Poco meno di un mese fa a Napoli si è tenuto il Festival delle vigne metropolitane, un'iniziativa promossa dal comune di Napoli, nata dalle sinergie sviluppate da alcune associazioni del territorio e che ha visto la delegazione Ais di Napoli come partner tecnico dell'evento.

Il tentativo di celebrare il vino e le vigne di Napoli è riuscito. Tanti i visitatori che hanno scoperto come nel cuore della città, con i suoi 782 ettari di superficie agraria utile, vi siano anche ben 131 ettari coltivati a vite.
Da San Martino alla Selva Lacandona di Chiaiano, passando per la vigna di Salita Scudillo fino ai vigneti di Santo Strato a Posillipo e a quelli di Agnano e dei Camaldoli, Napoli è la seconda città d'Europa per superficie di territori coltivati a vite.
 
"Napoli è seconda solo a Vienna per superfici vitate e precede Parigi e Torino - spiega Tommaso Luongo, delegato Ais di Napoli, tra gli organizzatori delle kermesse - e ci siamo ispirati proprio alla capitale francese per il festival, poiché nel quartiere di Montmartre si tiene da oltre 80 anni un'analoga manifestazione, con lo scopo di valorizzare vigneti e vini del perimetro urbano".
 
AgroNotizie ha sentito alcuni dei protagonisti di questa viticoltura antica ed eroica, che pur assumendo i caratteri della resistenza all'urbanesimo, si rivela fornitrice di una serie di servizi ad alto valore aggiunto proprio alla città.
Una agricoltura multifunzionale, moderna, che ha un sapore antico: quello di vigneti che risalgono al periodo preunitario, che non furono attaccati dalla fillossera grazie alla natura sabbiosa e vulcanica dei terreni.
 
"Qui abbiamo rinunciato a costruire, non abbiamo voluto la rendita, e abbiamo continuato a coltivare. Negli ultimi quattro anni, nei fondi di alcuni parenti che erano stati abbandonati, ho recuperato vigneti antichi di Piedirosso e Falaghina: erano sotto i rovi, ma erano rimasti vitali -  racconta Raffaele Moccia, titolare di Agnanum, che sottolinea - ho così ricostruito la vigna di famiglia, riportandola a dieci ettari e mezzo, e ho anche ripristinato antichi ordinamenti colturali come lo spallettone o la pergola puteolana”.

L'azienda agricola e la cantina si sviluppano in area Doc Campi Flegrei lungo la murazione aragonese di Napoli, tra il bosco del Cratere degli Astroni, dove c'è l'ingresso della proprietà, e la Tangenziale di Napoli.
Sotto l'azienda ci sono due dei quartieri più popolosi di Napoli: Agnano e Fuorigrotta.
 
"L'attività di viticoltore la svolgo sin da bambino, sono un agrotecnico e seguo l'azienda la 1982 - racconta ancora Moccia, che sottolinea - non so quali problemi mi crei la vicinanza alla città, certo è che gliene risolvo parecchi".
Il vigneto, con i suoi terrazzamenti, funge da protezione idraulica per la Tangenziale di Napoli ed è un'obiettiva forma di controllo del territorio. "La nostra presenza salvaguarda il bosco sovrastante, oltre 700 ettari e oasi del Wwf, perché scoraggia l'attività dei piromani e al tempo stesso contribuisce a funzionare da area tampone che disciplina e assorbe le acque meteoriche" spiega Moccia.
 
Ma se ci si addentra, Napoli ha altre perle. Da Capo di Posillipo si vede tutto il golfo di Napoli, da Sorrento a Capri si avvista maestoso il Vesuvio. Eppure proprio da questa piazza in pieno centro si accede ad una vigna terrazzata su un versante ripidissimo, esposta a Sud, che scende fino a Marechiaro: è l'azienda Varriale.

Qui ci sono due ettari e mezzo, ma altri appezzamenti si trovano a Bacoli, e Salvatore Varriale si lamenta: "Ho solo svantaggi dal coltivare qui la vite, unico vantaggio per me è che lo faccio con passione". Oltre alla vigna c'è anche l'orto, funzionale ad un'attività di ristorazione.
"Il nostro vino, quello che produciamo in azienda lo vendiamo agli avventori del nostro ristorante, ma produciamo molta più uva del nostro fabbisogno e la vendiamo ad altre cantine dell'area Doc Campi Flegrei".

Il problema principale di Varriale è reperire manodopera specializzata: "Secondo lei, dove lo trovo un potatore qui, dove vive la Napoli chic e magari un po' snob?".
Altro svantaggio, l'azienda è circondata da fondi confinanti abbandonati: "Lottiamo quotidianamente contro l'avanzata dei rovi, e qui la pendenza impedisce l'accesso di qualsiasi macchina agricola, si zappa con la zappa a forza di braccia e si fa il diserbo con il decespugliatore, che spesso si rompe".

Anche l'attività di Salvatore Varriale svolge un compito importantissimo: funge da difesa idrogeologica per la zona balneare di Marechiaro, e rappresenta un polmone di verde di ineludibile fascino.
Coltivare la vigna e fare il vino a Napoli è un lavoro da riscoprire e al quale prestare più attenzione, ne va dell'identità stessa e della stabilità del suolo di questa città.