Ad aprire l’incontro è stato Erwin Rahue, vice presidente e amministratore delegato Basf Italia, con una panoramica sull’andamento dell’azienda a livello globale. Con un organico di circa 95.000 collaboratrici e collaboratori, Basf ha raggiunto nel 2005 un fatturato superiore a 42,7 miliardi €.
Gestione dell’energia, bio e nanotecnologie, trasformazione materie prime, sono i settori in cui l’azienda sta orientando i propri investimenti, i quali si attesteranno sugli 800 miliardi tra il 2006 e il 2008. Due grandi sfide s’intravedono infatti per il futuro: cibo ed energie rinnovabili.
Alberto Dezza, country manager Basf Italia, ha presentato il progetto Clearfield®, implementato per ora unicamente sulla coltura del riso. Tra le colture principali per la nutrizione mondiale, il riso ricopre la superficie di 150 milioni di ettari concentrati per lo più nel sud-est asiatico (132 mln ha), valori che lo pongono come secondo cereale coltivato al mondo. 600 mm tons/anno la produzione complessiva, ripartita per l’80% sulle varietà Indica (Thai, Gladio) e per il 20% sulle Japonica (Arborio, Carnaroli o Balilla).
In Italia l’area complessiva è intorno ai 220.000 ha, concentrati per la quasi totalità tra Vercelli, Novara, Milano e Pavia, per una produzione di 1,5 mm tons/anno, che vedono nell’export (70%) il proprio principale sbocco commerciale.
Le varietà Indica sono letteralmente esplose in Italia dai primi anni ’90, per soddisfare l’esportazione verso quei Paesi ove la richiesta è orientata su queste varietà per motivi legati all’immigrazione.
Molto più che altre colture, il riso ha nel tempo affinato una vera e propria 'cultura della coltura'. La professionalità del risicoltore e della filiera legata alle sue produzioni sono infatti ad oggi a livelli di eccellenza.
La monosuccessione è divenuta la scelta preferenziale, con ovvi risvolti positivi e negativi sia dal punto di vista ambientale che agronomico. L’ambiente particolare in cui il riso viene coltivato, in sommersione, crea una selezione di erbe infestanti altamente competitive verso la coltura, la quale può perdere oltre il 70% della produzione in caso di inadeguata protezione. Fra le malerbe tipiche del riso è il riso crodo (o riso rosso). Esso appartiene alla medesima classificazione della coltura stessa (Oryza sativa), ma ne deprezza enormemente i raccolti (oltre il 50% del calo produttivo con sole 40 piante/m2).
E’ caratterizzato da grande competitività: indistinguibile “chimicamente” dal riso per i diserbi, per contenerlo si deve ricorrere a tecniche alternative, quali l’utilizzo di semente certificata, la falsa semina (seguita da diserbo pre-semina) e l’utilizzo di varietà precoci, come pure la lotta di soccorso con interventi meccanici post-fioritura o manuali pre-impollinazione. Economicamente, le tecniche manuali sono ben lungi dall’esser sostenibili.
Si sono aperti quindi nuovi canali di ricerca, capaci di percorrere nuove vie di tipo genetico, tali da rendere il riso resistente ad alcuni erbicidi utilizzabili a basse dosi e dotati di ridotto impatto ambientale.
Come introduzione al progetto Clearfield®, Gabriella Consonni, genetista dell’Università degli Studi di Milano, ha illustrato i meccanismi di trascrizione e regolazione dell’informazione genetica (espressione fenotipica del genoma), focalizzando soprattutto sul processo di mutazione dei geni e sulle conseguenze ad esso legate: è sufficiente una mutazione puntiforme di una singola base del Dna per provocare l’inserimento di aminoacidi non previsti dal 'progetto' originario, modificando profondamente la funzionalità delle proteine che vengono così sintetizzate.
La mutagenesi ha quindi grande interesse nella ricerca di base sul miglioramento genetico ed è alla base del progetto Clearfield®, che non deriva pertanto dall’inserimento nel riso di geni di organismi differenti.
Alberto Dezza ha poi approfondito il progetto Clearfield®. La sua tecnologia è applicabile non solo al riso, bensì anche al frumento, al mais, al girasole ed alla colza.
Nei primi anni ’90 nasce negli Usa la prima varietà di riso resistente agli erbicidi appartenenti alla famiglia degli imidazolinoni. Ciò permette per la prima volta di discernere “chimicamente” il riso dal riso crodo. Nel ’97 giunge il CL 161, mutante ancora più efficace del precedente nel metabolizzare e rendere innocui questi erbicidi.
La gestione delle problematiche legate ai fenomeni di resistenza necessita inoltre la corretta rotazione con varietà convenzionali. Nelle linee guida previste da Basf, si opera infatti secondo precisi contratti tra aziende risicole e fornitori di semente e diserbi, contratti che impegnano l’azienda a seguire le rotazioni previste e tutte le buone pratiche agronomiche necessarie al corretto utilizzo di questa tecnologia.
Il market test 2006 ha coinvolto circa 145 aziende, per complessivi 4.000 ha, ed ha fornito buone rese produttive e un controllo efficace del riso crodo.
Quest’anno si prevedono 20.000 ha seminati, ovviamente dislocati negli areali in cui il riso crodo mostra la presenza maggiore.
A maturità, il massimo della superficie coltivabile con la tecnologia Clearfield® non supererà comunque il 25% del totale (circa 50.000 ha), date le superfici con presenza di crodo e le severe esigenze di gestione delle resistenze.
Si prosegue nel frattempo anche nella selezione di nuove varietà di riso, come pure si approfondirà a breve la ricerca sul girasole e sul frumento.
Per l’agricoltore, il vantaggio dell’adozione della tecnologia Clearfield® è principalmente quello della soluzione di problemi che possono recare danni economici, anche molto gravi, con una pratica agronomica molto più semplice e diretta delle possibili alternative tradizionali.
A fine lavori, numerose domande sono state volte soprattutto a sviscerare le differenze tra un organismo mutato e un Ogm. La risposta è stata chiara: Libero non è un Ogm, derivando la resistenza all’imazamox unicamente dalla mutazione di un gene del riso stesso e non dall’inserimento nel genoma del riso di geni provenienti da organismi differenti.
Per infomazioni: www.agro.basf.com
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Fonte: Basf