La definizione più azzeccata di Fieragricola l'ha detta il presidente di VeronaFiere Federico Bricolo: "Fieragricola è la casa degli agricoltori". Lo ha dimostrato con i numeri: 100mila visitatori in quattro giorni di manifestazione e una partecipazione vivace ai convegni organizzati nell'ambito della rassegna, a conferma che la voglia di partecipazione e di formazione è reale.

 

È un segnale che andrebbe colto: gli imprenditori agricoli sono consapevoli che per avere un futuro è necessario investire, innovare, ma soprattutto essere informati e capire quale direzione prendere, cosa acquistare, quali investimenti sono strategici.

 

Il focus della 116esima edizione di Fieragricola era il cambiamento climatico. Emergenza vera e costosa, capace non solo di pesare sui bilanci delle aziende agricole (basti pensare che negli ultimi due anni, 2022 e 2023, fra siccità e alluvione il conto parziale dei danni è stato di 12 miliardi di euro), ma anche di influire sugli orientamenti colturali (i francesi di Coceral stimano un calo del 2% delle produzioni europee di grano duro e dello 0,8% del tenero) e, quindi, indirettamente - o come conseguenza - su altri fattori: rischio di maggiore omologazione o perdita di biodiversità (pensiamo a una coltura come la pera, minacciata dalle gelate, dalla grandine, dalla siccità, dai patogeni e dai cali dei consumi), incremento delle importazioni da Paesi extra Ue, con possibili deficit di reciprocità nel rispetto dei diritti dei lavoratori, nell'utilizzo dei fitofarmaci, nel dumping di prezzo. Tutti temi che, per inciso, rappresentano alcuni dei motivi delle proteste degli agricoltori che stanno infiammando le piazze.

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Il futuro dell'agricoltura, si è percepito nitidamente a Fieragricola, passa dall'innovazione. La digitalizzazione, innanzitutto. Oggi poter contare su dati che sono raccolti, processati, analizzati è un valore aggiunto tutt'altro che indifferente. È dall'interpretazione di quei dati che si può leggere il presente e impostare il futuro, migliorare il benessere animale, ridurre l'uso di antibiotici e farmaci, ottimizzare l'impiego di acqua (a proposito, in alcune aree d'Italia possiamo già parlare di siccità, ha reso noto il commissario straordinario all'Emergenza Idrica, Nicola Dell'Acqua), ridurre l'impatto dei fitofarmaci. Miriadi di informazioni in più che possono concretamente offrire una panoramica ampia agli agricoltori.

 

La digitalizzazione ha anche un altro vantaggio: tagliare la burocrazia. Immaginate di raccogliere i dati direttamente dal campo (cosa viene seminato, quali trattamenti vengono fatti, quando si irriga, quando si raccoglie, le rese per ettaro) e di trasmetterli direttamente alla Pubblicazione Amministrazione, senza passaggi intermedi e, di conseguenza, senza oneri per una trasmissione non mediata delle informazioni. Potrebbe essere un grande vantaggio. Invece, alcune voci intercettate a Fieragricola davano per imminente un decreto che imporrebbe - questo almeno è quanto sentito - il passaggio obbligato attraverso i Centri di Assistenza Agricola (Caa). Che ovviamente hanno un costo per gli agricoltori.

 

L'innovazione a Fieragricola significa anche un robot per la raccolta della frutta - presentato da Confagricoltura - come risposta alla carenza di manodopera specializzata. Il futuro sarà in mano ai robot?

Il tema si interseca con l'intelligenza artificiale, sempre più presente nei disegni del futuro. Sarà utilissima, non c'è dubbio. Ma non si dovrà dimenticare il ruolo centrale e non sostituibile dell'uomo.

 

Fieragricola è anche passione. Lo hanno dimostrato in particolare gli allevatori, presenti in forze agli eventi nel ring, dove sfilano i migliori animali per morfologia e genetica.

 

L'edizione 2024 è stata anche la Fieragricola delle proteste. Non molte, in verità, controllate dalle forze dell'ordine e con "poca proposta", per citare il professor Angelo Frascarelli, uno che di economia agraria e di politica agricola se ne intende e non poco.

 

Non parleremo, questa volta, di proteste. Ci limitiamo a rilevare la necessità di ricostituire il patto fra istituzioni, società e agricoltura. La Politica Agricola Comune (Pac) ha preso una deriva ambientale molto spinta, senza offrire in cambio agli agricoltori soluzioni per rispondere al percorso di riduzione della chimica, all'obbligo delle rotazioni, all'esigenza di produrre e di guadagnare.

 

Sempre alla redditività torniamo, in un percorso circolare che deve ritrovare equilibrio: abbiamo la necessità di favorire il ricambio generazionale per interrompere il fenomeno della chiusura di imprese agricole in Europa. Dobbiamo accompagnare la digitalizzazione (e servono giovani). Bisogna ridurre la burocrazia, tagliando i costi. Bisogna fare in modo che l'Unione Europea continui a produrre cibi sani, sicuri, disponibili e a prezzi accessibili per i consumatori. L'inflazione ha reso molto fragile tale equilibrio e ha eroso il valore reale del sostegno della Pac. L'aumento dei tassi di interesse sta preoccupando il sistema agricolo e agroindustriale.

 

Un campanello d'allarme per tutti, sindacati agricoli compresi (e c'è chi, come Roberto Bartolini, agronomo e giornalista agricolo di lungo corso, dice che "è venuto il momento di azzerare l'esistente e dare vita a un'unica organizzazione agricola che rappresenti davvero solo e soltanto gli interessi degli agricoltori").

 

Non c'è dubbio: bisogna ridare dignità all'agricoltura.

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