"I piccoli produttori hanno espresso con forza le proprie opinioni sulle difficoltà quotidiane: le colture di biocarburanti competono con quelle finalizzate all’alimentazione, per la terra che coltivano e per l'acqua di cui hanno bisogno per sostenersi. Si sono rivolti a questa assemblea per difendere il proprio diritto al cibo dall’impatto dei biocarburanti, ma le raccomandazioni finiscono nel difendere in maniera preponderante gli interessi dell’industria degli agro-carburanti e legittimano le violazioni del diritto al cibo" . Nel mese di giugno l’High level panel of experts, Hlpe, Gruppo di esperti di alto livello - ha pubblicato su richiesta del Cfs un rapporto sulle politiche di biocarburanti per dare un valido contributo ai negoziati. Il documento ha chiaramente sottolineato l’esistenza di un legame tra politiche energetiche e sicurezza alimentare, ma ha anche evidenziato che uno dei fattori chiave alla base della volatilità dei prezzi dei prodotti alimentari degli ultimi anni è proprio rappresentato dai biocarburanti. Queste tesi sono state avvalorate anche da altre ricerche indipendenti, di cui una della Commissione europea.
Le stime attuali suggeriscono che circa sei milioni di ettari di terra nell’Africa sub-sahariana sono sotto il controllo di imprese e società europee di agro carburanti, mentre 293 appezzamenti di terra, oggetto di land grabbing su scala globale sono utilizzati ai fini della produzione di questi combustibili “verdi”, coprendo una superficie globale di oltre 17 milioni di ettari. Lunedì scorso, più di 80 organizzazioni della società civile hanno inviato una lettera ai membri del Cfs, avvertendo loro che le attuali raccomandazioni non sono in grado di sostenere in nessun caso il diritto al cibo né possono contribuire a fermare la fame indotta dai biocarburanti.