Il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina e il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda hanno precisato: "Il nostro obiettivo è dare massima trasparenza delle informazioni al consumatore, rafforzando così la tutela dei produttori e dei rapporti di due filiere fondamentali per l'agroalimentare made in Italy".
Un obiettivo che oggi punta a estendersi anche ai prodotti derivati dal pomodoro.
I due ministri in occasione dell’importante operazione di unione dei marchi Pomì e De Rica si impegnano a portare avanti questo scopo non ancora effettivo.
L’Oi del Nord Italia ha accolto con grande favore l’impegno e si reputa pronta per la sperimentazione.
Tiberio Rabboni, presidente dell’Oi, ha cosi commentato: "Sono tutti segnali positivi in linea con la posizione assunta da tutta la filiera del pomodoro da industria del Nord Italia".
Sulla stessa linea anche l'entusiasmo di Anicav. Il presidente Antonio Ferraioli ha infatti detto: "Siamo sin d’ora disponibili ad accompagnare il percorso delineato dai ministri per giungere alla rapida adozione di un decreto che disciplini l’obbligo di indicazione in etichetta dell’origine del pomodoro utilizzato per la produzione di derivati che possa finalmente porre un argine alle speculazioni e alle polemiche degli ultimi anni e garantire al consumatore la massima trasparenza".
Secondo Coldiretti l’importante lavoro va però esteso a tutti i vegetali trasformati, dai succhi alle confettura come chiede l’84% degli italiani che hanno partecipato alla consultazione pubblica indetta dallo stesso ministero delle Politiche agricole.
Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti, ha sottolineato: "Ad oggi l’obbligo di etichettatura di origine è in vigore in Italia solo per le passate ma non per pelati, polpe, sughi e soprattutto concentrati. Il problema però riguarda tutta l’ortofrutta trasformata che spesso arriva da Paesi lontani per essere lavorati in Italia e diventare magicamente made in Italy senza alcuna indicazione per il consumatore".