Un’occasione importante per fare il punto sull’evoluzione della ricerca scientifica in viticoltura e sulle sue prospettive, in particolare in settori quali l’ampelografia, il miglioramento genetico, la difesa dai parassiti e lo studio del legame vino-territorio, con particolare attenzione al contributo dato dall’Isv prima e dal Cra- Vit di Conegliano.
“La vitivinicoltura italiana – ha affermato Giuseppe Alonzo, presidente del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura - ha compiuto nell’ultimo secolo progressi enormi in termini economici, ambientali e sociali, vincendo sul mercato grazie a quei fattori unici che la rendono parte della nostra identità storico culturale: dalla notevole diversità pedo-climatica, alla ineguagliabile ricchezza varietale, al savoir faire affinatosi nel tempo. Guardando al futuro, però, deve continuare ad essere vincente, puntando ancora di più sull’eccellenza e sull’export".
Alonzo ha sottolineato l'importanza dell'innovazione scientifica in questo quadro, essenziale sia per essere competitivi nel mercato globale sia per risolvere e prevenire problemi che si incontrano in vivaio, in vigneto, in cantina, sempre nell’ottica della sostenibilità.
Nel suo intervento alla tavola rotonda Domenico Zonin, presidente dell'Unione italiana vini (Uiv), ha posto l’accento sulla ricerca: “La nostra organizzazione è motivata a coordinarsi con le istituzioni, in primis con i centri di ricerca nazionali di eccellenza ed il Cra, per definire i bisogni importanti ed urgenti delle aziende vitivinicole e trovare le soluzioni in materia di ricerca applicata in viticultura ed enologia. Uiv si propone, coerentemente con il proprio ruolo, come coordinatore e collettore di vari attori che possono attivamente rilanciare la ricerca in un settore così importante come quello vitivinicolo”.
Nel corso del convegno sono stati presentati i risultati del progetto di ricerca “Valorizzazione dei principali vitigni autoctoni italiani e dei loro terroir (Vigneto)”, finanziato dal Mipaaf e coordinato dal Cra-Vit di Conegliano con la collaborazione del Centro di ricerca per la genomica e la postgenomica (Cra-Gpg), l'Istituto di genomica applicata (Iga) di Udine, le Università di Udine, Verona e Milano e la Scuola superiore di studi S. Anna di Pisa.
Da un punto di vista applicativo il progetto ha permesso di:
- Stilare un vero e proprio passaporto genetico dei principali vitigni autoctoni italiani. Dalle nostre analisi approfondite si conferma l’elevata diversità di vitigni autoctoni italiani e conseguentemente la grande variabilità di vini che possono essere prodotti. Si tratta certamente di uno dei fattori determinanti per il successo commerciale dei nostri vini, soprattutto all’estero. E questo è il primo passo per difendere e valorizzare lo straordinario patrimonio viticolo nazionale.
- Conoscere la composizione dettagliata delle uve alla raccolta, per poter così indirizzare nel modo più opportuno la tecnica enologica, esaltando al massimo le peculiarità organolettiche dei diversi vitigni. In tal modo sarà possibile ottenere un ulteriore miglioramento qualitativo dei vini, con una distinta e sempre più spiccata connotazione.
- Conoscere l’espressione genica sia nelle fasi principali dello sviluppo vegetativo della pianta sia durante il processo della maturazione dell’uva dei diversi vitigni, permettendo in futuro di poter gestire in modo mirato le tecniche colturali, in rapporto alle variabili ambientali. Ciò consentirà di intervenire, ad esempio, sui tempi e sui modi di concimare o irrigare il vigneto, sulla base di indici genetici e non più fisiologici.
- Capire il grado di adattamento dei vitigni ai vari terroir, per poter ottimizzare la loro espressione qualitativa in diversi ambienti.
© AgroNotizie - riproduzione riservata
Fonte: CRA - Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura