Per un'attività come la vitienologia è indispensabile trovare nuove interpretazioni delle tecniche colturali che consentano di gestire gli effetti del climate change e di farne un'occasione per rinnovare gli schemi produttivi, preservando la qualità del prodotto in un contesto nuovo.

Sarà questo il focus del convegno "Un giro di vite. Il cambiamento come opportunità: ripensare la gestione del vigneto per preservare la qualità delle uve in un clima che evolve" a cura delle Donne della Vite, in programma venerdì 11 marzo 2022 a Bari, Fiera del Levante.

"Nello spirito che contraddistingue Donne della Vite - sottolinea la presidente dell'Associazione Valeria Fasoli - il convegno ha lo scopo di comunicare, trasmettere e diffondere cultura nel mondo vitivinicolo con rispetto dei principi cardine di una viticoltura sostenibile. Abbiamo individuato un tema di grande attualità, su cui esperti di settore porteranno alla platea di Enoliexpo il loro contributo di conoscenza ed esperienza".

A fare la panoramica delle tecniche colturali da adottare per migliorare la resilienza dei vigneti al cambiamento climatico sarà Vittorino Novello dell'Università di Torino, che si soffermerà su alcuni aspetti da ripensare, a partire dalla progettazione del vigneto prima dell'impianto.

Un "salto" in una realtà estrema come quella del deserto israeliano del Negev - accompagnati da Aaron Fait, Ben Gurion University del Negev (Israele) - sarà propedeutico per comprendere in che modo oggi si produca vino in regioni nuove, diverse da quelle tradizionali per la coltivazione della vite, come quelle desertiche da cui provengono vini di qualità.

"I viticoltori di queste aree - spiega a tal proposito Fait - hanno bisogno di conoscenze per razionalizzare le proprie tecniche colturali. Il deserto è un formidabile laboratorio in cui testare sulla vite gli effetti che i cambiamenti climatici hanno o potranno avere sui vigneti di zone non desertiche, dove talora preservare la qualità delle uve sta diventando difficoltoso. Per una pianta arborea come la vite, l'adattamento ad annate mutevoli e imprevedibili come quelle a cui ci stiamo abituando è tutt'altro che semplice. Ho visto viti di 20-25 anni di età letteralmente 'crollare' per gli effetti di annate calde e siccitose in Friuli Venezia Giulia, zona nota per essere storicamente molto piovosa".

Negli ambienti del Sud, evidentemente, la riformulazione delle tecniche colturali in vigneto in funzione del climate change è molto urgente. "Tenendo conto dei mutati ritmi di assorbimento da parte della pianta - esemplifica Antonio Carlomagno di Agriproject Group (Rutigliano, Bari) - nutrizione idrica e minerale necessitano di una gestione diversa rispetto al passato, nell'ottica di preservare la qualità delle uve. Anche la scelta delle forme di allevamento va riformulata nel nuovo contesto produttivo, prendendo in considerazione opzioni spesso lasciate a margine. Non si tratta di stravolgere le tecniche colturali, ma di valorizzare in chiave attualizzata conoscenze già radicate sul territorio, che devono semplicemente essere interpretate alla luce delle più recenti acquisizioni scientifiche e tecniche".

A mutare non sono solo le condizioni climatiche, ma anche il clima sociale e culturale che influenza la percezione della qualità del vino. "Questa evoluzione delle classificazioni e delle relative categorie con cui viene rappresentata e percepita la qualità del vino - sottolinea Gianmarco Navarini dell'Università Bicocca di Milano - rivela una tendenza a far intrecciare la concezione di qualità con quella di ambiente e, quest'ultima, con la concezione del contesto di produzione. Nel nuovo clima sociale, culturale e intergenerazionale, la nuova posta in gioco della qualità sembra risiedere in questo intreccio".

A supporto dei cambiamenti in corso nella filiera vitivinicola si pone Volentieri Pellenc, azienda del settore e partner del convegno.
"Il perseguimento della qualità - illustra Marcello Salvestrini, responsabile della Comunicazione di Volentieri Pellenc - è l'obiettivo che ci siamo prefissati per accompagnare i vigneti e i vini italiani verso un futuro che impone di fare fronte al cambiamento climatico perseguendo al contempo la sostenibilità. Grazie a uno sforzo costante in termini di innovazione e investimenti sulla ricerca, abbiamo elaborato tecnologie sempre meno invasive per esaltare i caratteri tipici di ogni vitigno, piuttosto che standardizzarli".

"Creare un momento di confronto tra esperienze diverse e di dialogo tra percorsi di ricerca e sperimentazione solo apparentemente lontani è l'obiettivo che ci ha guidato nell'organizzare questo convegno, nella consapevolezza che il cambiamento climatico in atto necessita di uno sforzo congiunto da parte di ricercatori, tecnici e produttori per preservare gli standard qualitativi del prodotto e la competitività del settore", conclude Costanza Fregoni, vicepresidente dell'Associazione Donne della Vite e moderatrice del convegno.

Ai partecipanti saranno rilasciati i relativi Cfp per gli iscritti agli Ordini degli Agronomi, dei Periti Agrari e degli Enologi.


Il programma del convegno in pillole

Saluti di apertura
Valeria Fasoli, presidente Associazione Donne della Vite
Marcello Salvestrini, responsabile Comunicazione Volentieri Pellenc

Vittorino Novello, Università degli Studi di Torino
"Adattamenti delle tecniche colturali per mitigare gli effetti del cambiamento climatico in viticoltura"

Aaron Fait, Ben Gurion University del Negev (Israele)
"Cambiamenti climatici e viticoltura eroica, Italia chiama Israele: la 'lezione' dal deserto israeliano del Negev"

Antonio Carlomagno, Agriproject Group (Rutigliano, Bari)
"Il climate change e l'approccio agronomico di campo nella gestione del vigneto in ambienti del Sud"

Gianmarco Navarini, Università Bicocca di Milano
"I mutamenti nel clima sociale e culturale e la percezione della qualità del vino"

Domande e discussione

Modera Costanza Fregoni, vicepresidente Associazione Donne della Vite

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