Come regola i virus delle piante vengono battezzati citando nel loro nome quello della specie su cui sono stati rinvenuti per la prima volta.
Così è stato nel 1930 per il Tomato spotted wilt virus (TSWV), agente dell’avvizzimento maculato del pomodoro, i cui sintomi sono stati  per la prima volta rinvenuti in Australia nel 1915.

Presente in Europa fin dagli anni '30, si è assistito ad una forte recrudescenza della virosi in Europa negli anni '80, probabilmente associata all’introduzione ed alla diffusione del Tripide californiano Frankliniella occidentalis. Di origine Nord-americana, il tripide si è diffuso in tutte le zone europee e del mediterraneo, dove si è notata una vera e propria escalation nella presenza e nei danni arrecati dalla virosi, di cui è vettore molto efficiente.

Il virus della maculatura necrotica dell’Impatiens (Impatiens necrotic spot virus, INSV) causa su ornamentali sintomi molto simili al TSWV. I due virus sono strettamente imparentati, appartenendo entrambi al genere dei Tospovirus, e possono presentarsi simultaneamente sulla stessa pianta infetta.

Questi virus colpiscono un gruppo incredibilmente ampio di specie (più di 900), appartenenti a circa una cinquantina di famiglie botaniche. Tra le specie di interesse orticolo citiamo, oltre ovviamente al pomodoro, peperone, lattuga, carciofo, patata e melanzana.
Il numero delle specie ornamentali coltivate in serra suscettibili è così alto che sarebbe più semplice elencare quelle che non lo sono (geranio, poisetta e rosa).
Le virosi interessano inoltre un gran numero di specie spontanee ed infestanti come convolvolo, amaranto, campanula, papavero, portulaca, stellaria, verbena, ed il numero delle specie suscettibili registrato è in continuo aumento. 

I virus colpiscono soprattutto piantine allevate in vivaio (serre) e colture protette (tunnel) dove le condizioni ambientali sono molto favorevoli alla sopravvivenza e alla riproduzione dei vettori.

I sintomi sono molto vari e difficili da classificare, presentandosi in modo diverso in funzione dell’isolato virale e della sua virulenza, dell’età dell’ospite (quanto più l’infezione è precoce tanto più i sintomi si accentuano) e delle condizioni ambientali, soprattutto la temperatura. Vengono inoltre facilmente confusi con sintomi di altri patogeni, fitotossicità, carenze nutrizionali e alterazioni fisiologiche.
Sono comunque tipici di ogni specie. In via del tutto generale si possono riscontrare nanismo, decolorazioni e anulature, spesso concentriche, con necrosi sulle foglie che possono riguardare anche il fusto, deformazioni e decolorazioni dei petali, maculature necrotiche, malformazioni, macchie circolari o anulature, spesso in rilievo e confluenti tra loro sui frutti.

Ai primi sintomi sulle coltivazioni sarebbe opportuno eseguire dei test diagnostici in laboratorio con analisi sierologiche, in particolare test ELISA, o altre tecniche molecolari. Per questa analisi ci si può rivolgere presso il Servizio fitosanitario competente. 
Ricordiamo che per un corretto campionamento è opportuno prelevare materiale da differenti organi quali foglie, fusti, fiori e radici quando possibile, e soprattutto da parti sintomatiche.

Non esistono mezzi curativi o prodotti chimici efficaci contro i virus delle piante, l’unica lotta possibile è quindi la prevenzione.



Attacco su pianta di indivia adulta


Si comincia con l’impiego di materiale sano acquistato da rivenditori accreditati e di fiducia. La trasmissione dei virus può avvenire per parti di pianta (talee, bulbi, tuberi), mentre molti fattori influenzano l’eventuale trasmissione tramite seme, con dati contraddittori a riguardo.

Anche il terriccio può essere veicolo di infezione per la possibile presenza di pupe virulifere di insetti vettori.
Visti gli ingenti danni e la rapida diffusione del TSWV è rischioso, soprattutto su peperone, utilizzare varietà senza alcuna resistenza/tolleranza genetica, anche se queste resistenze potrebbero venire facilmente superate in pochi anni di coltivazione ripetuta dell’ibrido resistente e vanno quindi considerate solo un tassello di una strategia di difesa più ampia.

Attraverso il monitoraggio visivo quotidiano delle coltivazioni, si possono individuare precocemente i focolai di infezione, in modo da isolare immediatamente le piante sospette, che vanno rimosse ed eliminate insieme a quelle vicine, senza lasciare residui vegetali infetti nelle serre, se non opportunamente introdotti in sacchi di plastica chiusi.
Un’individuazione precoce permette di mettere in atto misure cautelative nei confronti di altre colture suscettibili eventualmente presenti in azienda: passando da una serra all’altra infatti gli operatori potrebbero diffondere passivamente l’infezione. E’ quindi consigliabile, soprattutto quando l’infezione è in atto, l’uso di camici, guanti e il lavaggio delle attrezzature (anche se la diffusione per attrezzi infetti è considerata poco influente)

Una strategia di difesa dai virus non può di fatto prescindere dal monitoraggio e dalla lotta agli insetti vettori, di cui è fondamentale conoscere la biologia e le modalità di trasmissione. In particolare il TSWV è trasmesso da meno di una decina di specie di tripidi, tra cui F. occidentalis è certamente il più diffuso e pericoloso.

Questo insetto compie numerose generazioni all’anno, fin anche ad una decina, completando il suo ciclo vitale in 10 - 15 giorni a seconda delle temperature. Le uova vengono deposte al suolo, da cui si sviluppano in circa tre giorni le neanidi che iniziano subito a nutrirsi. Dopo circa 4 giorni impupano al terreno e in meno di tre giorni fuoriesce l’adulto. Solo le neanidi possono acquisire il virus da piante infette e solo gli adulti, nutrendosi, possono trasmetterlo.


 

Attacco di TSWV su pianta di indivia giovane


Il tempo che passa tra il momento della trasmissione e la comparsa dei sintomi può variare in funzione dell’ospite e della temperatura. Un’infezione virale può anche essere latente e i sintomi possono non presentarsi per mesi su alcune specie, mentre può essere evidente in pochi giorni su altre.
Tra queste ultime, piante come petunia 'Calypso' o Vicia faba possono essere utilizzate come piante “spia” per verificare precocemente la presenza del virus.

Le reti antinsetto a maglia molto stretta sono solo parzialmente efficaci e costituiscono inoltre una barriera meccanica che ostacola i movimenti dell’aria in serra. Il loro possibile utilizzo dipende quindi dal clima e dal calendario di coltivazione.

Il controllo dei tripidi è divenuto alquanto problematico: i prodotti di sintesi attualmente disponibili sono divenuti poco efficaci, avendo ormai il tripide acquisito un notevole grado di resistenza ad essi.
È consigliabile non utilizzare lo stesso principio attivo per più di un paio di trattamenti e, per la scelta e le modalità di utilizzo del prodotto più idoneo è comunque indispensabile richiedere l’aiuto dell’assistenza tecnica.
La lotta biologica con Orius laevigatus rappresenta una valida alternativa alla lotta chimica, come buona efficacia hanno le trappole cromotropiche di colore azzurro da applicare in prossimità delle aperture delle serre.

Le aziende colpite da questa virosi dovrebbero far intercorrere un intervallo di tempo di almeno 40 giorni tra una coltura e l’altra, in modo da eliminare i tripidi per mancanza di cibo.
Molte specie spontanee infette non presentano sintomi evidenti e possono rappresentare delle “specie serbatoio” da cui i vettori attingono il virus per poi trasmetterlo.
Opportune tecniche agronomiche quindi, come il diserbo delle infestanti e le rotazioni, possono quindi fare molto per evitare l’insorgenza e mitigare la diffusione di queste pericolose virosi.

 

 

A cura di Marina Margiotta - socio di Antesia

Antesia, l'Associazione Nazionale Tecnici Specialisti In Agricoltura
I soci di Antesia sono dottori agronomi e forestali, periti agrari, agrotenici, tecnologi alimentari che svolgono assistenza tecnica agronomica a centinaia di produttori agricoli e agroalimentari, svincolati dalla vendita di qualsivoglia prodotto materiale alle aziende agricole. Antesia contribuisce alla formazione dei soci
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