La creazione di questo catasto frutticolo è stata inserita nella legge di bilancio 2019-2021 del 23 dicembre 2018, approvata dalla Camera dei Deputati e poi pubblicata il 31 dicembre 2018 nella Gazzetta Ufficiale n.302. Questo nuovo catasto frutticolo nazionale sarà chiamato a censire a livello aziendale le superfici destinate a frutta, distinte con l’indicazione delle principali cultivar allo scopo di contribuire alla conoscenza, sostenere le politiche pubbliche e le strategie nazionali, favorire una mirata pianificazione per gli operatori del settore, aumentare la competitività e orientare le scelte strategiche.
Per farlo il governo ha stanziato cinque milioni di euro (due per il 2019 e tre per il 2020) affidando per implementare operativamente l’attività di reperimento dei dati ad Agea, l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura. Quest'ultima inoltre dovrà creare il software e l'interfaccia che permetterà d'inserire i dati e di elaborarli in modo snello, dinamico, pubblico e ben funzionante. Il Mipaaft aveva dichiarato la volontà di predisporre il decreto operativo e d'attuazione entro la fine di marzo (leggi l'intervista completa dell'1 marzo 2019 al sottosegretario Alessandra Pesce su Agronotizie), ma al momento non si evidenzia nulla in questa direzione.
Il catasto frutticolo come strumento sviluppo del settore ortofrutticolo
(Fonte foto: © Mirco Ricci - Master Foto Cesena)
“L'introduzione di un catasto frutticolo nazionale è molto importante - spiega Antonio Dosi, vice presidente di Cia - Confederazione italiana agricoltori -, anche se credo non possa essere lo strumento risolutivo della crisi di alcuni comparti. E' però importante per migliorare la competitività, per accrescere la conoscenza e la programmazione, fungere da stimolo per intraprendere un ragionamento più ampio in termini di aggregazione, sviluppare adeguate politiche comunitarie, attuare strategie commerciali, oltre che di valorizzazione dei prodotti. Al momento è vero che una parte della produzione organizzata in Italia ha strumenti che raccolgono questi dati: ad esempio il 53% dell'ortofrutta dell'Emilia Romagna è legata a Op e Cooperative che di fatto seguono questo andamento. Ma è anche vero che un'altra grande parte dell'Italia questa raccolta d'informazione non la fa. E stiamo parlando di un volume capace di spostare enormemente le scelte e l'andamento commerciale”.
Soddisfazione per l’approvazione di tale provvedimento da parte di Mirco Zanotti e Davide Vernocchi, presidenti rispettivamente di Apofruit ed Apo Conerpo, due tra le maggiori Op del nostro paese, che da anni hanno adottato lo strumento del catasto interno per programmare ed indirizzare le produzioni dei soci e gestirne la commercializzazione dei prodotti.
"Apofruit crede profondamente nella necessità di creare un catasto - commenta Zanotti -, basti pensare che in cooperativa utilizziamo questo strumento da 40 anni. Questa richiesta è stata unanime dal mondo produttivo ortofrutticolo, anche se mai abbiamo parlato di cifre. Sarebbe tuttavia importante avere lo stesso strumento a disposizione su scala nazionale se non addirittura internazionale. Inoltre vorremmo sapere quando la proposta fatta sarà attuativa".
"La creazione di un catasto globale è essenziale - ha fatto eco Davide Vernocchi -. Il valore di un catasto italiano, se non europeo, è evidente se si pensa all’utilità che apporterebbe sapere la reale entità del prodotto e come questo verrà riversato sul mercato. Ad oggi molto meno del 50% del sistema produttivo italiano gestisce queste informazioni. L'Istat non permette di fotografare la reale situazione ma solo di fare delle stime previsionali".
Il Catasto frutticolo nazionale: si attende dal Mipaaft il decreto operativo e d'attuazione di quanto scritto nella legge di bilancio 2019-2021
(Fonte foto: © Mirco Ricci - Master Foto Cesena)
Il presidente dell’OI Ortofrutta Italia, Nazario Battelli, ha poi ricordato come l’introduzione di questo strumento possa essere utile anche per valorizzare le caratteristiche delle diverse varietà in base alla stagionalità. "Conoscere la vera potenzialità produttiva serve ed il catasto frutticolo va in questa direzione. Tutte le polemiche fatte nelle ultime settimane sono solo strumentali. Tutti collaboreremo al meglio per far sì che venga realizzato e per farlo funzionare al meglio".
“L’introduzione del catasto frutticolo è condizione necessaria ma non sufficiente - ha dichiarato Simona Caselli, assessora regionale all’Agricoltura della regione Emilia Romagna - perché bisogna tenere conto di come verranno gestiti i dati una volta raccolti e messi a sistema. La vera sfida sarà infatti relativa al reperimento delle informazioni: la realtà italiana è molto disaggregata e, eccezion fatta per le aziende organizzate in Op, temo sarà molto difficile ottenere i dati in maniera precisa e completa, in modo da avere una fotografia reale della situazione.
L'Emilia Romagna è una regione virtuosa con il 53% della realtà produttiva legata a sistemi di aggregazione e cooperazione (prima in Italia), mentre in molte altre regioni esiste un 'mare magnum' di cui non si sa niente. Lo strumento oltre che aiutare il settore della produzione permetterà a chi governa di attuare adeguate politiche pubbliche. E’ incredibile come nell’era dei big data si navighi ancora a vista in fatto di quantità prodotte, considerata inoltre la loro diretta ricaduta sui prezzi - ha concluso Caselli -. La programmazione va fatta e sarebbe necessaria anche a livello internazionale: forse la Spagna con i recenti abbattimenti d'impianti di pesco in Catalogna si è resa conto di essere andata un po' a caso negli ultimi anni”.
"Dal 1998 il Cso gestisce per i propri soci un catasto frutticolo - spiega Elisa Macchi, direttore del Cso - Centro servizi ortofrutticoli -. Questo per avere una chiara fotografia della propria situazione produttiva in modo tale da poter fare previsioni reali ed attendibili, utili per i propri soci e per le persone che usufruiranno delle nostre informazioni. E' evidente che quanto da noi prodotto non rappresenta il totale del territorio italiano, ma una piccola parte. Per avere un quadro completo e utile è necessario raccogliere diverse informazioni che comprendono anche l’età esatta degli impianti, le diverse varietà per ogni specie messa a dimora e la loro distribuzione sul territorio e all'interno del calendario di maturazione della specie”.
"Un catasto dinamico, dunque, e quindi aggiornabile tutti gli anni - dice in conclusione Stefano Francia, presidente di Agia - Associazione giovani imprenditori agricoli di Cia -, che dia in modo efficiente delle proiezioni e, che soprattutto, si possa estendere a livello europeo. Dobbiamo infatti cominciare a ragionare su un catasto frutticolo europeo che consideri, dunque, anche nazioni come Francia e Spagna importanti per certe produzioni come, ad esempio, le pesche e nettarine per la nostra regione. Fare un calendario delle produzioni più veritiero possibile rispetto ai consumi secondo me è strategico”.