La notizia è fresca di qualche giorno e, in una fase di così grande attenzione alle dinamiche economiche, fa rizzare le antenne a tutto il mondo agricolo: inversione di rotta per il valore aggiunto in agricoltura che torna a salire e chiude il 2010 con segno positivo, dopo il crollo del 3,1 per cento dello scorso anno.
Secondo i dati Istat il Pil, espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2000 è aumentato dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e dell’1,3% rispetto al quarto trimestre del 2009. L’aumento congiunturale è il risultato di un aumento del valore aggiunto dell’agricoltura e dei servizi e di una diminuzione del valore aggiunto dell’industria”.
“Nel 2010 per l'agricoltura” commenta Coldiretti, “si è verificato un leggero recupero dei prezzi alla produzione che ha fatto registrare un aumento del 3,7%”. Il valore aggiunto in agricoltura inverte dunque la rotta e riprende a salire chiudendo il 2010 con segno positivo dopo il crollo del 3,1% registrato lo scorso anno".
Più cauta la reazione di Cia che rimarca come la crescita dell'agricoltura sia confortante ma vada presa con le dovute cautele. “Il settore, pur in presenza di una crescita del valore aggiunto” prosegue la Confederazione, “fa ancora i conti con aziende oberate da onerosi costi produttivi, contributivi e burocratici; da prezzi sui campi non remunerativi e da redditi sempre più falcidiati”.
Anche Confagricoltura è del parere che sia presto per parlare di pieno recupero. “L'ultimo trimestre del 2010 ha segnato una variazione positiva dopo due trimestri caratterizzati da variazioni congiunturali negative: -3,1% nel secondo rispetto al primo trimestre del 2010 e -1,2% nel terzo rispetto a quello precedente”.
La situazione del settore dunque, come sottolineato dalle organizzazioni, resta sempre estremamente difficile. “I prezzi agricoli all'origine” sottolinea Confagricoltura, “sono soggetti ad una volatilità schizofrenica e le possibili impennate dei costi sono dietro l'angolo anche a causa del caro energia”. Una ripresa, quindi, che appare ancora lontana. I dati diffusi da Istat, in ogni caso, confermano, come sottolinea Cia, “la grande vitalità delle imprese agricole nonostante i problemi con i quali sono costrette a confrontarsi”.
L'importanza di investire nell'agricoltura nazionale e nei suoi prodotti, come sottolinea Coldiretti, si legge anche dalla crescente dipendenza dall'estero per l'alimentazione la cui evidenza si trova, ancora una volta, nei dati diffusi sul commercio estero a dicembre 2010. Le esportazioni sono aumentate su base annua del 21,2% facendo segnare, sui mercati europei, un aumento ancora più vivace del 23%.
Le importazioni però, registrano un incremento superiore e pari al 31,5%. Anche il disavanzo commerciale, che a dicembre 2009 era stato di 138 milioni, risulta pari a 2,7 miliardi di euro e il deficit commerciale nel 2010, dice Istat, “è notevolmente più ampio di quello del 2009: -27,3 miliardi di euro rispetto a -5,9”.
Tra i settori più attivi nelle esportazioni si segnalano l'agricoltura, la silvicoltura e la pesca che, a dicembre 2010, hanno fatto registrare una crescita del 26,7%. Anche in questo caso però, per quanto riguarda le importazioni, gli stessi prodotti registrano un incremento del 32,7%, portando il saldo commerciale ad un passivo di 539 milioni di euro.
“Il deficit commerciale dell'Italia in ambito agroalimentare”, afferma Coldiretti citando i dati derivanti da un'analisi svolta dall'associazione sui dati Istat, “sale del 52% rispetto all'anno precedente, raggiungendo il valore di 8,554 miliardi di euro cui contribuisce l'agricoltura per un valore di 5,499 miliardi e l'alimentare per un valore di 3,055 miliardi".
“I prodotti tipici del made in Italy agroalimentare hanno contribuito a trainare le esportazioni nazionali” commenta Cia “e le esportazioni dei prodotti agricoli freschi hanno registrato un aumento del 21,3% a livello tendenziale. L'export dei trasformati alimentari ha poi segnato un aumento di 10,8 punti percentuali. Un risultato importantissimo” spiega la Confederazione, “in un anno in cui il valore aggiunto del settore primario è calato del 3%, la produzione del 2%, i costi e gli oneri amministrativo-burocratici sono saliti del 4% ed i redditi degli imprenditori hanno conservato il segno meno”.
Quello raggiunto dai prodotti agricoli freschi, commenta Confagricoltura, “è un tasso di aumento record mai raggiunto da dieci anni a questa parte ed è superiore alla percentuale di aumento dell'export italiano complessivo. Si conferma” conclude Confagricoltura, “la tendenza degli ultimi anni nei quali la dinamica dell'export di prodotti agricoli è stata sempre migliore di quella dell'export del complesso del Made in Italy”.