La sola produzione enologica vale per il nostro paese circa 11 miliardi di euro con oltre la metà rappresentata da un imponente export (il 20% dell'intero mercato mondiale). Vi sono quindi buone, anzi ottime, ragioni per considerare il settore viti-vinicolo come strategico per l'economia nazionale.
Non vogliamo parlare oggi della questione Prosecco/Prošek croato; lo fanno già in troppi. Certo non bisogna dormire come capitò (ricordiamolo bene) quando gli ungheresi, forse con qualche ragione in più rispetto ai furbi croati, registrarono il loro tokaji.
Vogliamo parlare del rame, sostanza antiparassitaria utile certo non solo in viticoltura.
Il rame è stato approvato come sostanza attiva candidata alla sostituzione con scadenza nel 2025, nonostante il parere negativo dell'Efsa che ha evidenziato criticità di natura ambientale. La stessa Efsa ha tuttavia segnalato che le attuali metodiche di valutazione del rischio sono state sviluppate per le molecole organiche e mal si addicono a prodotti come il rame o lo zolfo. Attualmente sono disponibili nuove linee guida che tengono conto della peculiarità del rame e verranno probabilmente utilizzate nel prossimo rinnovo.
L'uso del rame è stato limitato nell'UE con il regolamento di rinnovo 2018/1981, entrato in vigore nel 2019, che ha limitato il dosaggio a 28 kg/ha in 7 anni. Sta di fatto che la moderna ricerca scientifica ha trovato il modo per limitare l'uso del rame, ma non come sostituirlo. Il rame appare oggi indispensabile soprattutto per l'agricoltura biologica (aggiungeremmo anche per l'integrata).
Ricordiamo allora sommessamente che quello del vino bio è la principale tendenza "mainstream" del mercato internazionale: il mercato del vino bio è valso 11 miliardi di dollari nel 2020 e varrà 30 miliardi nel 2030 con crescita del Cagr del 10,8% (dati: Transparency market research).
Bisogna quindi darsi da fare sia sul fronte politico/diplomatico sia su quello della ricerca scientifica. Nessun dorma.