C'è chi di sostenibilità e ambiente ne parla e chi invece alle parole preferisce i fatti.
Manica è una realtà che è stata fondata nel 1948 e ha partecipato quindi appieno a quel processo di rinascita di un'Italia devastata dalla guerra.

Oggi però non basta più produrre formulati efficaci in campo. Bisogna bensì operare nel rispetto di regole di buon senso che riducano al contempo l'impatto sull'ambiente delle proprie attività industriali.
Un primo passo Manica lo ha fatto coprendo con pannelli solari 3.500 mq dei suoi 40mila complessivi, ottenendo una riduzione di emissioni di 3mila tonnellate all'anno.

Fra le cinque forme di rame difese a livello europeo, Manica ha deciso di concentrarsi "solo" su ossicloruro, poltiglie e solfato tribasico, perché su queste tre è in grado di seguire processi produttivi che comportano uno scarto finale pari a zero.
Inoltre, il rame utilizzato nei processi industriali è rame di risulta. Ovvero cavi obsoleti e altre strutture fatte di rame che in tal modo trovano una loro seconda vita come antiperonosporici.

Ciò si traduce in meno attività estrattive, meno trasporti e meno scorie.
Anche sul tipo di formulazioni Manica ha sposato la linea dello "zero solventi", come pure ha messo a punto particolari forme di packaging che prevedono taniche sottili di plastica contenute in involucri di cartone riciclabile.

Grazie a questo approccio conservativo è stato possibile ridurre gli imballi plastici di ben il 60%.
Bordoflow New, per esempio, è confezionato in "politainer" e rappresenta un modo nuovo di commercializzare il rame in agricoltura.