Si è concluso venerdì 7 novembre 2025 a Roma il 19° Congresso Nazionale dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali incentrato sul tema "Radici nel Futuro". Un futuro per la professione dell'agronomo e del dottore forestale - come è emerso nelle sessioni della giornata conclusiva - che riveste un ruolo sociale oltre che tecnico, sapendo adattarsi con continuità alle domande del mondo agricolo e della forestazione, anche sfruttando le potenzialità delle nuove tecnologie.

 

La giornata conclusiva, ospitata in Campidoglio, ha messo al centro "Formazione, ricerca e innovazione: strumenti e azioni per la professione del futuro", con un confronto sul governo dei dati e sull'intelligenza artificiale come leve per potenziare diagnosi, pianificazione e decisioni in agricoltura e foreste. Al dibattito hanno preso parte, tra gli altri, rappresentanti dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, del Centro Nazionale Agritech, dell'Agenzia Spaziale Italiana e dello European National Institute for Ai, a conferma dell'indirizzo di responsabilità generazionale del Conaf, un impegno verso il futuro e i giovani, testimoniato anche dal traguardo del 19° Congresso, che ha registrato circa il 15% di iscritti under 35.

 

La Carta di Roma

A seguito delle sessioni del primo mattino, l'Assemblea dei Presidenti ha licenziato la Carta di Roma, il documento d'indirizzo degli agronomi e dei forestali.

 

A ribadire lo spirito di responsabilità che discende dal mandato professionale di agronomi e forestali è intervenuto il presidente Mauro Uniformi: "Con la Carta di Roma approviamo un'agenda condivisa di principi e azioni: le dichiarazioni diventano responsabilità. Gli agronomi e i forestali rappresentano infrastruttura civile del Paese essenziale per indirizzare lo sviluppo durevole del territorio e del Pianeta, basato sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale. Da domani questa Carta guiderà l'agire dell'Ordine nella formazione, nelle alleanze istituzionali e nel servizio ai territori per costruire un futuro che poggi su radici salde".

 

Agronomi tra gestione dei dati e intelligenza artificiale

Nei tre giorni del Congresso Nazionale Conaf, il tema dell'innovazione tecnologica è stato toccato più volte e definitivamente affrontato nella tavola rotonda "Il futuro della professione tra gestione dei dati e intelligenza artificiale" moderata dal consigliere segretario Gianluca Buemi. Ne hanno discusso proprio il 7 novembre scorso Angelo Donato Berloco, presidente e cofounder di E-Valuations, Valeria Lazzaroli, presidente Ente Nazionale per l'Intelligenza Artificiale (Enia), e Stefania De Pascale, docente di Orticoltura e Floricoltura presso il Dipartimento di Agraria dell'Università degli Studi di Napoli Federico II.

 

Cosa sarà della professione tra 5 o 10 o 20 anni? In questo appuntamento, sono state tratteggiate le più promettenti aree di sviluppo professionale, in cui la capacità di analisi delle informazioni si integrano con il sapere tradizionale.

 

Ecco che i temi in agenda diventano le potenzialità di sviluppo e le ricadute dell'agricoltura spaziale sia per chi guarda a un'ipotetica esplorazione extraterrestre che per gli impatti attesi sulle produzioni terrestri, magari in aree marginali o con climi e suoli estremi. Come ignorare, poi, l'impatto dell'intelligenza artificiale, per esempio nello sviluppo di modelli previsionali in epoca di cambiamenti climatici.

 

"Di fronte alle grandi sfide bisogna riuscire a cavalcare l'onda, anzi a passarci in mezzo" ha detto Gianluca Buemi, consigliere nazionale e coordinatore del Dipartimento Economia ed Estimo del Conaf, introducendo l'incontro.

 

Lazzaroli: "Serve un'infrastruttura pubblica per l'Ia"

Valeria Lazzaroli, presidente dell'Ente Nazionale per l'Intelligenza Artificiale, ha esordito: "Ho sempre considerato la professione dell'agronomo centrale nel mondo dell'agricoltura per l'introduzione dell'Ia. Abbiamo bisogno di un linguaggio condiviso, che ancora oggi manca nella filiera agroalimentare, anche la tracciabilità commerciale è messa tra parentesi. Serve un ecosistema interoperabile. Ontologie di dominio: standard di rappresentazione della conoscenza. Bisogna andare verso una semantica comune: un sistema di previsione meteo deve poter dialogare con il laboratorio fitosanitario. Vanno superati questi gap".

 

Per Lazzaroli è assolutamente necessario superare "questo guado - per ricreare un digital twin - per una nuova globalizzazione tecnologica, nella quale agricoltura e filiera agroalimentare possano trovare una semantica comune che possa consentire di fare economia".

 

Ma vi è bisogno di un tramite importante. "Serve un'infrastruttura pubblica dell'Ia" sottolinea la rappresentante dell'Enia: "Faccio un esempio, la serializzazione delle sementi, non vanno solo tracciate con un sistema multilivello, bisogna arrivare a tracciare ogni singolo seme, per poter avere previsioni più attendibili sulle rese. Per far questo serve un'infrastruttura di calcolo distribuita: il cloud non deve essere più utilizzato, ma bisogna andare verso sistemi di decloud che consentano la difesa della privacy dell'azienda agricola. E su tanto gli ordini professionali devono intervenire, perché il valore professionale risiede in voi, grazie a voi l'intelligenza artificiale può restituire risultati che nessun data scientist può restituire da solo".

 

"Il dato - per la Lazzaroli - è l'elemento strategico: quello generato in azienda. Di Ia ce ne sono di tanti tipi, la migliore per l'agronomo è quella predittiva, perché restituisce risultati. Abbiamo bisogno di migliaia di scenari da derivare nelle digital twin per poter stabilire cosa coltivare".

 

De Pascale: "Piante nello spazio per dare più spazio alle piante sulla terra"

Stefania De Pascale, docente di Orticoltura e astroagronoma introduce un altro tema, quello degli studi sulla coltivazione in ambienti extraterrestri. "Houston, abbiamo un problema, avete mai capito cosa è un agronomo?" esordisce con ironia, sottolineando: "Pochi lo sanno. Il pubblico non ci conosce".

 

Secondo la De Pascale "Per l'astroagronomo la sfida è irrigare in microgravità utilizzando strategie di assorbimento basate sulla porosità del terreno. Lavoriamo ai sistemi biorigenerativi che mettono a punto ecosistemi chiusi, che consentiranno alle missioni spaziali di essere autonome: perché l'acqua di traspirazione può essere utilizzata per bere, mentre le piante utilizzano gli scarti organici dell'equipaggio per vivere, il tutto utilizzando tecnologie che oggi servono anche sulla terra".

 

"La Commissione Ue - ha ricordato De Pascale - ha affermato che per affrontare queste sfide ci vorranno più conoscenze per ettaro, più tecnologie, con al centro la figura dell'astroagronomo, ovvero dell'agronomo: l'agricoltura sostiene la vita sulla terra e lo farà anche nello spazio. È la biodiversità creata dall'agricoltura - la pratica più antica dell'uomo - che consente ancora oggi di creare innovazione".

 

È così che lo studio di "Ambienti rigenerativi" diventa "best practice per l'agricoltura sulla terra, perché si basa sul concetto di circolarità e perché al tempo stesso si punta ad utilizzare al minimo le risorse nei sistemi rigenerativi a supporto alla vita, in un contesto dove l'innovazione varietale sarà sempre più strategica". Per De Pascale "Piante nello spazio" significa poter dare "più spazio alle piante sulla Terra".

 

Estimo e nuove tecnologie: l'Ia

Ma le tecnologie innovative hanno anche un altro compito: quello di entrare nel "Ruolo più trasversale dell'agronomo - secondo Angelo Donato Berloco - quello di estimatore: l'estimo è quello dei nostri maestri - come Serpieri e altri - ma bisogna oggi trovare le metodologie per rispondere ai nuovi quesiti di stima. Per esempio il property value, che nel settore bancario e nella tutela del credito ha sostituito il valore di mercato dal primo gennaio 2025; per poterlo stabilire occorre conoscere il valore di mercato, per poi arrivare ad un valore prudenziale, il property value appunto, ma non si può compiere questa operazione tagliando banalmente un 10% al valore di mercato".

 

Berloco ricorda come "Il cambiamento climatico incide sul valore futuro dei terreni: la banca ha bisogno di un valore che la cauteli proprio sul futuro. Sul property value incidono tutti i valori di sostenibilità. A noi estimatori tocca fare un lavoro a ritroso: la previsione è un carattere immanente della stima. Il committente deve prendere decisioni informate". E l'intelligenza artificiale è uno strumento che può essere utilizzato: "Dobbiamo dominare questo strumento - sottolinea Berloco - che ci toglie il lavoro sporco, i calcoli, mentre ci consente di compiere quello più importante, entrando con gli stivali in azienda per capire di cosa l'agricoltore ha realmente bisogno. Serve però molta formazione sull'Ia".

 

Berloco sottolinea che l'intelligenza artificiale pur potendo "fare molte cose" ma solo se "bene allenata" non sostituisce l'intelligenza critica, propria dell'estimatore, e "al momento fa un lavoro di analisi" prezioso e che "mette in luce le capacità dell'estimatore".

 

Ma per far funzionare l'intelligenza artificiale servono dati sui quali lavorare, che devono essere patrimonio delle aziende, altra criticità messa in luce dalla Lazzaroli: "È sulla gestione del dato che siamo indietro perché sono indietro le aziende: manca spesso la figura del risk manager che gestisce il dato come un valore prezioso da seguire e valorizzare. Quando hai la padronanza del risk management condizioni e informi tutte le altre funzioni a questa logica".

 

La presidente Lazzaroli sottolinea inoltre: "Sarà difficile in futuro creare filiera con le piccole aziende mancando questa cultura: perché il dato senza qualità non sarà interoperabile all'interno della filiera. Ancora non abbiamo capito che non è l'Ia che ci fa scollinare, ma il risk management, perché quella è la percezione dell'imprenditore sul valore del dato.

 

Il punto per la Lazzaroli è: "Con quali dati addestrare la Ia? Bisogna assumere una visione matematizzata: perché vivremo sempre più situazioni di complessità e avremo sempre più dati a disposizione. Per cui il risk management sarà la chiave di tutto, senza il quale si rischia di addestrare male la Ia".

 

Formazione necessaria per usare bene le tecnologie

Insomma, le tecnologie avanzate hanno bisogno di formazione ed è la De Pascale a sottolineare le "criticità nella formazione universitaria". Perché "per gestire l'agricoltura 4.0 ci vuole un agronomo capace di utilizzare le nuove tecnologie, non basta certo un informatico travestito da agronomo. Serve creare dei nuovi profili professionalizzanti, è necessario intensificare il dialogo tra ordini e università". "Si deve rispondere a esigenze specifiche della nostra professione" anche "stringendo rapporti tra soggetti diversi con al centro le università".

 

Il Conaf entrato in Tegova e le cinque regole d'oro per il buon uso dell'Ia

Eppure molte cose serve attuarle subito e Berloco spiega l'importanza dell'ingresso del Conaf in Tegova, il Gruppo Europeo delle Associazioni dei Valutatori: "Il nostro ingresso in Tegova, prima volta per gli agronomi, avviene con i nostri European Valuation Standards. E vogliamo realizzare come Tegova le regole d'oro per il buon uso dell'Ia.

 

Le cinque regole enumerate da Berloco sono:

  1. La responsabilità del professionista non è delegabile alla Ia;
  2. Si deve verificare sempre il risultato della Ia;
  3. La tracciabilità del processo analitico dell'Ia è essenziale;
  4. La competenza del professionista è necessaria a sventare soluzioni di Ia fuorvianti;
  5. Diversificare il fornitore di Ia, non appoggiandosi solo a ChatGpt.

 

Etica, regole sì, ma devono essere elastiche

L'ultimo quesito, non ultimo per importanza, è quello di tenore etico: la professione dell'agronomo rischia di essere sostituita dagli umanoidi? La risposta è no, ma è molto articolata.

 

Per De Pascale "Gli umanoidi serviranno per i lavori pesanti, ma la nostra professione evolverà, l'intelligenza artificiale ci aiuterà a fare meno calcoli e meno traduzioni, non sarà un'antagonista, ma un'opportunità per lavorare meglio. Tale scenario rafforza però l'esigenza di un'etica della responsabilità professionale che farà la differenza, perché chi interpreta i dati e le analisi sarà sempre il professionista. Come Consiglio Nazionale stiamo già mettendo mano al codice deontologico per l'utilizzo di questi strumenti".

 

Berloco taglia corto e di rimando sulla De Pascale dice: "Siamo dentro Tegova e stiamo dando il nostro contribuito proprio per andare in questa direzione".

 

Chiude Lazzaroli: "Mi piacerebbe che dagli agronomi nascesse una discussione: etica non è morale assoluta, si può discutere sulle norme. Molte volte nella discussione sull'etica Ia si fa confusione. A livello ordinistico meglio puntellare l'argomento per evitare confusione".

 

Questo articolo è stato modificato il 12 novembre nel primo paragrafo