E' stato, tanto per fare un esempio, il caso delle noci, frutto che l'Italia importa da Usa, Francia e Cile in quantità enormi. O delle mandorle, coltura che nella recentissima cronaca leggiamo aver destato gli investimenti di un grande gruppo come i Benetton.
Ricordiamo ancora che saranno millanta le finestre che si spalancheranno per effetto del Green new deal. Con questa strategia si vuole che l'Unione Europea raggiunga la neutralità ambientale (non produca più gas a effetto serra) entro il 2050 e che entro il 2030 riduca le emissioni di gas a effetto serra almeno del 50% rispetto ai livelli del 1990.
L'Europa, secondo i piani promossi da Ursula Von Der Leyen, dovrà diventare leader mondiale passando a una economia pulita e circolare, ripristinando la biodiversità e riducendo l'inquinamento. Un ruolo importantissimo dovrà quindi essere svolto dall'agricoltura. Facciamo almeno un caso. Avrete letto che tanti comuni, tante regioni hanno improvvisamente deciso di piantumare milioni di piante.
A Milano c'è un progetto per piantare tre milioni di nuovi alberi entro il 2030, la Regione Emilia Romagna ne vuole mettere a dimora 4,5 milioni in 4 anni.
Domandone: ma da dove arriveranno questi alberi? Speriamo non arrivino da quei vivai o da quei commercianti olandesi che ci hanno regalato le gioie della Xylella propinandoci oleandri del Centro America impestati. Fare vivaismo significa fare programmazione: bisogna farlo sapere a comuni, regioni e amministrazioni varie.
Aumentiamo la biodiversità, riforestiamo, rinverdiamo sì: ma rigorosamente made in Italy.