Un 'new deal' tra i principali distretti produttivi del paese per diffondere la cultura del bere in versione rosa, che in Italia rappresenta oggi il 6% dei consumi, mentre ogni cento bottiglie vendute in Francia più di trenta sono di rosé.

Con questa premessa nasce Rosautoctono, l'Istituto del vino rosa autoctono italiano, una compagine che raccoglie i Consorzi di tutela delle denominazioni di origine più rappresentative del settore (Bardolino Chiaretto, Valtènesi Chiaretto, Cerasuolo d'Abruzzo, Castel del Monte Rosato e Bombino Nero, Salice Salentino Rosato e Cirò Rosato) con l'obiettivo di dare una spinta decisiva dal punto di vista promozionale, economico e culturale, ai più significativi territori vocati alla produzione di questa tipologia di vino.

Ad apporre la firma sull'atto costitutivo, lo scorso 26 marzo a Roma, sono stati infatti il neo presidente dell'Istituto, Franco Cristoforetti (numero uno del Consorzio di tutela del Chiaretto e del Bardolino) insieme ai presidenti Alessandro Luzzago (Consorzio Valtènesi), Francesco Liantonio (Consorzio di tutela vini Doc Castel del Monte), Valentino Di Campli (Consorzio di tutela vini d'Abruzzo), Damiano Reale (Consorzio di tutela vini Doc Salice Salentino) e Raffaele Librandi (Consorzio vini Cirò e Melissa).

Tra gli intervenuti anche Luciano Nieto, capo segreteria tecnica ministro (Mipaaft), il quale ha affermato: "Fare sistema in Italia è molto difficile e quando si decide di farlo non possiamo che fare i complimenti per lo sforzo. Auguri dunque per un proficuo lavoro al neonato Istituto, che sono certo porterà a importanti risultati".

Presenti anche Sebastiano De Corato, in rappresentanza del Consorzio di tutela vini Doc Castel del Monte, Dario Stefàno, senatore della Repubblica, e Luigi Cataldi Madonna, vicepresidente vicario dell'Istituto.
 
Rosautoctono, l’Istituto del vino rosa autoctono italiano
(Fonte foto: Consorzio Valtènesi)

"Abbiamo voluto usare la nuova definizione di vino rosa - ha spiegato il presidente del neo Istituto Franco Cristoforetti - perché è quella che riassume le diverse identità dei territori del Chiaretto gardesano, del Cerasuolo abruzzese e del Rosato pugliese e calabrese, tutte fondate su vitigni autoctoni. Come esistono i vini rossi e i vini bianchi, ci teniamo a sottolineare che in Italia esistono i vini rosa, che tra l'altro nulla hanno da invidiare per tradizione e qualità ai rosé francesi, oggi dominanti sui mercati mondiali, dove si bevono 24 milioni di ettolitri di vino rosato, ma dove l'Italia deve e può raggiungere posizionamenti più importanti".

"Per competere a livello internazionale, tuttavia, abbiamo capito che non bastava essere portatori di una storia bimillenaria e aver raggiunto altissimi livelli qualitativi. C'è bisogno - ha continuato - di una strategia comune, trasversale a tutto il paese, e per questo abbiamo deciso di fondare un Istituto che rappresenta un traguardo storico, perché ha come fine prioritario quello di favorire una promozione unitaria e rafforzata, dentro e fuori dai confini nazionali, offrendo al comparto una spinta decisiva".

A supportare questa unione d'intenti saranno diverse azioni mirate: iniziative di comunicazione, campagne di informazione, collaborazioni con testate e guide di settore, partecipazione a fiere e manifestazioni, attività di ricerca, di formazione e la costituzione di un Osservatorio permanente. Un obiettivo quest'ultimo che fornirà una fotografia del settore, anche grazie al supporto di Valoritalia e Federdoc.

Appuntamento al Vinitaly a Verona, dal 7 al 10 aprile prossimi.