Tanto si è parlato del vino italiano all'interno della "guerra dei dazi" scatenata dal presidente Trump. Tocchiamo ferro: pare che il sistema vitivinicolo nazionale sia piuttosto resiliente. Dai dati diramati da Nomisma si nota che, pur attenuata rispetto ai recenti anni, la crescita delle esportazioni continua, segnando nei primi mesi di quest'anno un netto +4,8%.

 

Certo bisogna tener conto dell'esplosione delle esportazioni nei primi tre mesi di quest'anno verso gli Usa (+22%): gli importatori facevano scorta in previsione della stretta daziaria. Si recupera, e pare alla grande, in mercati quali il Canada (che ovviamente non importa più vino statunitense) ma soprattutto nell'Unione Europea, dove nei primi 8 mesi del 2025 si registrano dati eccellenti, come il +16,3% in Spagna o il +18,2% in Polonia.

 

Da anni si dice che bisogna cercare mercati alternativi, è quindi assolutamente necessario condurre forti campagne di promozione in mercati in cui esistono potenzialità di importazione. Come insegnano quelli bravi è però limitante concentrarsi solo sul vino - quando si fanno determinate azioni promozionali bisogna parlare di territori, di cultura, di gastronomia quindi di alimentazione e turismo.

 

A vincere negli ultimi venti anni è stata una certa immagine del nostro Paese, che ha per esempio saputo talora surclassare quella dei francesi (che però adesso si stanno dando molto da fare in questo senso).

 

Sempre a proposito di promozione: abbiamo letto della votazione del Pacchetto Vino da parte della Commissione Agricoltura dell'Ue - un pacchetto che parla di espianti e distillazione, quindi è orientato a una decrescita - ma ammette nello stesso tempo un aumento dal 50 all'80% del contributo ammesso per la promozione in paesi terzi.

 

Sarà quindi il singolo Paese a scommettere sul settore: noi speriamo che l'Italia voglia continuare a puntare sull'eccellenza del food&wine italiano.