Con 50,27 milioni di ettolitri di vino l'Italia mantiene il primato produttivo mondiale, e fa segnare un incremento del 3% rispetto alla media del quinquennio 2017-2021, ma il primato mondiale di fatturato rimane ancora in casa francese.
"Aumentare il valore riconosciuto alle produzioni made in Italy è fondamentale perché oggi, coi costi crescenti dell'energia e degli imballaggi, costa più la bottiglia che il contenuto. Non possiamo più permettere di essere primi al mondo per volumi senza esserlo anche per valore", ha detto il ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli, aggiungendo che per raggiungere l'obiettivo "servono ricerca e innovazione e va migliorata la comunicazione del vino italiano".
"Siamo al primo posto al mondo - gli fa eco il presidente di Unione Italiana Vini (Uiv) Lamberto Frescobaldi - ma è una medaglia di legno quella produttiva. Un primato che non ci basta, vorrei che non si svalorizzasse tutto quello che abbiamo prodotto".
Per il presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella "i produttori italiani meritano un reddito pro capite pari ai francesi, ma qui registriamo un 80% di perdita di valore sulle uve perché, soprattutto al Sud, la produzione è notevolmente superiore alla richiesta di mercato. In pratica abbiamo due stagioni e mezzo in cantina per i rossi".
Più roseo il quadro per il sottosegretario al Ministero delle Politiche Agricole, con delega al vino, Gian Marco Centinaio: "Siamo ancora leader a livello mondiale per quanto riguarda la produzione, ma anche, a mio giudizio, a livello qualitativo. Continuiamo a lavorare per intervenire sui nostri punti deboli, intanto una promessa l'abbiamo mantenuta - ha aggiunto il sottosegretario - abbiamo messo a disposizione 25 milioni di euro per la filiera per promuovere il vino anche nel nostro Paese dove non è abbastanza conosciuto, in particolare dai giovani, e quindi ci possono essere margini di crescita. Ringrazio i consorzi perché abbiamo ricevuto da loro 63 proposte".
L'Osservatorio Assoenologi, Ismea e Uiv presenta anche la classifica delle regioni italiane per produzione di vino, capeggiata dal Veneto nonostante il calo del 3% e che, con 11,5 milioni di ettolitri, produce da solo oltre un quinto del vino italiano. Seguono Puglia ed Emilia Romagna con, rispettivamente, 10,6 e 7,4 milioni di ettolitri, per un prodotto complessivo delle tre regioni pari al 59% dell'intero vigneto italiano. Importante flessione della Lombardia (-20%), seguita da quella più moderata del Piemonte (-9%) e della Liguria (-5%), mentre si stima in crescita la Valle d'Aosta (+10%). A Nord Est segnalate in recupero rispetto allo scorso anno sia Trentino Alto Adige (+10%) che Emilia Romagna (+4%), mentre perdite di lieve entità potrebbero esserci in Veneto (-3%), con il Friuli Venezia Giulia sostanzialmente stabile. Al Centro si assiste al deciso rialzo dei volumi per Umbria (+10%) e Toscana (+12%), seguito da un più moderato aumento nelle Marche e nel Lazio, entrambe a +5%. Al Sud il lieve incremento della Puglia (+3%) si contrappone alla leggera flessione della Sicilia (-5%); si prevede una produzione stabile per l'Abruzzo, il Molise e la Calabria. In crescita anche Campania (+4%), Sardegna (+15%) e Basilicata (10%).
In tema qualità, secondo l'Osservatorio Assoenologi, Ismea e Uiv, si aspettano vini eccellenti in Trentino Alto Adige e Sicilia, mentre puntano l'asticella sull'"ottimo" Piemonte, Valle d'Aosta, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Lazio, Umbria, Abruzzo, Molise, Puglia e Sardegna, con Liguria, Emilia Romagna, Marche, Campania, Basilicata e Calabria più caute su previsioni "buone/ottime".
Buone invece le attese per le etichette lombarde e venete. E secondo l'Associazione degli Imprenditori Europei Ceev, il vigneto Europa ha tenuto, con una crescita della Francia sulla media del quinquennio (+3,5%, a 44 milioni di ettolitri), mentre scala per l'eccessivo caldo la Spagna, dove è prevista una contrazione del 16%. Caldo e cambiamenti climatici tagliano la produzione anche nell'emisfero Sud, con la raccolta di uve in flessione in Argentina (-10,4%); Australia (-13,3%); Cile (-7,5%); Nuova Zelanda (-29,5%); Sud Africa (-2,8%).
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Fonte: AgroNotizie