero poco sia dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista del rischio reale per l'uomo e per l'ambiente".
Ma come, allora tutti quei danni alla salute dell'uomo e ai suoi organi interni, tipo fegato, milza, reni?
"Ma mi faccia il piacere… Guardi che quei danni mica sono stati rilevati nell'uomo. Sono ricavati da test di laboratorio su cavie sottoposte in un giorno a dosi che voi non vedrete mai in dieci vite, per giunta somministrandole a quelle povere bestiole attraverso vie per lo meno discutibili. L'iniezione intraperitoneale o intrapleurica di una soluzione di un erbicida o di un insetticida Le sembra una via di esposizione ragionevole per l'uomo?"
Decisamente no. Ma allora quei danni paventati che significato hanno?
"Banali crash test simili a quelli effettuati sulle automobili per valutare in che modo si distruggono quando lanciate volontariamente contro a un muro. Se i medici dell'Isde andassero in giro a sventolar foto di rottami da crash test, denunciando la pericolosità delle automobili, pensi quanto verrebbero derisi… Perché tutti guidano una macchina e tutti sanno che se ti schianti contro a un muro non è colpa né dell'automobile, né tantomeno del muro, bensì del guidatore. Invece, quando si parla di agrofarmaci chiunque può dire quello che vuole perché tanto sa che la gente non è in grado di comprendere se le si stiano somministrando informazioni fuorvianti o meno. E quindi ci casca".
Tornando però alle preoccupazioni di Panizza, davvero si immettono nel mercato sostanze di cui si sa poco, per giunta valutate con criteri discutibili? Inoltre, alcuni pesticidi sono sistemici e penetrano nella pianta, quindi come unica soluzione, sempre secondo il medico per l'ambiente, sarebbe tutta una questione di approccio agricolo e sarebbe necessario passare al biologico.
"Senta, come la pensa l'Isde sul lavoro di agronomi e agricoltori ben lo sappiamo da anni e perfino Lei ebbe a scriverne tempo fa. Non è affatto vero che delle molecole che usate conoscete poco. I processi di sviluppo e autorizzazione durano fra i dieci e i quindici anni, costando oltre cento milioni di dollari a molecola, fra test e prove su aspetti fra i più disparati, metaboliti inclusi. In più, la Revisione europea obbliga a effettuare continuamente test suppletivi per essere sicuri della conformità di ogni agrofarmaco con i più moderni criteri di sicurezza. Sul fatto poi che i fungicidi sistemici non si possano lavare, lasciamo perdere: il concetto di soglia zero è talmente irrazionale che manco vale la pena discuterne. L'importante, come sempre, è che i residui siano sotto i limiti di Legge. Il resto cade nel campo delle illazioni e delle ideologie. Infatti Panizza, ça va sans dire, sposa il biologico. Sa, quel modo di fare agricoltura che non utilizzerebbe pesticidi…"
Perché ironizza? Perfino Roberto Pinton, segretario di Assobio, ha affermato su "Il Salvagente" che l'agricoltura biologica sia la "prova vivente" che i "vigneti coltivati senza pesticidi" siano la strada da seguire.
"E si chiede perché ironizzo? È da una vita che i biologici raccontano la storiella che loro non usano pesticidi, quando invece li adoperano eccome. Solo che fanno i furbini: hanno stabilito arbitrariamente che i pesticidi sono solo quelli usati dai non biologici, fatti quindi passare per avvelenatori di ambiente e persone. I prodotti che usano loro invece no, non sarebbero pesticidi. Con questo tormentone hanno illuso i consumatori che i pesticidi li usano solo gli altri, mica loro. Poi aggrediscono con vigore i pesticidi - attribuiti prima agli altri - e il gioco è fatto: ai consumatori vengono somministrate contemporaneamente paura e speranza, un mix di marketing tanto scaltro quanto vincente. Mica lo sa la gente che ci sono certi agricoltori bio che in certi anni vanno sopra i venti trattamenti con il rame. Altro che tre litri di glifosate…".
Sì, ma temo che le cose per il rame stiano un po' cambiando ultimamente, con grave rischio per tutti, biologici e non.
"Dai e dai, prima o poi doveva succedere. Nonostante la sua importanza assoluta nei programmi di difesa, per una molteplicità di motivi tecnici, con il suo profilo pare sarà sempre più dura difenderlo. Dopo un secolo e mezzo di impieghi, i nodi stanno cioè venendo al pettine. Solo pochi mesi fa è stata infatti respinta la richiesta della task force di estrarre il rame dalla Lista di Sostituzione in cui la Revisione europea lo aveva collocato. Ora si dibatte sul rinnovarlo per soli cinque anni anziché sette e di ridurre ulteriormente le dosi massime ammesse da sei a quattro chili di rame metallo per ettaro. E peraltro, pare che addirittura possa scomparire la possibilità di giostrare con le dosi in funzione del meteo su diversi anni successivi. Quattro chili all'anno, botta secca. Se sarà così c'è poco da stare allegri, anche nell'integrato, per i motivi che abbiamo toccato dianzi. Togli mancozeb, togli folpet e chissà in futuro ancora cos'altro e alla fine da usare in miscela resta solo il rame, sul cui orizzonte si profilano appunto le summenzionate nubi. Nubi che quindi dovrebbero far meditare coloro che hanno soffiato per anni sul rogo anti-pesticidi - per meri calcoli lobbistici di breve periodo - e ora rischiano di bruciarsi le labbra. Perché se nel rogo appiccato sotto ai piedi delle molecole di sintesi ci finisce pure il rame, per il biologico saranno guai seri. E posso dirle la verità? Con tutto il fango che i biologici hanno lanciato per decenni sui prodotti 'degli altri', che adesso sudino freddo per il rame un po' gli sta pure bene. Chi di odio per la chimica ferisce, di odio per la chimica perisce. Senza tanto allarmismo fomentato sui pesticidi, chissà, magari oggi la vita sarebbe più facile anche per il rame."
Ciò fino a che, magari, giungeranno sul mercato le varietà di vite resistenti geneticamente alle malattie, quelle ottenute con le nuove tecniche di Genome editing.
"Ma magari anche sì! E sarebbe ora! Lavorare con la genetica rappresenterebbe infatti un balzo epocale per la riduzione degli antiparassitari. Anche se, ricordiamolo, l'astensione dai trattamenti, prima o poi, fa emergere altre patologie attualmente secondarie e controllate dai prodotti usati contro le malattie principali. Quindi, non è che le varietà resistenti potranno essere lasciate indifese. Basti pensare agli insetti: contro lo Scafoideo o le cocciniglie c'è poco da fare, si deve trattare. Così come contro escoriosi o Blak Rot. Questo almeno fino a che non saranno resistenti pure a questi patogeni. Di certo, appare concreta la possibilità di ridurre di un'ampia percentuale i trattamenti necessari".
Quindi chissà come saranno contenti gli ambientalisti…
"Ora però l'ironico lo sta facendo Lei. Sa benissimo che a Bruxelles si agitano già le truppe cammellate delle lobby ambientaliste per condizionare i pareri dell'Europa sulle nuove varietà da Genome editing. Stanno infatti martellando con espressioni tipo Ogm 2.0, oppure sostenendo che dopo averli chiusi fuori dalla porta, adesso gli Ogm starebbero rientrando dalla finestra. Questo perché la coltivazione degli Ogm è attualmente bloccata dalla normativa, mentre quella dei frutti del Genome editing potrebbe essere libera. Per questo stanno già muovendo ogni leva in loro possesso per equiparare i nuovi coi vecchi al fine di tarpare le ali anche a quelli. L'odio per la chimica, la genetica e le multinazionali, del resto, ha pilotato ogni loro manovra dagli anni '60 in poi, anche a costo di danneggiare società, salute e ambiente stesso. Sempre tardi sarà quando la popolazione comprenderà che non c'è peggior lupo di quello travestito da agnello".
Magari alla popolazione tutto ciò andrebbe detto. Perché forse i vari comitati di cittadini che oggi sfilano contro i pesticidi potrebbero essere contenti di avere sulle colline dei vigneti che richiedono meno della metà dei trattamenti.
"E lo dice a me? Io sono un vino, per giunta ben tappato. Il giornalista è Lei, quindi faccia il Suo mestiere no? Io ho già i miei problemi a interloquire con i miei stessi consorzi di tutela, che invece di rispondere per le rime si fanno bacchettare come scolaretti e dettare l'agenda da riviste come 'Il Salvagente'..."
E secondo Lei, adesso io cosa sto facendo? È che temo che i miei sforzi finiscano per lo più nel nulla, sapendo che per un giornalista come me nella stampa specializzata, in quella generalista ce ne sono mille che vanno a braccetto proprio con le lobby bio ed ecologiste. Uno scontro un po' impari, non trova?
"Molto impari. Ma se nessuno parla, nessuno potrà dire in futuro di averci almeno provato, non crede?".
Vero, anche se ciò fa sentire un po' dei Don Chisciotte contro i mulini a vento. Però, tornando a bomba al Suo caso, almeno Coldiretti ha preso le sue difese, minacciando querele nei confronti de "Il Salvagente".
"La cosa può farmi solo che piacere, ovviamente. Ma, vede, non mi pare che il pulpito sia quello giusto. Solo di pochi anni fa ricordo un titolo meraviglioso: "Ogm: Coldiretti, in Friuli contaminazione al 10%. È disastro ambientale". Sa cosa era successo? A Vivaro, in provincia di Pordenone, in Friuli, l'agricoltore Giorgio Fidenato aveva seminato Mon810, mais transgenico del tipo Bt. La Guardia forestale intervenne ed effettuò analisi nell'area circostante alla striscia di terreno incriminato, trovando polline ogm solo sul 10% delle piante cresciute nei pochi metri intorno al granturco Bt. Cioè il nulla. Altro che disastro ambientale. Del resto, quello contro il biotech è un odio che nei Giallo-verdi nazionali pare ormai ineradicabile. Tanto è vero che in occasione del convegno nazionale dell'agricoltura biodinamica, tenutosi a Firenze, Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti, avrebbe definito le ricerche sugli Ogm della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa come rigurgiti di una scienza vecchia, come pure pseudo-scienza e pseudo-scienziati sono stati i complimenti rivolti ai ricercatori pisani. Non male, non trova? Infine, è solo di pochi giorni fa la notizia per cui, sempre Moncalvo, avrebbe esortato a non mangiare alcuni cibi di importazione per non morire avvelenati. Un messaggio di grave pericolosità che appare superiore perfino a quello trasmesso su di me dal periodico dei consumatori. Se si vuole querelare qualcuno, magari con tutte le ragioni, sarebbe cioè bene che già in casa propria si evitassero posizioni e dichiarazioni che non sono certo migliori di quelle della rivista in questione. Direi che trattasi di banale questione di coerenza."
Già. Coerenza, questa sconosciuta. Ma alla fine, concludendo, le faccio una domanda botta secca: i residui contenuti nelle Sue bottiglie sono pericolosi per la salute o no?
"Più che botta secca, direi botta Prosecca: no, non lo sono. Anzi, di là c'è proprio una mia bottiglia in fresco da ore. Se la stappi e se la gusti, che un'intervista così lunga e sfinente non l'aveva mai fatta, dica la verità?"
Sì, confermo: una delle interviste più dense di argomenti che io abbia mai fatto. Quindi perché no. I flûte ce li ho, fa caldo e per cena ho tirato fuori delle splendide code di mazzancolle da fare in padella con un goccio di Gin e salsa Worcester. Per il Prosecco pare proprio la morte sua. Di certo non la mia.