Il territorio italiano è un paziente ancora grave, ma in cui si manifestano i primi, lievi segni di miglioramento. Questo il quadro emerso a Roma nel corso della presentazione da parte dell'Anbi (Associazione nazionale dei consorzi per la gestione del territorio e delle acque irrigue) del Piano 'Manutenzione Italia 2017', giunto all'ottavo report e redatto sulla base delle indicazioni fornite dai 151 consorzi aderenti, che fotografa una situazione in positiva evoluzione rispetto all'anno precedente, con un numero di interventi in crescita, ma con un fabbisogno complessivo che - grazie alla realizzazione di alcuni interventi prioritari - passa da 8.022 a 7.961 milioni di euro.
 
Il Piano per la riduzione del rischio idrogeologico si affianca e integra il Piano nazionale degli invasi, già presentato dall'Anbi, come risposta di prospettiva alle ricorrenti siccità, che penalizzano l'agricoltura nazionale.

Per migliorare significativamente la sicurezza del territorio italiano da allagamenti, alluvioni e frane servono 3.709 interventi per un importo complessivo di quasi 8 miliardi di euro, finanziabili con mutui quindicennali; la regione con le maggiori necessità finanziarie per progetti definitivi ed esecutivi è il Veneto (1.746.000 euro circa), ma il record nel numero di progetti da realizzare appartiene all'Emilia Romagna (942).

"L'attuazione del Piano da noi presentato - commenta Francesco Vincenzi, presidente dell'Anbi - ridurrebbe progressivamente le conseguenze di sciagure di origine naturale, la cui violenza è accentuata dai cambiamenti climatici in atto e che annualmente costano circa 2 miliardi e mezzo per riparare i danni, senza contare l'incommensurabile valore delle vite umane. Non solo: sarebbe un importante fattore economico, dando vita a circa 50mila nuovi posti di lavoro ed evitando i freni allo sviluppo, causati da fenomeni quali alluvioni e frane. Per questo, siamo orgogliosi di affermare che le progettualità messe in campo dai Consorzi di bonifica e di irrigazione sono un importante asset per la crescita del paese".
 
Oltre ai due piani già citati, nella partita per la manutenzione del territorio, l'Anbi ha rilanciato aprendo un terzo fronte: quello delle grandi opere idrauliche incompiute. In totale sono 35, costate finora 650 milioni di euro, ma bisognose di altri 775 milioni per essere efficienti ed uscire dall'imbarazzante categoria degli 'sprechi'.

Nella poco invidiabile classifica emergono Campania e Calabria con sette 'incompiute' a testa; seguono Lazio, Puglia, Sicilia (quattro 'incompiute' ciascuna), Abruzzo (due), Molise, Sardegna ed Emilia Romagna (una).
Si va dalla calabrese diga sul Melito, costata finora 90 milioni ma completata solo al 10%, con cantiere sospeso e perdita di migliaia di posti di lavoro,  alla siciliana diga di Pietrarossa, realizzata al 95% e per la quale basterebbero 60 milioni di euro per il completamento; in grado di portare acqua a 11mila ettari, che oggi soffrono la siccità, fino al sistema irriguo dell'Alento, nel campano Cilento, per il quale sono stati spesi finora 34 milioni di euro, ma ancora mancante delle condutture per irrigare 1.600 ettari di territorio.

"Le regole vanno rispettate nell'interesse di tutti - conclude Massimo Gargano, direttore generale dell'Anbi - ma bisogna fare attenzione che la loro applicazione non diventi terreno per stucchevoli burocratismi, causa di ripetuti rallentamenti, che negano al territorio importanti infrastrutture per lo sviluppo".